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sabato 18 giugno 2022

You wan't be alone


Titolo: You wan't be alone
Regia: Goran Stolevski
Anno: 2022
Paese: Serbia
Giudizio: 4/5

In un villaggio di montagna isolato nella Macedonia del XIX secolo, una giovane ragazza viene rapita e poi trasformata in una strega da uno spirito antico.

Pensavo di aver visto ogni sorta di film sulle streghe ma Stolevski porta un'interpretazione del tutto nuovo ed efficace sul tema. Al di là degli eccessi nei manierismi tecnici dove pur con metodo il regista non è Terrence Mallick, la storia è un folk horror atipico con delle incursioni originali sul trasformismo della strega e su come essa per la prima volta si impossessi anche di corpi maschili.
You wan't be alone è un film drammatico, triste per come renda difficile la vita per i suoi personaggi, dove nulla viene lasciato al caso ma scandito con violenza, pianti dirotti, inconsapevolezza, sguardi e silenzi nella totale assenza di azione o di scene particolarmente concitate.
E' una fiaba molto nera che solo nel climax finale cerca di riappropriarsi di qualcosa che sembrava non conoscere, la dolcezza. La "mangiatrice di lupi" è una strega che c'è da sempre, come nel folklore e nella mitologia locale, passando da fattoria in fattoria per nutrirsi di sangue che le serve per le sue trasformazioni e chiedendo ogni tanto un tributo (una bambina).
La "vecchia zitella Maria" ha una storia molto triste, voleva solo essere amata, ma le hanno regalato solo violenza prima di bruciarla viva. La sua non è propriamente una vendetta ma l'aver bisogno di crescere un'adepta secondo le sue rigide regole tutte votate alla ricerca di sangue.
Un film molto intenso, teso e duro come il marmo per come nulla venga mai sdolcinato e dove le scene emotivamente "romantiche" seppur con il contagocce quando ci sono riescono ad essere empaticamente meravigliose.


giovedì 12 maggio 2022

Open Wounds


Titolo: Open Wounds
Regia: Momir Milošević
Anno: 2016
Paese: Serbia
Giudizio: 3/5

L'amicizia tra Sara e Alisa finisce dopo che Sara ha parlato dei suoi impulsi sessuali. Man mano che Alisa diventa sempre più distante, Sara scende sempre più nella solitudine, portandola infine in uno stato emotivo orribile.

Oper Wounds è un dramma sul sociale con tematiche lgbt dal momento che in Serbia sono vietate le relazioni omosessuali. Dall'altra parte il sesso viene sempre più visto come valvola di sfogo e alternativa alla noia come succede per la madre di Alisa che porta in casa sempre uomini diversi. Tutto il film è girato in un ottimo b/n, la produzione è piccola e il film a basso budget riesce con mezzi e strumenti a far riflettere molto sui personaggi di Sara e Alisa caratterizzandoli al meglio anche se l'opera non è affatto esente da difetti e da limiti della sceneggiatura che aumentano la durata con scene fisse dove non succede nulla e dove seguiamo solo Sara in particolare nel suo tedio e nella disfatta. Si poteva costruire e allargare il dramma delle due protagoniste senza renderlo così minimale e silenzioso.

domenica 22 aprile 2018

Wall of Death


Titolo: Wall of Death
Regia: Mladen Kovacevic
Anno: 2016
Paese: Serbia
Festival: Torino Underground Cinefest 5°edizione
Giudizio: 5/5

Quando Brankica aveva appena dieci anni, era lei l'attrazione principale delle fiere di paese. I suoi fratelli maggiori, delle leggende dell'ex Jugoslavia, erano acrobati sul muro della morte e lei era la principessa. Ora che i suoi fratelli non ci sono più, non rimane che lei. A 43 anni e nonna di sei nipoti, ripete gli stessi numeri correndo con la sua motocicletta lungo una pista di legno larga 6 metri. E'in bilico tra i ricordi malinconici del passato e la claustrofobica esistenza nell'ormai unico muro della morte esistente.

Istant Cult. Poco più che un mediometraggio come durata (61'20'') il lavoro di Kovacevic è molto più interessante e racconta molto di più di quanto potrebbe dire.
Entriamo nel circo, nella vita e nella quotidianità di chi ci vive dentro giorno per giorno, incontrando una famiglia di leggende acrobatiche che si confronta con un numero mortale sfidando continuamente la morte.
Il giro della morte, l'importanza di seguire un antico rituale e le tradizioni che non si possono cambiare, una promessa che sembra segnare la vita della protagonista nei confronti dei suoi fratelli e della loro morte. In fondo Brankica sembra voler convolare a nozze con il destino della sua famiglia in quel suo prolungato silenzio, quei momenti di solitudine mentre fuma spensierata e l'attenzione maniacale verso l'unica cosa che si ostina a fare.
La macchina come un documentario segue la vita di questo strano nucleo dove giovani e anziani lottano ogni giorno, sbaraccando e portando il circo e le loro attrattive di paese in paese sfidando le regole della sopravvivenza e non sembrando mai stanchi e stufi nonostante il limbo in cui sembrano essere confinati.
C'è così tanto amore in questa opera, come se il regista si fosse davvero affezzionato a queste persone e il risultato si vede eccome soprattutto dai segnali e dalle note molto personali che il regista coglie nei suoi protagonisti.
Infine uno spaccato su quello che ha prodotto la guerra tra Serbia e Croazia, un clima pesante e ancora con tanta sofferenza lasciata senza parole e senza un'adeguata soluzione per le vittime e coloro che andrebbero aiutate.
Allora i loro silenzi vanno riempiti magari sfidando proprio quel sottile confine tra la vita e la morte.


lunedì 19 marzo 2018

Sole Alto


Titolo: Sole Alto
Regia: Dalibor Matanic
Anno: 2015
Paese: Croazia, Serbia, Slovenia
Giudizio: 4/5

Sole alto racconta l’amore fra un giovane croato e una giovane serba. Un amore che Matanić moltiplica per tre volte nell’arco di tre decenni consecutivi: stessi attori ma coppie diverse. I paesaggi sono utilizzati come orizzonti emotivi, prima ancora che geografici, e gli stessi attori come simbolo di ciclicità. I due ragazzi, invece, no: i due ragazzi non possono essere gli stessi, perché i loro vent’anni sono cristallizzati dentro una giovinezza, innocente e fragile, che ci parla (anzi: che ci deve parlare) di ieri, di oggi e, soprattutto, di domani.

Sole Alto è un film con una co produzione importante per cercare di portare a segno frammenti di storie di una guerra che finalmente vuole mostrare alcuni squarci anche grazie al cinema.
Chi vuole farsi una rapida idea di quanto e del perchè si odino così tanto serbi e croati potrà avere qualche risposta dopo la visione di questo film a tre episodi, tutti con diversi annessi e con gli stessi protagonisti in ruoli diversi.
Amore e guerra in tre atti, sotto il Sole alto dei Balcani.
Lo stesso regista croato ha raccontato l’aneddoto che ha ispirato il film, al tempo stesso curioso e sintomatico di quanto l’odio sia sempre radicato in terra ex-jugoslava: "Qualsiasi storia sentimentale o flirt avessi, mia nonna ripeteva sempre la stessa frase: purché non sia una di quelli"
Matanic è bravo a mostrare i sentimenti a differenza dell'azione che quasi non appare mai nel film come lo dimostra il climax della prima storia con quel colpo di pistola che vale per tutto il film.
La collaborazione tra questi paesi almeno per portare alla luce questo film è già un segnale che forse non si vuole più nascondere una parte di storia tormentata e di orrori indicibili.
Il film diventa ancora più interessante mostrando itinerari e periodi diversi ma tutti in un qualche modo collegati dal filo visibilissimo dell'odio profondo verso "gli altri" senza quasi mai dare spiegazioni o arrivare al perchè e soprattutto da dove e perchè è nato quest'odio diventando l'unica ragione di vita di queste popolazioni.
1991-2001-2011. Tre grandi storie tutte nei medesimi villaggi che sembrano fare un escursus veloce ma a tratti così pesante da dare un piccolo quadro su un conflitto che ha generato mostri e creato paure e traumi che solo da poco si cerca di analizzare e portare alla luce.
Matanic ci ha provato riuscendo a fare un film di guerra importante che si dirama per portare alla luce storie drammi e amore.

giovedì 15 giugno 2017

Humidity

Titolo: Humidity
Regia: Nikola Ljuca
Anno: 2016
Paese: Serbia
Giudizio: 4/5

Petar è un uomo d'affari ambizioso, saldamente parte di quella classe sociale denominata dei "Nuovi ricchi", che vive in appartamenti arredati con mobili di design, ed una sicurezza che non li vede mai vacillare nella loro apparente perfezione. Un giorno, sua moglie Mina svanisce. Egli mantiene il segreto sulla sua assenza, mentendo dietro una facciata di serenità per cui decide addirittura di organizzare una cena di famiglia. Intano, sempre più preoccupato, passa le sue giornate tra affari loschi sul posto di lavoro ed eccessi con i suoi colleghi.

L'opera prima di Ljuca è un film impressionante in arrivo dalla Serbia. Questa storia di dolore e devastazione è ambientata in una solitaria e spettrale Belgrado dove ognuno sembra rincorrere il proprio tornaconto e la corruzione generale rimane sempre spaventosa.
Petar rappresenta il Serbian Made di famiglia aristocratica che grazie alla furbizia e al proprio tornaconto è abile nella scalata personale cercando sempre e a tutti i costi di avere sempre tutto sotto controllo soprattutto la vita e gli spostamenti della moglie Mina.
Cosa può succedere quando la normalità viene apparentemente sconvolta? Cosa può fare Peter per nascondere la sua fragilità, l'insicurezza, la frustrazione e la rabbia che cominciano ad affiorare dopo l'apparente scomparsa della moglie. La realtà sociale, la famiglia, le apparenze, i giochi di potere. Tutto sembra per un attimo assumere una forma grazie ad una profetica battuta della sorella del protagonista in una lussuosa Spa "Non ho tempo per essere depressa". Una madre che assieme al marito è impegnata a iniettarsi botox e non vedere che suo figlio, un nativo digitale doc, in realtà più che un ritirato sociale in realtà critica il lusso borghese dei suoi genitori e mostra uno spiccato talento teatrale come nel bellissimo monologo con il nonno materno.
Humidity è scandito dai giorni della settimana e quasi alla fine di ogni giornata la camera si chiude in dissolvenza su una strada notturna e solitaria che ricorda per molti aspetti LOST HIGWAYS di Lynch.
Il regista Ljuca si ritaglia un cameo all'interno del film curioso e ambiguo che sembra mettere in allarme il protagonista rivelandogli in macchina un dettaglio curioso sulle sue amicizie e i valori che dovrebbe condividere con la moglie.
Humidity è qualcosa che come per il bellissimo Clip mostra come la Serbia stia facendo i conti con i demoni del passato dopo i drammi della guerra, di Milosevic e la totale inutilità delle Nazioni Unite in un conflitto che non ha mai compreso a fondo dando spazio ad una società di consumi in cui il capitalismo viene accettato come totem in risposta a tutti gli ideali privati.
Humidity mostra grazie ad un protagonista in stato di grazia con una ghigna fenomenale il dramma dell'identità, della solitudine imposta e accettata per non mostrare fragili e umane sofferenze (il protagonista crolla ad un certo punto in macchina in una scena toccante e più che reale). Una fotografia tutta color crema, tanti primi piani, una messa in scena semplice ma al contempo geometrica nella scelta dell'impostazione della camera e un risultato straordinario per un paese che quando vuole dire la sua riesce grazie ad una critica feroce a non aver bisogno di altro se non di scandire la realtà e approfondire la quotidianità che a volte è più spaventosa di qualsiasi minaccia esterna.
«Durante la Grande Depressione, che io sono vecchio abbastanza da ricordare, la maggior parte dei membri della mia famiglia erano lavoratori disoccupati. Si stava male, ma c'era la speranza che le cose potessero andare meglio. C'era un grande senso di speranza. Oggi non c'è più» (Chomsky)



lunedì 7 luglio 2014

Clip

Titolo: Clip
Regia: Maja Milos
Anno: 2012
Paese: Serbia
Giudizio: 4/5

Jasna è una studentessa serba di scuola media superiore. Ha un padre gravemente ammalato, una madre che avrebbe bisogno di un aiuto che lei le nega e una sorella minore. La sua vita vera si svolge tutta fuori casa nel rapporto con le compagne e con Djole, un ragazzo da cui è attratta e che la cerca solo per avere dei rapporti sessuali. Tra alcol e droghe le giornate si susseguono e le varie situazioni vengono spesso riprese da Jasna con il suo telefonino.

Clip è l'esordio alla regia di Milos, che con questo film sottolinea e cerca di dare un quadro realistico dei passatempi giovanili in una città vicino Belgrado.
Come nel cinema di Clark o Moodysson o Seidl, Milos punta tutto al Clip, facendo dunque vedere, senza nessuna censura, scene di sesso o parti intime girate coi telefonini.
D'altronde in un'era dominata dalla pornografia gratis online, da messaggi pubblicitari spietati che inneggiano a sfruttare il proprio corpo come merce di scambio, il viaggio di formazione della giovane Jasna a cui sta moredo il padre, è emblematica e dolorosa.
La solitudine morale di Jasna e delle sue coetanee emerge fino alla fine come un monito disperato, la difficoltà di ricongiungere due generazioni, di cui una ancora fa i conti con gli effetti della guerra, mentre l'altra vive un benessere che non sa come giostrare.
I filmini sexy su internet con protagonisti minorenni su cui Milos insiste sono ormai cosa conclamata, ed è stata chiaramente questa la fonte di ispirazione.
La pornografia, onnipresente e facilmente accessibile, và in parallelo con la cultura delle celebrity e della moda, influenzando fortemente la crescita di ragazzi e ragazze.
Maja Milos porta alla ribalta, infine, forse il problema più attuale, il vero sgomento generazionale ovvero l'apatia, la mancanza di totale interesse verso un futuro e una nascente società senza valori, che trova rifugio solo nell’apparenza e nell’esibizionismo.
E' questa la cruda riflessione che “Clip” offre porta allo sgomento e alla rabbia nei confronti di una generazione senza prospettive che non si limita alla Serbia, ma sconfina in gran parte del mondo occidentale, generazione che Maja Milos mostra con coraggio lasciando allo spettatore il compito di giudicare senza inutili moralismi ma con uno sguardo sociologico verso questo crescente fenomeno post-contemporaneo vittima non solo della globalizzazione ormai in piena balia dei social-media.
Clip è un film diretto, brutale e sincero sui problemi reali di gente reale e che sarà di difficle fruizione per un pubblico abituato ai target contemporanei.

mercoledì 6 aprile 2011

A Serbian Film

Titolo: A Serbian Film
Regia: Srđan Spasojević
Anno: 2009
Paese: Serbia
Giudizio: 3/5

Milos, ex attore porno serbo, è in piena crisi economica con una moglie e un figlio da mantenere. Un giorno una sua ex collega lo mette in contatto con un certo Vukmir, che gli fa un’offerta: girare un film porno senza sapere niente della sceneggiatura, il tutto ad una cifra che non si può rifiutare. Milos accetta, ma molto presto si accorgerà di aver commesso un grave errore…

Nel cinema si è sempre cercato di sondare la tematica dello snuff e chi più(HARDCORE,VIDEODROME,SNUFF) chi meno (8 MM,VACANCY) ha cercato di dare il suo contributo sulla tematica approfondendo i motivi e le perversioni che si celano dietro.
Porno-horror?ma per favore non si finisce mai di dare nomignoli che non hanno nessun senso.
Contando che sono un grande appassionato dell'argomento(snuff) e colgo l'occasione per invitarvi a leggere una tesi che si trova sul web rispetto al tema scritto da due ragazze di Bologna(almeno spero di ricordarmi bene...)bisogna anche tra le citazioni non dimenticare quel bellissimo film di Haneke che probabilmente coglie meglio di tutti e approfondisce la sostanza ovvero BENNY'S VIDEO.
Spasojevic' alla sua opera prima non esce del tutto dagli schemi e sono forse uno degli unici a trovare motivi di interesse e di buon cinema in questa pellicola con le giuste eccezioni e i limiti del caso.
Partendo dai lati positivi il film è ben recitato e ben montato. Alcune scene tolta l'esagerazione di fondo e il desiderio irrefrenabile di alcuni registi di voler per forza di cose andare oltre e mostrare qualcosa di "nuovo"che non si è ancora visto(in questo caso la raccapricciante scena del "porno prenatale" in cui un tipo si incula un feto appena nato creato con una bruttissima c.g lascia basiti sull'immagine in sè oltre che a domandarsi sulla perversione della scena e il confine/sconfine di alcune trovate).
Sinceramente ho trovato la scena abbastanza disgustosa ma è anche vero che si è visto di molto peggio e ben più realistico anche se in parte gli amanti dell'horror sembrano a tutti i costi cercare qualcosa di estremo e sensazionale. Difficile dire dunque fin dove uno possa o debba spingersi a seconda dei criteri del "buon senso"o della censura dal momento che si parla di gore e violenza estrema, un tema tanto affascinante quanto pericoloso e per certi versi (in)finito.
Non è molto chiaro ad esempio proprio per capire alcuni momenti del film il personaggio di Vumkir, il regista nel film, caratterizzato poco e da cui non si evince un quadro integro della sua ricerca sulla violenza soprattutto associato ai bambini e a questa sua ricerca psicologica quasi assurda.
A parer mio le scene più "forti" di questo film sono bel altre come quella finale peraltro abbastanza scontata ma di una ferocia inverosimile contando poi che non mancano i momenti trash e grotteschi come Milos che perfora l'occhio del tipo con il suo cazzo mastodontico.
Poi il regista diciamo sembra essersi giustificato, ma poi per cosa mi chiedo, dicendo "Questo film è il diario delle angherie inflitteci dal Governo Serbo, il potere che obbliga le persone a fare quello che non vogliono fare, devono sentire la violenza per capirla"(da Wikipedia).
Se vogliamo prendere in considerazione la vena politica forse un analisi maggiore anche data da alcune sottotrame del soggetto può giungere e trovare una più precisa collocazione dallo sceneggiatore Aleksandar Radivojevic che in sostanza ribadisce un concetto niente affatto superficiale ovvero che nella fame i soldi vengono destinati ai cosiddetti artisti, in questo caso poi la critica è fortemente riallacciata proprio a un paese come la Serbia, per fargli fare ciò che vogliono e perchè no come anche Eli Roth(ma niente è solo farina del suo sacco)aveva avallato con HOSTEL qualcosa di esagerato che trova sempre dei compratori, una sua mercificazione, e in questo caso la natura dell'interesse e la tortura estrema e la violenza che sembra non conoscere confini.
Un film interessante ma dal punto di vista delle immagini che mette a dura prova la fruizione dello spettatore. Se però il discorso di Radivojevic è quello di svegliare il popolo serbo beh allora forse potrebbe scegliere anche altri mezzi che magari come potrà capitare per questo film non verranno minimamente compresi in quanto tali.