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domenica 13 dicembre 2015

Assassin

Titolo: Assassin
Regia: Hou Hsiao-Hsien
Anno: 2015
Paese: Cina
Festival: TFF 33°
Giudizio: 4/5

Cina, IX secolo. Sotto la dinastia Tang il Paese vive e prospera. A minacciare la sua età d'oro si adoperano gli ambiziosi e corrotti governatori della provincia. L'"ordine degli assassini" è incaricato di eliminarli. Nelle sue fila serve e combatte Nie Yinniang, abile con la spada e sotto la chioma nera di inchiostro lucente. Rientrata nella sua città e nella sua provincia, dopo l'apprendistato marziale e un esilio lungo tredici anni, Nie Yinniang deve uccidere Tian Ji'an, governatore dissidente della provincia di Weibo. Cugino e sposo a cui fu promessa e poi negata, Tian Ji'an è l'oggetto del suo desiderio. Amato e mai dimenticato, Nie Yinniang lo avvicina e lo sfida senza riuscire ad affondare il fendente. Ostinata a seguire le ragioni del cuore e a vincere quelle della spada, Nie Yinniang abdicherà al suo mandato, congedandosi dall'ordine.

Assassin con una parvenza da wuxia cinese che ormai negli anni siamo stati abituati a conoscere, sfrutta solo qualche elemento del genere per arrivare a dare forma ad un film molto complesso, maturo e straordinario.
Miglior regia a Cannes, Hsiao-Hsien non ha bisogno di presentazioni e riconoscimenti.
E' un autore straordinario che non prende mai nulla sotto gamba, sondando in questa sua ultima opera, con libertà e una leggerezza disarmante, dispute politiche e giochi di potere, oltre che tornare a ribadire alcune tematiche che hanno sempre attraversato il suo cinema come le donne forti (in questo caso l'apice direi), la famiglia e il fato.
C'è una grazia dietro, una disarmante bellezza che rende il film arte a 360°, con alcune immagini e location che lasciano a bocca aperta, una direzione degli attori straordinaria e una fotografia che sembra un dipinto, catturando con una manciata di colori, metafore, sentimenti ed emozioni, il meglio di questa storia sempre in evoluzione.
Un film inaspettato, che non esplode mai, non mostra troppo, concede e centellina le sue varie espressioni e forme.
Senza dire mai più di quanto deve, il wuxiapian del maestro di Taiwan, destruttura le regole, crea una forma e quasi una corrente tutta propria e incanta per quanto sia incredibilmente realistico nella sua messa in scena, senza cercare di spettacolarizzare troppo in inutili combattimenti ma sapendo bene di essere forte di una storia originale e controcorrente.
Senza mai concedersi un primo piano ma puntando tutto su inquadrature in campo medio e lungo aprendo orizzonti e lasciando modo di innamorarci di ambienti che sembrrano comunicare quanto i personaggi, regala infine un finale che è pura e semplice estasi.