Titolo: Ghost in the Shell(2017)
Regia: Rupert Sanders
Anno: 2017
Paese: Usa
Giudizio: 1/5
In un futuro prossimo uomini e macchine
saranno sempre più vicini e pressochè inscindibili. Le intelligenze
artificiali e i corpi umani si fondono creando degli ibridi, o
umanoidi, con capacità straordinarie mentre i loro corpi e le loro
menti sono costantemente legate alla rete, ad Internet. In
questo futuro tutto è digitale, tutto passa attraverso internet e la
realtà virtuale e sempre più vicina e simile a quella vera
Sanders come mestierante non è male.
Si vede che mette in campo parecchie risorse cercando forse
un'estetica troppo complessa e pixellata. Purtroppo come tanti è
finito nella ragnatela delle major finendo a dirigere film beceri
come Biancaneve
e il cacciatore.
Scarlett Johansson al pari di tante sue
colleghe dovrebbe riflettere su un punto. Lei come soprattutto
Felicity Jones e altre che adesso non starò ad elencare, sempre di
più rappresentano corpi vuoti, svuotati della loro essenza.
I loro corpi sempre più servono solo
per evidenziare l'apparenza e non valorizzarle per ciò che sono
soprattutto in queste produzioni gigantesche e milionarie come il
film in questione ma anche una saga come quella di Lucas in cui negli
ultimi capitoli, anche lì la protagonista Felicity Jones
praticamente non recita seguendo un ruolo da esecutrice.
Al di là di questa non facile
precisazione su dove sta andando anche un certo tipo di ideologia
cinematografica americana (o forse semplicemente come non è mai
cambiata ancora oggi), non c'è niente che si salvi nel film di
Sanders a parte un uso spropositato della c.g e un cast sprecato in
cui nessuno viene davvero valorizzato se non qualche timida e
significativa frase uscita dalle labbra del Kuze della situazione, un
Michael Pitt risorto dalle ceneri per dare carattere al "villain"
di turno.
Manca l'atmosfera che un maestro come
Mamoru Oshii aveva costruito riuscendo perfettamente a coniugare
animazione e sci-fi con il risultato di aver creato uno dei
capolavori assieme al padre dell'animazione dello steam punk.
Era il '95 e quando uscì era già un
precursore di tante idee e scene originali particolarmente
interessanti citate e prese in prestito dai Wachowsky nel loro
successivo trittico.
Anche la realtà in cui vive la storia
appare davvero scontata e sfruttata in un modo già visto in cui è
davvero ridondante mostrare una pubblicità così datata. Gli
abitanti di questo futuro, aumentati con componenti cibernetiche
poteva dare spazio ad una galleria di scelte interessanti cosa che
Sanders non fa mostrando praticamente niente se non pochissime scene
d'azione che possiamo dividere in due parti; quella iniziale dove c'è
lei al rallenty che spara alla Matrix e la seconda parte in cui
arrivano astronavi e succede il finimondo con ragni meccanici tra
l'altro bruttissimi.
Ghost in the Shell non evoca nulla e
spiega tutto, fin dall’inizio e in ogni scena rovinando così tutta
la trama, che tra l'altro non appartiene neppure all’anime e ogni
elemento altrove fascinoso qui sembra mostrare i propri limiti.