Titolo:
Philosophy of a Knife
Regia:
Andrey Iskanov
Anno: 2008
Paese: Russia
Giudizio: 3/5
Tra documentario e fiction, il film racconta la vera
storia degli orrori della Unit 731, unità dell'esercito Giapponese attiva dal
1936 al 1945, che agli ordini del generale Ishii Shiro, era incaricata di
studiare e testare armi chimiche e biologiche (violando il protocollo di
Ginevra dove era vietato usare queste armi). Le ricerche prevedevano test su
cavie umane, e a questo scopo venivano usati Cinesi, Russi e in generale i
prigionieri di guerra, ma non solo. Infatti ceppi di batteri venivano liberati
sulla popolazione civile con lo scopo di far scoppiare epidemie (peste,
tubercolosi, antrace, colera) per poi studiarne gli effetti e raccogliere dati
utili per le ricerche. Il numero di cavie che furono coinvolte si aggira tra le
3000 e le 12.000 unità, ma si sostiene che il numero di vittime (infetti)
arrivi fino alle 200.000 unità.
Annichilente.
Al di là della durata che arriva quasi a cinque ore di
montato senza contare il girato, il film di Iskanov è un doloroso pugno allo
stomaco.
Un viaggio nella banalità della violenza se la Arendt
avesse potuto dire qualcosa.
Si parte tra facce letteralmente tolte a ragazze (previo
taglio dietro la nuca), tra torture ad arti preventivamente congelati, tra
insetti vivi immessi in vagine e tra ciò che dice una delle protagoniste di
nazionalità russa intervistata tra una tortura e l'altra.
Ishii Shiro, l’uomo a capo dell’Unità 731, è solo uno dei
tanti figli di puttana che ha abusato del suo ruolo per dare prova della sua
perversione.
Sembra che per ogni paese ed epoca storica ci siano stati
personaggi come questo, in un qualche modo resi tali da un governo che non si
può considerare come tale.
Il consiglio è quello di andare a leggere cosa è
capitato, dopo di che, per chi se la sente, si possono osservare le realtà
fotografate dai dati, i risultati davvero scioccanti se si pensa che è tutto
reale e preso da un fatto poco conosciuto ma che ha incredibilmente sconvolto i
mass media.
A parte tutto questo l’unica pecca è quella relativa ai
fondi che Iskanov ha ricevuto per girare questo film. Dal momento che un’opera
come questa è davvero poco vendibile e assolutamente anti-commerciale, anche i
produttori si sono sottratti sapendo che molto probabilmente ci avrebbero perso
e così dal cast alle location fino ad alcune scene, pesa il fatto di dover
vedere così tanto questi tagli low-budget.
Il filo del docu-film comunque alterna un sadismo spietato
ad una noia mai così sovrana nel cercare di prendere un attimo fiato dopo
quanto visto.