Titolo: Into the Abyss
Regia: Werner Herzog
Anno: 2011
Paese: Usa
Giudizio: 4/5
Conroe, Texas. Michael Perry è nel
braccio della morte. Verrà ucciso tra otto giorni, per il triplice
omicidio compiuto dieci anni prima. Il ragazzo che era con lui quella
notte, Jason Burkett, sconta invece l'ergastolo. E così suo padre,
per altri reati. Werner Herzog esce dalla grotta che ha visto gli
esseri umani dei primordi esprimere se stessi attraverso l'arte e
fermare la propria esistenza nel racconto ed entra nell’abisso di esistenze altrettanto senza tempo,
congelate nella reclusione, dove la comune esperienza del passare dei
giorni è alterata, per darcene il racconto altrimenti muto.
"I film non sono una
giustificazione per i reati commessi; è inoltre lampante che i
crimini di cui si sono macchiate le persone nei miei film sono
mostruosi, ma non sono mostri coloro che li hanno commessi. Sono
uomini e per questo li tratto con rispetto"
Herzog rimarrà sempre uno dei cineasti
più importanti della sua generazione.
Oltre a tutta una nutrita serie di
motivi, credo sia l'unico ad aver avuto l'accesso praticamente a
tutti i luoghi più inaccessibili, impervi, sconosciuti e
interessanti di questo strano e caotico pianeta.
Dopo una filmografia impressionante dal
punto di vista storico, narrativo, attoriale e tutto quanto si possa
ancora dire, con pochissime eccezioni (soprattutto concernenti gli
ultimi anni, il più delle volte eseguite solo per soldi) il genio
tedesco si è poi quasi esclusivamente interessato al documentario
dando prova di essere un autore completo al 100% in grado di arrivare
a portare alcuni contributi di altissimo spessore e livello che quasi
nessuno poteva credere.
Ho imparato moltissimo dai suoi
documentari, credo che il suo contributo debba trovare un riscontro
anche tra le istituzioni scolastiche, diventando un esempio di uomo
che si mette sempre in gioco, che và nel profondo, nella parte più
viscerale dell'uomo in tutte le sue forme.
Il braccio della morte, come GRIZZLY
MAN, CAVE OF FORGOTTEN DREAM, A YEAR IN THE TAIGA, L'IGNOTO SPAZIO
PROFONDO, WHITE DIAMOND, KINSKY, è ancora una volta un altro
sensazionale e spiazzante viaggio nell'ignoto spazio profondo della
fragilità umana.
Quello che impressiona di Herzog è
l'amore per la realtà del cinema che spesso e volentieri è molto
più impressionante della finzione, rimanendo spiazzati di fronte
alle sue reazioni nonchè alle sue inconsapevoli e misteriose visioni
di morti folli ed eroiche.
E'un uomo prima di tutto e poi un
regista, e lo si vede dal punto di vista con il quale non critica e
non sembra mai dare un giudizio, sottolineando l'impossibilità di
una sovrapposizione totale e univoca tra crimini e criminali; atroci
i primi, umani i secondi, come accade in una toccante intervista al
padre di Perry: l'intervista si supera regalando una voglia di
redenzione e un'ammissione di colpevolezza davvero toccante e lucida.
Un'analisi in cui non manca nulla dalla
alla pena detentiva, al sistema carcerario, ai criminali e ai parenti
e al loro dolore senza fine. L'episodio di cronaca che Herzog
descrive è una vicenda dolorosissima fatta di interviste e
testimonianze, con un documentario diviso in cinque capitoli, più un
prologo e l'epilogo.
Potrà sembrare alle volte eterno come
l'abisso che il regista sonda, ripetitivo in alcuni meccanismi legati
al montaggio, freddo, non godendo di una fotografia ma rimanendo di
un'asetticità totale, eppure sono scelte volute che rafforzano il
quantitativo e la mole di sofferenza di cui bisogna farsi carico
prima della visione.