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mercoledì 6 luglio 2011

Ip Man 2


Titolo: Ip Man 2
Regia: Wilson Yip
Anno: 2010
Paese: Hong Kong
Giudizio: 3/5

La storia di Ip Man 2 riprende dal momento in cui Yip fugge dalla Cina nel 1949 e apre la sua scuola di Wing Chun su un terrazzo di Hong Kong, con l’aiuto del direttore di un giornale. Volti familiari provenienti da Foshan costellano l'ambiente: la paziente moglie di Yip; il furfante del nord Jin, che a Hong Kong diventato un facchino, e l’ex capofabbrica menomato Zhou..

Forse è perché il Wing Chun ha scandito sei anni della mia vita che mi ha sempre appassionato sapere che anche nel cinema uno stile così poco conosciuto dagli occidentali ha avuto modo di avere una giusta consacrazione.
Lo stile della Cina del Sud è forse l’unico al mondo a essere stato inventato da una donna è vanta una tradizione antichissima e sicuramente non sconosciuta dal momento che lo stesso Bruce Lee si era avvicinato alla forma dello stile sostenendo che fosse uno dei più efficaci con cui si fosse cimentato, scelta che si è rivelata poi fondamentale per il suo stile Jeet Kune Do.

Il secondo capitolo punta meno sulla storia mentre mostra ancora una volta le doti di Donnie Yen e una seconda parte improntata proprio sulla creatività degli stili e delle coreografie.
Pochi balzi wuxia (anche se a tratti ci sono come a convertire le due varianti del genere) per combattimenti che assomigliano più ai film di Lee e Chan degli albori.
Sicuramente tamarro per molti versi e a tratti di una violenza gratuita (la morte del Sifu, un ritrovatissimo Sammo Hung-Kam bo, leggenda dei film di arti marziali) o di una plasticità noiosa e a tratti banale come la povertà su cui gravita Ip Man e la sua famiglia e i dialoghi a volte veramente patetici per inconsistenza.
Una storia dunque che s’incentra meno sulla veridicità degli avvenimenti ma che punta più sull’azione e sulla critica feroce ai colonialisti inglesi (nemico in questione), la loro superiorità e il tentativo di primeggiare anche nella lotta come a voler rilanciare la sfida tra la tradizione che insegna una disciplina a dispetto di uno sport costruito ad hoc per sfogare la propria rabbia.