Visualizzazione post con etichetta Snowpiercer. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Snowpiercer. Mostra tutti i post

sabato 1 marzo 2014

Snowpiercer

Titolo: Snowpiercer
Regia: Bong Joon-ho
Anno: 2013
Paese: Corea del sud/Usa/Francia
Giudizio: 2/5

2031. Dopo il fallimento di un esperimento per contrastare il riscaldamento globale, una vera e propria Era Glaciale stermina tutti gli abitanti del pianeta. Gli unici sopravvissuti sono i viaggiatori che hanno lottato con tutte le loro forze per procurarsi un biglietto ed aggiudicarsi un posto a bordo dello Snowpiercer, un treno ad alta velocità che fa il giro del mondo e che trae energia da un motore in moto perpetuo. Questo treno è l’unico mezzo che garantisce la sopravvivenza, diventando un microcosmo di società umana diviso in classi sociali: i più poveri stipati nelle ultime carrozze; i più ricchi nei lussuosi vagoni anteriori. La difficile convivenza ed i delicati equilibri tra classi non potranno che sfociare inevitabilmente verso lotte e rivoluzioni.

Ed eccolo qui il nostro caro Bong Joon-ho.
Anche lui a misurarsi con le impenetrabili produzioni americane.
Uno dei registi più talentuosi della sua generazione e della corea del sud, intento a cimentarsi con il film coreano più costoso di tutti i tempi.
Ora Snowpiercer è il classico film post-apocalittico, atteso da tutti con la bava alla bocca o quasi, che ha fatto parlare di sè, soprattutto contando il soggetto, il cast, la regia e la sua formidabile filmografia.
Snowpiercer sembra quell'ibrido che richiama un cast molto contaminato, un'unica location che deve diventare a tutti i costi una perfetta sintesi di critica, immaginazione senza limiti e realisticità, quindi una sfida tutt'altro che facile per l'ottavo film del regista.
Secondo me già su questa analisi, il film mostra numerosi limiti, anche se la regia è furba nel captare cosa è più importante mostrare nel treno e cosa no.
D'accordissimo su questo tipo di scelta, anche se a dirla tutta però, alcune parti possono risultare contraddittorie e non in sintonia con quello che poi noi vediamo, ma non capiamo, ad esempio, da dove saltano fuori alcuni personaggi o dove si annidano elementi di cui il film accenna ma che poi non mostra.
La distribuzione dei vagoni, ciò che vi è immesso, genererà nei confronti di un attento osservatore, domande a gogò a cui non arriveranno risposte, quindi, o vi mettete l'animo in pace, o mandate a fare in culo il film. Semplice.
Ci sono due elementi inaspettati del film: la violenza e la potenza immaginifica.
La seconda in realtà non esplode mai, ma anzi, relega le aspettative verso un climax, diciamo, più pacato, in sintonia con una coerenza narrativa che non invece nell'esagerazione più totale (il quale avrebbe sancito una sconfitta immeritata sotto tutti i punti di vista).
La violenza è il fattore che spiazza e l'elemento più convincente del film.
Senza inutili concessioni e senza dilungarne troppo la messa in scena, è funzionale allo scopo perchè uccide e terrorizza. Punto.
Arriva potente come un fiume in piena e senza nessuna limitazione o senza lesinare nulla. Probabilmente visto il taglio tutt'altro che americano, è probabile ipotizzare che su questo particolare, il regista non abbia accettato compromessi.
La scena nel vagone con il passaggio rituale del regime che bagna la lama dell'accetta, dentro il sangue del pesce, è poi inizia la mattanza, è cruenta come nessuno si aspetta e di inusuale attualità. Senza contare la punizione del braccio a spese di un disperato nel treno.
Da questo punto di vista a parte volute forzature a cui il regista si è accostato, forse troppo facilmente, ci sono dei tagli netti nelle scelte e negli intenti dei protagonisti, che come per la violenza inusuale, non saranno così banali come si pensa, nel senso che alcune scelte spiazzeranno per gli intenti con cui vengono portati alla luce.
Ci penseranno invece alcuni colpi di scena, davvero bassi e telefonati, a contrastare con quell'idea, tratta da un fumetto, che il regista aveva scritto e che dopo anni è riuscito a portare alla luce anche grazie all'aiuto e gli sforzi produttivi della casa di produzione del buon Park Chan-Wook.
La metafora dei vagoni come gironi danteschi è buona, ma andava secondo me portata più a fondo (alla fine dei conti di vagoni ne vediamo davvero pochi, di cui alcuni, misuratissimi nel non farci vedere quasi nulla o nella loro inconsistente banalità).
La struttura che convoglia il film verso tante cose già viste, e che forse non vorremmo più vedere, è quella del viaggio dell'eroe.
Purtroppo in questo caso, si disegna un protagonista davvero troppo stereotipato e poco può fare Evans per cercare di dargli sostanza.
Il resto del cast è così perfetto in questa contaminazione e nel suo essere volutamente "universale" che alla fine non sembra nemmeno così suggestivo come voleva essere, anzi contando il poker di attori della madonna che aveva, mi è sembrata davvero una caratterizzazione poco convincente e anch'essa grondante di cose già viste.
Stiamo parlando di attori del calibro della Swinton, Song, Harris e Hurt.
Questo Curtis convince davvero poco come eroe, rivoluzionario, prescelto etc etc...
Alcune forzature in campo di facili sentimenti e una lacrimuccia che nel finale è telefonata come la chiamata di 12 ANNI SCHIAVO o AMERICAN HUSTLE agli Oscar, è davvero un colpo basso e inaspettato, che forse nessun fan del regista avrebbe voluto vedere. Mi riferisco alla scena dei superstiti dove vediamo due mabini, come segno di una nuova rinascita, lei ovviamente coreana e lui afro-americano.
Ormai è così. Spesso senti di un'idea originale, un cast davvero ottimo, un trailer furbacchione e un regista che ha dato finora solo perle. Poi però senti della produzione americana e allora a parte rari casi, purtroppo si parlerà di prodotto e non di opera. Peccato.
Tra i tre arrivati con film diversi in questi ultimi anni sul suolo americano, ne prendo in esame tre: STOKER,THE LAST STAND e SNOWPIERCER. Il migliore è il primo mentre il peggiore è proprio l'ultimo. Perchè? Perchè come dicevo una volta, da grossi poteri derivano enormi responsabilità.
Snowpiercer è uno dei tanti esempi che non supera la soglia. Come una metafora dello stesso film, sembra segnato da un destino ineffabile, in cui come in un contrappasso del cazzo, dovrà sempre girare su se stesso.
Il fatto è che quando si decide di fermalo forse è troppo tardi.