David e Benji, due cugini diversissimi tra loro, si ritrovano all'aeroporto. Il primo vive a Brooklyn, è sposato e ha un figlio. Il secondo è uno spirito più libero dal carattere imprevedibile. Nati a tre settimane di distanza, sono stati molto legati durante l'infanzia, poi la loro vita ha preso delle strade divergenti. Hanno così deciso di partire per la Polonia per onorare la loro amata nonna Dory scomparsa da poco e connettersi con la sua storia passata. Giunti sul posto, si uniscono a un gruppo per un tour turistico di cui fanno parte un gruppo di persone che hanno un legame o un trauma legati alla ebraicità: i nonni di Marcia sono fuggiti dall'Olocausto, Mark e Diane hanno origini ebraiche-polacche ed Eloge è sfuggito al genocidio in Ruanda e si è convertito al giudaismo in Canada. La loro guida James invece sta cercando di fare al meglio il suo lavoro. Nel corso del viaggio, tra imprevisti e situazioni tragicomiche, riemergono le tensioni del passato della loro storia familiare.
Jesse Eisenberg è ebreo e questo film sognava di farlo ormai da anni. Dopo una piece teatrale e un viaggio in Polonia si è così deciso a rendere una sorta di testimonianza al passato del suo popolo in un viaggio di formazione assieme ad un gruppo turistico costellato di traumi. E ad accompagnarlo per fortuna c'è Kieran Culkin che ormai ha dato prova di essere un attore molto poliedrico e multi sfaccettato passando da leader di un band metal a ruoli decisamente più drammatici.
La complicità tra i due cugini si avverte fin da subito e i personaggi possono liberarsi dalle loro catene e caratterizzare al meglio due distinte personalità che nella loro diversità finiscono per rispecchiarsi l'uno nell'altro. A real pain al di là del titolo è davvero un viaggio in parte doloroso ma Eisenberg prova a farcelo affrontare anche con ironia e con la sua faccia che come sempre è una maschera comica infallibile, un giovane Woody Allen dovessero mai fare un biopic