Titolo: Possessor
Regia: Brandon Cronemberg
Anno: 2020
Paese: Usa
Giudizio: 4/5
Possessor segue Tasya Vos, un agente
che lavora per un’organizzazione segreta che utilizza la tecnologia
degli impianti cerebrali per prendere letteralmente il controllo dei
corpi di altre persone per commettere delitti. Il film si apre con la
donna che sta compiendo un omicidio fallito e percependo alcuni
strani effetti collaterali del lavoro. Data la sua fama ed efficacia
come killer ‘pilotato’, il suo capo, Girder, decide di mantenerla
operativa nonostante il sospetto che ci possa essere qualcosa che non
va. Per il suo successivo incarico, Tasya viene così impiantata nel
corpo ospitante di Colin Tate, un uomo senza famiglia ma destinato a
sposare l’ereditiera Ava Parse. Nei panni di Colin, Tasya dovrebbe
quindi uccidere il padre di Ava, John, ma si ritrova intrappolata in
una ‘battaglia mentale’ non solo con se stessa, ma con l’uomo a
cui è entrato nella testa.
Otto lunghi anni ci ha fatto aspettare
Brandon Cronemberg per regalarci la sua seconda opera.
Film sci-fi, un fanta horror violento e
allucinato, un body horror celebrale piuttosto ambizioso e fuori
dagli schemi per un tipo di narrazione originale e una trama che
seppur accostandosi ad un certo tipo di distopia rimane una delle più
interessanti pellicole recenti sul controllo mentale e fisico. Anche
se si fa aspettare il figlio del noto autore canadese si concentra
nel cercare di metterci l'anima nel suo progetto scrivendo anche la
sceneggiatura e cambiando di continuo gli stilemi e gli intenti del
film, alternando continuamente registro e facendo in modo di entrare
nel corpus di Tasya e Colin in un mix che troverà alcune scene
davvero suggestive e grottesche.
Il film partendo come un thriller
diventa poi qualcosa che si stacca dalla sua materia originale.
Tasya si rende conto di essere merce a
sua volta percependo di non avere più quel controllo che le dava
sicurezza e forza, così come i cambiamenti nella mente di Vos che
non riesce a controllare più la propria indole violenta,
iperstimolata dalle esperienze shoccanti e traumatizzanti a cui è
costretta per entrare nel personaggio. Tutti questi momenti riescono
peraltro ad essere scanditi da un montaggio complesso e forse unico
nel suo genere.
Il pericolo di non avere controllo, il
continuo impossessarsi di altri corpi e di altri pensieri, il peso
dei ricordi, i continui cambiamenti di stati d'animo tali da non
farci spesso capire chi stiamo osservando e perchè mettono in atto
tali comportamenti.
Un film che mantiene un ritmo
decisamente alto, ha continui colpi di scena e la meticolosità a
livello tecnico ormai ha raggiunto la maturità consolidando uno
stile e una politica d'autore che seppur con due film è
riconoscibilissima. In più gli elementi visivi sono spesso una
galleria di colori perfetti per una fotografia meticolosa e sporca e
una soundtrack angosciante.
Se ci mettiamo poi un talento
sottovalutato come Andrea Riseborough che non sbaglia mai un colpo e
l'ottimo Christopher Abbott attorniati da attori tutti in parte, si
evince come il film di Cronemberg jr segnerà un'altra svolta
elevandosi ma rimanendo al contempo un tipo di cinema da festival,
anti mainstream, anti commerciale, purtroppo anti cinema, aderendo ad
un codice tutto suo e rientrando in quel filone di film difficilmente
etichettabili.