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venerdì 11 agosto 2023

Profondo Rosso


Titolo: Profondo Rosso
Regia: Dario Argento
Anno: 1975
Paese: Italia
Giudizio: 5/5

Il musicista inglese Marc Daly, in Italia per motivi professionali, è casualmente testimone del sanguinario omicidio della sensitiva Helga Ullman, che abita nel suo stesso palazzo. Poco prima, durante un congresso di parapsicologia, Helga aveva avvertito in sala una presenza malevola, di una persona che aveva già ucciso e che avrebbe ucciso ancora. Marc è turbato e incuriosito da quanto ha visto e decide di indagare per conto suo, trovando una sponda nella giornalista Gianna Brezzi che vede la possibilità di uno scoop. La pista investigativa che segue porta Marc in direzione di una scrittrice, Amanda Righetti, ma, quando arriva a casa sua per parlarle, la trova morta assassinata. Il killer ha colpito ancora e sembra in grado di prevedere tutte le mosse di Marc e Gianna, in una scia di sangue che si fa sempre più lunga e tortuosa.
 
Profondo Rosso è uno dei capolavori dell'horror italiano. Un film audace che ha saputo grazie al talento di tutte le maestranze coinvolte, dare originalità, estro, colpi di scena, momenti di puro cinema, brividi, splatter ma soprattutto un thriller mai scontato dove addirittura viene mostrato il killer all'inizio del film e dove come spesso accade, per parte del film l'assassino/a potrebbe sembrare proprio l'innocente partner di Marc. Le musiche dei Goblin, l'uso della fotografia e delle luci, le cromature, il montaggio perfetto, la scelta di alcuni personaggi mai sopra le righe ma memorabili. E' il film dopo il quale Argento ha cominciato ad alternare thriller e soprannaturale inserendo temi demoniaci e possessioni. Il tutto con quella vena creepy nel saper mischiare e intensificare l'atmosfera di alcune scene grazie all'inserimento di nenie infantili deformate e ossessionanti. Ci sono troppe scelte stilistiche importanti che si alternano regalando momenti di memorabile cinema che non è in primis solo e puro orrore ma racconta anche una storia d'amore tra Marc e Gianna. Le scene mostrate solo per il valore del regista, senza peraltro essere mai spiegate, compaiono e hanno una loro forza estetica determinante come la sequenza dell’automa semovente psicopombo che sbuca da una cortina di tende, muovendosi come un soldatino di latta e ridendo come il Diavolo, introducendo di fatto la morte.