Visualizzazione post con etichetta A24. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta A24. Mostra tutti i post

mercoledì 27 marzo 2024

Dream Scenario


Titolo: Dream Scenario
Regia: Kristoffer Borgli
Anno: 2023
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Paul Matthews insegna biologia alla Osler University. È sposato con Janet ed è padre di due figlie, Hannah e Sophie. La sua esistenza è monotona ed è una di quelle persone che solitamente passano inosservate. Da un giorno all'altro comincia a comparire nei sogni degli altri. Sono persone che conosce oppure perfetti sconosciuti. Non ha mai un ruolo positivo. Nei primi sogni non fa nulla quando una persona si trova in pericolo. Ma successivamente, nell'universo onirico degli altri, diventa sempre più violento. All'inizio diventa celebre ma poi l'improvvisa notorietà gli si ritorce contro. Gli studenti non seguono più le sue lezioni, la sua presenza non è gradita nei locali pubblici, gli amici mandano via lui e la moglie a metà cena e anche la sua vita familiare va in frantumi. L'unico obiettivo che gli resta è quello di pubblicare il suo libro.
 
Borgli è un regista norvegese da tenere sott'occhio. Il perchè è semplice, ha già una sua idea di cinema di politica d'autore affermata nonostante abbia diretto pochissimo preferendo scegliere soggetti complessi e ambiziosi. Dream Scenario è un mezzo capolavoro, un film celebrale che ti entra dentro e racconta veramente tanto di questa società, del peso dell'inviduo, dei social e dei media. Sembra una specie di processo kafkiano in chiave post contemporanea.
Il tema dell'identità, dell'immaginario collettivo, di come un sogno possa trasformarsi molto velocemente in un incubo devastando la vita di un semplice uomo comune che vorrebbe finire di scrivere il suo libro continuando ad insegnare all'università conquistando i suoi alunni.
Disturbante ed onirico a tratti soprattutto nelle scene dei sogni, dove compare senza fare nulla ma come osservatore, quando comincia a trasformarsi in un sanguinario omicida come Freddy Krueger attaccando addirittura la figlia oppure raggiungendo scene formidabili di ironia drammatica con trovate tragicomiche e grottesche come nella scena in cui cercando di simulare nella realtà il sogno erotico che la studentessa fa di Paul, questo è così eccitato che dapprima raggiunge l'orgasmo solo perchè viene stimolato e poi scoreggia distruggendo in un secondo ogni piano erotico possibile.

venerdì 8 marzo 2024

Warrior-Iron Claw


Titolo: Warrior-Iron Claw
Regia: Sean Durkin
Anno: 2023
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Nel 1979 Fritz Von Erich, un wrestler massiccio e tenace, sogna il titolo di campione del mondo e per costruirsi un'immagine di successo noleggia con fatica un'auto di lusso. Non gli sarà bastato, ma anni dopo avrà comunque fatto abbastanza soldi da comprarsi un piccolo ranch e mettere su una nutrita famiglia. Ora la sua missione nella vita è far sì che siano i figli a conquistare l'agognata cintura, ma il primo è morto a soli cinque anni, Kevin è imponente e abile sul ring però incespica al microfono, Kerry si è dato all'atletica e solo David sembra avere tutti i numeri necessari. Il più giovane Mike invece è meno muscoloso e pure meno interessato al wrestling, nonostante le pesanti pressioni del padre. Quando gli Stati Uniti decidono di non partecipare alle Olimipiadi di Mosca, Kerry torna a casa e il padre indirizza anche lui verso il ring, aumentando ulteriormente la competizione tra fratelli.
 
Al cinema come sempre tutto è più bello ed enfatizzato. Warrior-Iron Claw era uno di quei film che aspettavo senza capacitarmi del perchè forse la tematica o il fatto di vedere Carmy e gli altri tutti imbolsiti alle prove con una storia di puro dramma. Il giardino delle vergini suicide al maschile. Perchè è così in un film che alterna sempre passaggi molto belli con scene e momenti di pathos a volte esagerati che affondano la pellicola e la narrazione. La storia di un gruppo di fratelli che si amano quasi incapaci di amare tutto ciò che sta al di fuori di loro. Di una vita quasi in cattività con un padre padrone che specula, crede e inonda di aspettative e umiliazioni i propri figli prendendo di fatto quasi sempre lui la scena a differenza di quelli che dovrebbero essere i protagonisti.
Un finale strappalacrime che forse è il momento più bello del film e un peccato per come tutta la parte legata agli steroidi e gli agenti dopanti venga messa da parte e mostrata in rarissimi momenti.

sabato 30 settembre 2023

Talk to me


Titolo: Talk to me
Regia: Philippou Brothers
Anno: 2022
Paese: Australia
Giudizio: 3/5

Mia ha perso da poco la madre e ha un rapporto complicato con il padre. L'amica Jade e il fratellino di lei Riley hanno un rapporto di amicizia molto stretto con Mia e la ospitano a casa, come se facesse parte della famiglia. Intanto tra i coetanei di Mia e Jade si diffonde sempre più una serie di video che ritrae gli effetti di un gioco: una sorta di seduta spiritica, in cui il soggetto entra in contatto con gli spiriti dell'aldilà. Quando Hayley propone a Mia di sottoporsi alla sfida in questione e stringere la mano che apre un contatto con i non morti, la ragazza sorprendentemente accetta e vive un'esperienza sconvolgente.

Talk to me è l'horror del momento. Fin troppo teen per i miei gusti. I ragazzi che ormai non sanno più cosa inventarsi e come passare il tempo. Una generazione che presto scoprirà di essersi fottuta da sola. In questo come sempre i social o le app rivestono un ruolo chiave. E allora cosa può esserci di meglio che postare video di ragazzi impossessati anche se solo per novanta secondi da qualche defunto. Bisogna solo sperare che quel defunto non sia incazzato e voglia farla pagare a chi si diverte in questo sadico e discutibile gioco.
E' innegabile che il film abbia davvero dei buoni momenti piazzando qualche scena d'impatto colpendoti in mezzo alle costole e riuscendo a spostare qualche vertebra. Il guizzo c'è peccato che il film non mantenga le promesse o meglio scivoli verso fondali che per quanto mi riguarda non ho così apprezzato scegliendo un finale che farà discutere per quanto rimetta in gioco tutto il significato del film. Senza stare a fracassare i coglioni sul significato antropologico della mano, un elemento che doveva essere approfondito di più, il lavoro dei Philippou Brothers al loro esordio non è affatto male ma rimane uno dei tanti horror moderni interessanti ma che non riesce a inserire mai quella marcia tale da farlo decollare

giovedì 2 marzo 2023

Whale


Titolo: Whale
Regia: Darren Aronosfky
Anno: 2022
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Charlie è un uomo obeso di una cinquantina d'anni. Vive solo, passa le giornate seduto sul divano tenendo corsi di scrittura online, guardando la tv e mangiando compulsivamente. Nella sua vita ci sono Liz, amica infermiera che si prende cura del suo stato di salute sempre più precario, e la figlia Ellie, diciassettenne che ha abbandonato quando era bambina per seguire l'amore della sua vita, Adam, il cui successivo suicidio è alla causa della sua obesità. Sentendo la morte avvicinarsi Charlie decide di spendere il tempo che gli resta per riconciliarsi con Ellie, la quale non gli ha mai perdonato la sua scelta...
 
Aronofsky continua a procedere con una filmografia tutt'altro che scontata passando da un estremo all'altro e confrontandosi con mondi e situazioni marginali. In questo caso sceglie un altro "freaks" che meglio ancora del wrestler Randy, incarna una importante fetta della popolazione americana portando una riflessione sul tema dell'obesità. Perchè Charlie non è nemmeno tra i più obesi del paese a stelle e striscie. In più è un insegnante omosessuale con un brutto lutto e diversi problemi con la famiglia e la religione senza ovviamente parlare di ciò che lo dilania dall'interno.
In tutto questo con una macchina che riprende quasi solo il salone di casa sua e il divano dove rimane per la maggior parte del tempo, l'autore si concentra in due ore a dipanare la galleria di personaggi che si confronta con lui come se fosse una sorta di santone che ormai arrivato al capolinea dispensa consigli a destra e a manca. La figlia ritrovata, il ragazzo scappato dalla setta religiosa, l'ex moglie alcolizzata, l'infermiera che ha perso il fratello. Tutti lo aiutano quando in realtà hanno bisogno di lui. E' fuori c'è sempre la tempesta mentre in casa la calma apparente.
C'è la metafora di Moby Dick, l'anarchia di un professore che esorta gli studenti ad essere se stessi e alcune scene come quella iniziale o quella dell'ingozzamento e il finale stesso che riescono come tutto il mood del film a premere sull'empatia, la sensibilità e l'umanità prima di tutto.

martedì 20 dicembre 2022

Bodies Bodies Bodies


Titolo: Bodies Bodies Bodies
Regia: Halina Reijn
Anno: 2022
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Alla vigilia di un uragano, un gruppo di ventenni si riunisce per un fine settimana di divertimento. Sophie – il cui periodo di riabilitazione l’ha portata all’allontanamento dai suoi amici – e la sua ragazza Bee si uniscono a David, Jordan, Emma e Alice, insieme al suo vecchio fidanzato Greg. Non appena Sophie arriva, però, c’è tensione. Non passa molto tempo prima che il pubblico scopra che c’è molta amarezza e problemi irrisolti tra gli amici. Quando Sophie suggerisce a tutti di giocare a un gioco chiamato Bodies Bodies Bodies, le cose iniziano a sfuggire di mano. Tuttavia, quando uno degli amici viene ucciso, tutti diventano paranoici e paurosi, rivoltandosi l’uno contro l’altro nel tentativo di scoprire l’identità dell’assassino.
 
Bodies Bodies Bodies non è quell'interessante sorpresa sullo slasher giovanile che qualcuno ha indicato. E' un film interessante sotto alcuni parametri post generazionali, quella sulla generazione Z, quella fluida, quella ormai cyber dipendente dai social, dagli smartphone e dallo sballo. Quella che non sa più in cosa trovare stimoli e divertimento, dove una villa con piscina, droghe, alcool e amici non sembrano più bastare. Allora si passa ai giochi. Quelli che possono prendere una piega pericolosa e che richiedono azione e adrenalina diventando le uniche sensazioni piacevoli in una ricerca costante del piacere e del brivido.
Cinque ragazze, coppie fluide, due ragazzi. Potrebbe essere un thriller post contemporaneo alla Agatha Christie, dove dal secondo atto si prova a fare sul serio abbandonando scelte stucchevoli per un impianto più thriller e splatter. Manca a mio parere un certo sgomento e paura che il gruppo di ragazze dovrebbe avere e vivere dopo il primo omicidio, dove poi a scalare ci sarà una bella mattanza generata tutta, è questo è l'elemento certamente migliore, dall'incidente scatenante provocato proprio dallo stesso David, il padrone di casa.

martedì 1 novembre 2022

Pearl


Titolo: Pearl
Regia: Ti West
Anno: 2022
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Texas, 1918. La giovane Pearl vive nella fattoria dei genitori, con il padre infermo e la madre autoritaria e intransigente. Il marito, Howard, è partito per l'Europa in guerra e non si sa se e quando farà ritorno. Sempre più insofferente alla vita nella fattoria, Pearl dà segni di squilibrio mentale e di un gusto perverso nell'uccidere animali. Un'audizione di ballo rappresenta la sua unica speranza di una nuova vita, ma la madre intende proibirle di partecipare.
 
Il sodalizio tra Ti West e Mia Goth (qui, oltre che protagonista, anche co-sceneggiatrice, produttrice esecutiva e, forse, anche co-regista) ha portato a questa trilogia dove X è stato l'apripista, PEARL, il prequel e MAXXXINE il sequel del primo. Dai risultati lascia ben sperare contando che X era già un ottimo lavoro e questo prequel addirittura riesce a fare di meglio con meno attori ma lasciando tutto alla protagonista che conferma di essere una delle attrici più talentuose della sua generazione già vista in diversi film ma quasi mai come protagonista assoluta. Diciamo che nel caratterizzare una ragazza squilibrata la Goth ha quella mimica facciale impressionante e atipica per cui sembra quasi non doversi nemmeno sforzare più di tanto. Vi invito caldamente a seguire i titoli di coda con quell'immagine che rimane sulla mimica dell'attrice fino a quando il cerchio si chiude, dimostrando quel pathos e quella follia unica che la rende così perfetta per il ruolo.
Tutto ciò che gravita attorno è un dramma familiare, un coming of age, un viaggio di nozze dell'anti eroina. Una sognatrice con una diabolica doppia identità che nasce prendendosela con gli animali più piccoli per poi passare agli umani quando si sente tradita e illusa. Fantastico come in fase di scrittura siano riusciti a creare tutti i nessi possibili con il sequel. L'amicizia tra Pearl e il coccodrillo ad esempio e nonostante tutto a parlare anche di dramma storico come è evidente dalla scelta di ambientare tutto, girato durante il covid, in un'epoca terrorizzata da un virus, la Spagnola, che invadendo l'intero pianeta, rimane quella paura manifesta che solo sognatrici come Pearl non riescono a vedere perseguendo la propria ambizione e perdendo ogni sorta di freno inibitore trasformandosi in una femme fatale con una violenta furia omicida.

lunedì 19 settembre 2022

Men


Titolo: Men
Regia: Alex Garland
Anno: 2022
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 4/5

Harper si reca in campagna per quello che dovrebbe essere un fine settimana piacevole e tranquillo, lontano dal tumulto e dallo stress della sua vita. I flashback rivelano che Harper stava chiedendo il divorzio a James, ma non era disposto a lasciarla andare. L’abuso emotivo e, in un’occasione fisico, è stato fondamentale per James che cercava di mantenere Harper nel loro matrimonio, e la sua morte continua a pungere nonostante non sia colpa sua. Nella casa di campagna, Harper viene accolto dal suo proprietario, Geoffrey. Le loro interazioni sono nella migliore delle ipotesi innocue e imbarazzanti, ma è quando Harper va a fare una passeggiata nei boschi che circondano la casa che le cose diventano inquietanti e strane. È seguita da un uomo nudo che poi cerca di entrare in casa. Harper è scossa dopo e le cose peggiorano solo per lei da lì.
 
Uomini che partoriscono altri uomini da tutti gli sfinteri possibili ancora mi mancava...
Garland al suo terzo film secondo me o almeno per i miei gusti firma la sua opera migliore. Forse perchè la meno ambiziosa senza essere scifi e senza avere l'ambizione di confrontarsi con Van DerMeer e forse perchè vanta quasi solo due attori e due figuranti (l'ex marito e l'amica di Harper).
Una location in quel posto sperduto della campagna inglese iconica ormai per tante pellicole di questo genere. Men però è un horror molto più politico di quello che possa sembrare ad una prima impressione soprattutto sulla misoginia maschile. Garland non smette di provocare e qui tutto il non sense possibile prende forma sotto gli occhi ingessati inizialmente di Harper per poi espandersi e arrivare addirittura a mettere a fuoco il Green Man, l’Uomo Verde, quell'immagine dal volto maschile che affiora dalle foglie, dal quale germogliano diversi elementi vegetali, fino al punto che spesso persino i tratti somatici si dissolvono nel fogliame rappresentando uno spirito della vegetazione, un’entità legata alla fertilità che affonda le sue radici nel folklore pre-cristiano. Da qui quindi si parte dal dramma sociale, per arrivare nel giallo soprannaturale, nel thriller e sfociando nel folk horror.

sabato 18 giugno 2022

X


Titolo: X
Regia: Ti West
Anno: 2022
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Un gruppo di filmaker decide di girare un film porno nel Texas rurale. Quando gli abitanti del luogo capiscono la natura del set, gli attori e il resto del cast dovranno fare i conti con un'inaspettata violenza.

Ti West è un buon regista di horror, metodico e discontinuo ma almeno con una sua politica d'autore precisa che dopo alcune lacune sembra stia migliorando sempre di più.
X lo dimostra diventando subito l'opera migliore del cineasta in grado di superare la prova più difficile ovvero quello di creare un'atmosfera e una suspance notevole e azzeccata che coincide perfettamente con gli anni in cui il film è ambientato, il Texas che sembra sempre un posto pericolosissimo popolato da bifolchi retrogradi e un perbenismo che non accetta manovre sperimentali dei forestieri come quella di dar vita ad un film porno che per quegli anni più che una prova di coraggio sembra una condanna a morte.
Perchè diciamolo, ancora una volta il film come per Abuela visto di recente parla di corpi tra due generazioni opposte e (forse) inconciliabili. Di un'anziana geriatrica che vorrebbe far sesso con il marito anche lui ormai a rischio infarto e la bellezza di corpi giovani che si concedono con estrema naturalezza per sposare la causa del porno e del successo. X riesce a misurarsi in una miscela interessante di generi prendendo dallo slasher, al revenge movie, all'exploitation, all'horror drama e alla tematica redneck in chiave appunto geriatrica.
Ci sono davvero tante belle sequenze da Maxine che sta per essere divorata da un alligatore agli incontri e praticamente tutte le scene con Pearl e nel terzo atto l'amplesso proprio tra Pearl e Howard senza contare alcuni jump scare davvero notevoli. Di sicuro uno degli horror più belli dell'anno e un'occasione per ridare enfasi allo slasher.


domenica 10 ottobre 2021

Green Knight

Titolo: Green Knight 
Regia: David Lowery 
Anno: 2020 
Paese: Usa 
Giudizio: 4/5

Il film, basato su un poema arturiano poco noto risalente al XIV secolo, racconta delle gesta del valoroso Sir Galvano che si imbarca nell'impresa di sfidare il Cavaliere Verde, misterioso gigante dalla pelle verdognola. Nel corso del suo cammino, l'eroe dovrà fronteggiare fantasmi, giganti, ladri e cospiratori. Un'esperienza in grado di forgiare il suo carattere, provando il suo valore agli occhi della famiglia e del regno.

E’ difficile non rimanere ipnotizzati dalla messa in scena dell’ultimo attesissimo film di Lowery. Un poema arturiano, un’epopea medievale, forse il migliore in circolazione, cupo con una fotografia potentissima in grado di mettere in risalto ogni minimo elemento, un budget sontuoso e un cast di tutto rispetto. Creature magiche ed elementali come il cavaliere verde mezzo uomo e mezzo albero ma anche i giganti, volpi parlanti, lord isolati nelle loro dimore e principesse che rivogliono una testa andata persa dando in cambio la loro mano. Con un tono surreale, numerosi silenzi, pochissima azione, Green Knight ad una prima visione può lasciare spiazzati e disorientati se ci si aspettano combattimenti epici. Di fatto è un viaggio dell’eroe della durata di un anno, più emotivo e mentale che fisico, slittando spesso verso una chiave onirica, il suo ritmo lento e le sue profonde riflessioni mai banali come le origini di Sir Gawain che sembra la metafora del mezzo sangue, di fatto un nipote di Artù ma figlio della strega Morgana. Un impuro che dovrà decidere se rispettare l'onore e il codice cavalleresco oppure scappare e aspettare conseguenze inattese o esiti nefasti.




lunedì 27 luglio 2020

In Fabric


Titolo: In Fabric
Regia: Peter Strickland
Anno: 2018
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 4/5

Un'ondata di disgrazie affligge i clienti di un grande magazzino che, durante il periodo di vendite invernali, entrano in contatto con un abito maledetto. Passando da una persona all'altra, il vestito porterà con sé devastanti conseguenze...

Strickland è un regista che ho sempre amato, seguito e tenuto d'occhio vista la sua politica d'autore così ambigua, personale, grottesca e stratificata. Una filmografia complessa in cui ha sempre scelto strade tortuose e plot narrativi mai banali e decisamente controcorrenti, in grado di evolvere le menti degli ignari spettatori che ogni volta non sanno con cosa dovranno confrontarsi.
Pochi film ma tutti decisamente al limite. Duke of BurgundyBerberian Sound StudioKatalin Varga, l'episodio finale e forse il più bello di Field guide to evil.
In Fabric assieme all'episodio della guida al diavolo, può essere annoverato come una sorta di horror soprannaturale, una ghost story atipica, post contemporanea, attuale quanto complessa e stratificata e politicamente molto impegnata a cercare di dare un suo personale parere sul consumismo e i suoi effetti perversi e le conseguenze inattese.
Se da un lato la componente erotica è sempre molto forte quanto elegante, l'assurdo d'altra parte trova una collocazione comoda e coerente con le vicende legate al vestito che fluttua e per cui chi lo indossa se ne trova prigioniero diventando una sorta di marionetta condannata a distanza dalla demoniaca capo commessa, la sinistra officiante del rito dei saldi. Glamourizzando il terrore ed estraendo da esso attraverso una messa in scena visiva eccellente tutto il potenziale estetico, dalla mortifera bellezza a momenti di totale non sense come la scena della lavatrice per siglare il grottesco oppure il rituale delle streghe nel negozio d'abbigliamento. Come sempre poi l'aspetto esoterico entra in gioco per fare sì che sia l'oggetto a dominare la persona e non il contrario.
Strickland si fa aspettare ogni volta ma quando esce deraglia sempre con incursioni, omaggi al cinema, e tanto altro ancora che lo rendono un talento irregolare e non omologabile.

mercoledì 22 gennaio 2020

Morris from America


Titolo: Morris from America
Regia: Chad Hartigan
Anno: 2016
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Morris Gentry è un 13enne afroamericano che da poco si è trasferito con il padre Curtis nella città di Heidelberg, in Germania. Oltre ai normali disagi legati alla pubertà, il ragazzo ha problemi di sovrappeso e di ambientamento ma, appassionato di musica hip-hop, sogna di diventare il nuovo Notorious B.I.G. Grazie alla complicità di suo padre, con cui condivide la passione per la musica, e all'aiuto di Inka, la sua tutor di lingua tedesca, Morris riesce ad andare avanti fino all'arrivo dell'estate, quando viene mandato a frequentare delle lezioni in un centro estivo per ragazzi

Morris from America è un film leggero e smaliziato, un joint alla Lee, tutto afro che combina bene commedia e dramma in un coming of age pieno di battute ironiche e dialoghi che funzionano e trasmettono molto in termini di pathos e contenuti.
Due target d'età diversa, un padre e un figlio che ci provano, con il primo che nonostante le difficoltà di essere solo e di cambiare mondo passando dall'America all'Europa, a conti fatti non smette mai di darsi delle colpe, di stare sempre dietro alle vicissitudini e alle difficoltà di un figlio che cresce cercando dei valori e una rete a cui aggrapparsi.
La musica come legame per creare rapporti amicali e non, la voglia di continuare a credere di poter essere qualcuno. Hartigan alla sua seconda opera sceglie un film squisitamente complesso nella sua semplicità, toccando un tema caro al cinema, ma che riesce vista la perfetta empatia e alchimia tra gli attori, a non apparire mai scontato o superficiale, ma solido e ironico anche in alcuni momenti intensi dove prevale il dramma puro inteso come elaborazione del lutto e della perdita

venerdì 10 gennaio 2020

Under the silver lake


Titolo: Under the silver lake
Regia: David Gordon Mitchell
Anno: 2018
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Sam è una delle tante anime perse di Los Angeles: non ha un lavoro, non ha un quattrino, sta per essere sfrattato dal suo appartamento e passa il tempo a fare sesso distratto con un'aspirante attrice che si presenta a casa sua abbigliata come i ruoli che interpreta. L'altro suo passatempo è spiare dal balcone le vicine con il canocchiale: è così che intercetta lo sguardo di Sarah, una bella ragazza bionda che sembra disposta ad intraprendere con lui una relazione. "Ci vediamo domani", promette lei, ma il giorno dopo scompare. Lungo la sua ricerca della ragazza scomparsa Sam scoprirà molti altri misteri metropolitani, con la guida di un autore di graphic novel che sembra saperne molto più di lui.

David Gordon Mitchell ha diretto quell'horror atipico di nome It Follows, un vero traguardo per un genere che cerca sempre di evolversi e cercare di apportare quella spinta in più captando tutti i mali di questo mondo malato.
Under the silver lake è un thriller, un noir urbano, un giallo dove un ragazzo qualsiasi si improvvisa detective dopo aver perso la testa per l'ennesima bionda di turno.
Partendo da un'idea che il protagonista Sam è uno che vive nel lusso senza però pagare l'affitto al proprietario che minaccia di sfrattarlo, non si capisce che lavoro faccia eppure i soldi non gli mancano e ad ogni occasione buona si imbuca a feste e party di lusso incontrando vecchi amici e collezionando figure di merda.
Passa il tempo a fare cose tra cui guardare col binocolo le vicine di casa hyppie che escono nude in balcone. Sembra sempre in attesa Sam come se dovesse succedere qualcosa da un momento all'altro e scegliere proprio lui come una sorta di predestinato.
L'arrivo di Sarah è una brutta scottatura soprattutto quando lei sparisce nel nulla e da quel momento il film per ben 140' si riproduce all'infinito, senza seguire una pista precisa ma mostrando una processione interminabile di sotto trame, alcune per nulla funzionali, portando Sam ovunque anche in mezzo al deserto se necessario. Verso il finale finalmente veniamo a sapere cosa sta succedendo e il messaggio è davvero allucinante parlando di poteri forti e di quell'1% dei veri ricchi che si nascondo in ville iper lusso sottoterra dove si portano belle ragazze da scopare fino alla morte.
Qualche indizio prima c'era ma era subliminale, con questa ossessione di Sam per provare a risolvere grattacapi con strumenti ai limiti della follia e del non-sense.
Il vero mandante e ideatore finale con cui si confronta Sam, quello che controlla tutto e ha sempre avuto l'ultima parola, per certi versi è una metafora di Weinstein, in una scena memorabile che da sola basta a far perdonare almeno 90' precedenti di seghe mentali ma fatte bene.



martedì 7 gennaio 2020

Death of Dick Long


Titolo: Death of Dick Long
Regia: Daniel Scheinert
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Dick è morto da poche ore, ma Zeke e Earl non vogliono che nessuno scopra come. Purtroppo in una piccola città dell'Alabama le notizie corrono veloci.

Death of Dick Long è quella chicca che non ti aspetti. Un raggio di luce nella via lattea della settima arte. Un film che con pochi e astuti mezzi, ma un grosso impiego e sforzo degli attori, riesce a fare un mezzo miracolo di fatto nascondendo un segreto per tutto il film e regalare un climax finale capace di farti brillare gli occhi.
Cinema indie, una commedia nera, grottesca, che rivela e nasconde pregi e difetti di persone qualsiasi, attaccate ad una quotidianità che ormai ci ha sfinito e allora di nascosto si cercano piaceri o divertimenti atipici e pericolosi, quelle bravate che si fanno solo tra amici di nascosto senza far sapere nulla alle mogli.
Scheinert parliamone è quello che tre anni fa ci ha regalato quel film meraviglioso che era Swiss Army Man ma con questa sua ultima opera si distacca completamente dalle scelte e soluzioni visive del suo primo film per racchiudersi in una piccola città dell'Alabama che per alcune atmosfere e scelte di come condurre le indagini strizza l'occhio ai Coen di FARGO.
Un film davvero capace di intrattenere alla grande, di voler sapere a tutti i costi cos'è successo a Dick e come sia potuto succedere con gli altri gregari attorno a lui che fino all'ultimo non ci si rende conto quanto siano stati complici.
Un thriller noir tutto di suspance, dialoghi, atmosfera, caratterizzazione dei personaggi davvero magnifici, una trama che seppur potrebbe sembrare così scarna, in realtà si concentra prettamente sui rapporti famigliari, le amicizie, il lecito e il proibito, la coerenza e la sincerità dei bambini che spaventa gli adulti perchè dicono sempre la verità.



venerdì 9 agosto 2019

Midsommar


Titolo: Midsommar
Regia: Ari Aster
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Dani ignora l'ennesima chiamata di aiuto della sorella bipolare, rassicurata in questo dal fidanzato Christian. Christian vorrebbe rompere con Dani, ma non sa come dirglielo. Quando purtroppo le peggiori paure sulla chiamata si rivelano fondate, è troppo tardi per intervenire. Christian decide quindi di invitare Dani a partecipare al viaggio organizzato dall'amico Pelle in un curioso villaggio svedese, per effettuare studi antropologici e insieme svagarsi nel festival che celebra il solstizio d'estate.

Ari Aster era atteso alla sua seconda prova dopo il successo di critica e di pubblico enorme e forse anche eccessivo del suo primo Hereditary-Le radici del male che a dire la verità non mi aveva fatto impazzire. Continua il suo discorso sul cammino del rituale quasi legato al finale della sua opera prima con quella corona depositata sulla testa del prescelto, il neo re, che qui ha diversi punti in comune con la neo regina che non andrò a svelare.
Essendo un appassionatissimo di folk horror (d'altronde alcuni degli horror più belli di sempre, Hardy e Weir, appartengono a questo sotto filone) cercavo di non avere aspettative, sperando però che fosse una spanna sopra il predecessore prendendo le distanze da tutto ciò che avevo già visto.
Così è stato confermando tanti buoni elementi, una maturità consolidata da una ricca prova di scrittura e soprattutto di psicoanalisi dei personaggi (il fattore in assoluto migliore che riesce in questo a staccarsi da tanti altri film già visti che prendevano però solo in analisi il contesto culturale lasciando in secondo piano i protagonisti).
Un film che parla di setta ma senza condirla di luoghi comuni ma anzi cercando di entrare nel fenomeno come campo di scoperta e di rivelazione che possa creare sentimenti ed emozioni contrastanti dove anche l'antropologia di nome e di fatto ha un evolversi importante nella struttura del film e in alcune lotte tra i personaggi. Un film che inizia con un incidente scatenante che non concerne con la setta (e si parte già col botto) dimostrando come le relazioni umane ancora una volta stiano alla base di una sapiente descrizione del racconto, in questo caso mai tradizionale ma sempre scomodo e atipico per come articola la sua poetica d'autore.
Il rituale di Aster conferma come non sia un delizioso furbetto che con un buon budget cerca il disimpegno strizzando l'occhio dove gli pare. Il soggetto è originale, la setta sa il fatto suo, la luce è sempre onnipresente come i pianti del neonato che viene allevato da tutti e le bevande a base di erbe allucinogene e per finire le rune celtiche che vanno a sostituire i sigilli demoniaci.
Sono tanti i particolari, gli elementi con cui il film viene tenuto in piedi senza lasciare buchi o importanti scene senza una giusta risposta.
Chi lo sa se il film di Aster dopo tanti tentativi non così riusciti chiude una volta per tutte il filone sul paganesimo ancestrale. Speriamo di no, ma speriamo anche di poter vedere esempi così carichi di archetipi sfruttati al meglio con impianti originali e tutto il resto e un'aura disturbante per tutto l'arco narrativo.
E poi gli attori, tutti davvero bravi e mossi da domande angoscianti, egoiste, rapporti di coppia che fanno star male anche solo in poche battute, silenzi che gelano il sangue, pianti e risa continue.
Quando Aster si avvicina alle scene più drammatiche in assoluto può diventare estremamente scomodante (come lo è stato nel mio caso) o venir preso alla leggera da un pubblico che pensa alla parodia e ride non sapendo interpretare quello che succede.
Il film inizia con un crollo definitivo psicologico di Dani e così viene portato avanti per tutto il film senza mai spostare il fuoco dal suo dramma interiore che la logora ancor più dai danni arrecati da Christian e il suo gruppo di amici.
Ma se alla fine fosse tutto un trip? Il finale non è aperto sotto questo punto di vista ma se Dani si fosse svegliata dal viaggio in funghetto scoprendo come fosse tutto un incubo? Dove i riferimenti anche ad una simbologia tutta floreale ci sono e non mancano di creare inquietudine più di molte altre scene madri del film.



giovedì 4 luglio 2019

Hole in the ground


Titolo: Hole in the ground
Regia: Lee Cronin
Anno: 2019
Paese: Irlanda
Giudizio: 3/5

Sarah sta costruendo una nuova vita con suo figlio ai margini di una piccola cittadina rurale. Un incontro terrificante con un vicino misterioso frantuma la sua già fragile anima, gettandola in una spirale paranoica sempre più disturbante. Dovrà scoprire se i cambiamenti inquietanti del suo bambino sono collegati a una minuscola buca nella foresta che confina con la loro casa.

E'difficile non amare alla follia le fiabe nere e gli horror rurali. I perchè sono tanti e nascono da presupposti che coincidono con le mille facce di madre natura, della selva oscura e di tutto ciò che è confinato fuori dalle nostre grigie città.
Negli ultimi anni sono arrivate diverse opere accattivanti e affascinanti unite dal bisogno di narrare quel folklore locale che appartiene di norma a ogni paese.
Hole in the ground ha tutti gli elementi per entrare a far parte di questo piccolo universo se non fosse che i rimandi e le somiglianze con Hallow che ho semplicemente adorato, sono davvero tante, tali da far perdere parte del fascino dell'opera dell'esordiente Lee Cronin.
Tanti i sotto testi e le metafore del film a partire da una vena ecologista a delineare l'intero intento dell'opera: stiamo distruggendo così tanto la natura che la risposta è una forza oscura rigurgitata dalle viscere della terra che si prenderà la sua rivincita sacrificando ciò che pensiamo di amare di più, i nostri affetti, la nostra famiglia e tutto il resto.
Due attori, una location e solo qualche sparuta immagine della creatura di turno.
Il resto sono pensieri e parole, suggestioni e giochi d'atmosfera.
Cronin nel cappello magico non mette molti elementi ma riesce a inquadrarli molto bene grazie ad una fotografia e degli effetti sonori che meritano una standing ovation
Uniche pecche l'aver esagerato e tirato un po troppo per le lunghe la "possessione" del piccolo Chris



mercoledì 20 febbraio 2019

Climax


Titolo: Climax
Regia: Gaspar Noè
Anno: 2018
Paese: Francia
Giudizio: 3/5

Un gruppo di giovani viene drogato senza apparente motivo ma non tutti reagiscono allo stesso modo.

Il cinema di Gaspar Noè è come una nuova droga chimica che arriva sul mercato. Se ti piace la droga non puoi che esserne affascinato. Prima c'era Araki ora c'è Noè.
Il risultato cambia come gli effetti della sostanza ma il processo è sempre lo stesso.
Cercare di provocare e stupire. Solo che da un lato c'è gente come Von Trier che riesce e regala anche arte e citazioni a profusione, dall'altra c'è Noè altro egomaniaco con degli intenti leggermente più bassi rispetto al collega danese.
Climax è un'altra esperienza doverosa, complessa, anarchica, schizzata e pompata come solo l'outsider argentino riesce ogni tanto a fare illuminandola d'immenso e facendoti venire voglia di ballare in qualsiasi luogo fruisci questa lisergica esperienza.
Cast di giovani, tante acrobazie e coreografie, musica strepitosa, luci e gelatine che regalano eccessi in sovrabbondanza e divertimento quasi assicurato, prima di entrare nel terzo atto che quasi sempre per i film del regista significa incubo, tunnel della privazione, fare i conti con se stessi e disperarsi e piangere.
Si inizia ridendo e scopando e si finisce a terra paralizzati dall'Lsd o per aver scoperto che in fondo non siamo speciali e facciamo pure un po schifo.
Ecco Climax parlando di altre cose rispetto alle tematiche del regista (anche se poi le questioni quelle sono) ci dice ancora una volta di andarci piano con la droga se non sappiamo gestirla.
Il cinema di Noè rimane un'esperienza sempre visivamente molto affascinante, impossibile sfuggire a questo caleidoscopio allucinato, dove i giovani scherzano con il fuoco, le istituzioni non esistono e il fai da te rimane la scelta convenzionale a cui sembrano sottoporsi con rituali e pratiche i millenial di questa generazione.

mercoledì 5 dicembre 2018

A prayer before dawn


Titolo: A prayer before dawn
Regia: Jean Stephane Sauvaire
Anno: 2017
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 3/5

Billy Moore è un giovane boxer inglese che combatte incontri clandestini in Thailandia. Non sappiamo perché si trovi lì, né perché si sia dato alla boxe, ma lo vediamo combattere, bere e fumare crack in un crescendo autolesionista e trasgressivo che culmina inevitabilmente in un arresto da parte della polizia locale. Ed è il suo ingresso all'inferno: nel carcere la violenza si consuma nella totale indifferenza delle guardie, e brutalità di ogni tipo stabiliscono il sistema gerarchico alla cui sommità si trovano belve umane tatuate dalla testa ai piedi che torturano i loro sottoposti in tutti i modi possibili.

A prayer before dawn è un prison movie robusto e anti convenzionale che ci porta in lande sconosciute e ci abbandona come un sacco di rifiuti in mezzo a scorie radioattive.
A differenza di molti altri film, il regista è interessato a monitorare in modo piuttosto dilatato e quasi senza azione, il micro cosmo, la sub cultura che si è impossessata delle carceri thailandesi con tutte le loro regole e i codici criminali.
Una prova che non si basa sulle solite azioni o sul revenge movie o su rivolte (i temi spesso più abusati nel sotto genere) ma mostra la dipendenza e le regole all'interno delle mura carcerarie. L'annichilimento di uomini che per riuscire ad ottenere la dose diventano oggetti di altri uomini (la scena dove uno di loro viene sodomizzato da tre boss è raccapricciante).
In tutto questo panorama dove la salvezza, l'onestà e qualsiasi valore sembra ormai aver abbandonato chiunque, Billy cerca di sopravvivere a suo modo confrontandosi con l'altro culturale e cercando fino alla fine di mantenere alta la dignità, data la sua diversità che lo pone come l'unico fantasma bianco in mezzo alla massa.
Una preghiera prima dell'alba è tratto dall'autobiografia omonima di William "Billy" Moore che ha dato minuziosa contezza della sua odissea carceraria

giovedì 2 agosto 2018

Hereditary- Le radici del male



Titolo: Hereditary- Le radici del male
Regia: Ari Aster
Anno: 2018
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Ellen Graham muore insieme ai suoi misteri. Mentre la figlia Anne elabora il lutto di una complicata figura materna, nella casa dei Graham avvengono strani episodi, che sembrano presagire un epilogo tragico. Basta un movimento di macchina, lento e avvolgente, tra i sinistri diorami assemblati dalla protagonista Anne Graham per far capire a cosa andremo incontro con Hereditary. A un dramma angosciante sui traumi di una famiglia di rara disfunzionalità e insieme a un ambizioso debutto, che guarda ai maestri del passato per generare nuovi shock.

L'horror di cui tutti parlano.
Hereditary poteva davvero giocarsela molto bene se avesse mantenuto la promessa iniziale ovvero quella di valorizzare il thriller psicologico aggiungendo connotazioni horror.
Invece dopo un primo atto, più o meno dalla morte di una delle protagoniste, il film diventa un pasticcio con sedute spiritiche (davvero ridicole), possessioni e poi quel "colpo di scena" religioso finale che lascia davvero perplessi quando tocca i re dell'inferno per quanto il connubio religione-esoterismo mi piaccia molto nel cinema ma qui non siamo ai livelli di Kill List.
Peccato perchè la regia assieme agli attori sono la cosa meglio riuscita della pellicola.
Un reparto tecnico impressionante dove la fotografia, il sound designer, il montaggio e alcune riprese di camera senza contare delle inquadrature suggestive e funzionali, sono davvero potenti e studiate con molta attenzione.
Eppure sono proprio i jump scared a rovinare l'atmosfera e il pathos di un film che sulla carta poteva davvero promettere di più quando invece tenta di mischiare troppi elementi dell'horror in modo disordinato e palesemente esagerato dove anche la c.g ad un tratto perde la sua efficacia.
Un'ultima cosa. Ari Aster mostra davvero un talento che spero non vada sprecato, cogliendo molte sfumature e aspetti in disuso nell'horror. Tuttavia non è Lynch e i marcati riferimenti al suo cinema da un lato sono stati apprezzati mentre dall'alto alcune citazioni come quella forse un po troppo chiara e diretta di VELLUTO BLU direi che andava malleata un po di più. E poi c'è tanto Polanski e Shyamalan..


mercoledì 31 gennaio 2018

Disaster Artist


Titolo: Disaster Artist
Regia: James Franco
Anno: 2017
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Greg è un aspirante attore, ancora incapace di lasciarsi andare, che rimane affascinato, durante una lezione, dalla libertà d'espressione e dalla carica emotiva di uno strano tizio di nome Johnny Wiseau. Greg diventa così il primo amico che Tommy abbia mai avuto e i due partono per cercare fortuna verso Los Angeles. Ma la fortuna è merce rara, e il sogno di fare cinema brucia dentro di loro, al punto che i due partoriscono l'idea folle di The Room: un film scritto diretto interpretato e prodotto da Tommy, passato alla cronaca come il film più brutto della storia del cinema.

Ancora adesso per me il miglior film di James Franco resta As I Lay Dying, ma questa piccola perla della comicità poco ci manca segnando sicuramente un capitolo nuovo nell'insolito curriculum del perfomer americano.
Disaster Artist nasce dal bisogno di misurarsi con un "cult" che ad esempio non conoscevo.
Un film strano e allo stesso tempo affascinante THE ROOM (passato alla storia come il film più brutto della storia) un film del 2003 di tal Tommy Wiseau, un pazzo diventato famoso per il suo approccio cinematografico discutibile e il totale non-sense sul set.
Da qui l'idea di omaggiarlo facendo un film che raccontasse la lavorazione del film.
A differenza però dei romanzi di Faulkner etc (di Franco regista sono riuscito a vedere tutto) qui l'ironia, la performance azzeccata dell'artista e in minor misura del fratello (Dave Franco con tutta la pazienza che riesco ad avere lo trovo insopportabile) riescono a trovare un equilibrio di parte forse perchè non aspira a toccare temi e romanzi storici con messaggi e tematiche complesse.
Qui tutto è slegato, l'improvvisazione regna, le gag funzionano (qualcuno ha accostato Wiseau a Wood) e la scena madre sul set effettivamente fa ridere.
L'elemento squisito che Franco fa emergere bene nel film è questa sorta di amicizia quasi "omoerotica" dove un uomo adulto accoglie in casa un ragazzo e rivela la sua gelosia quando gli presenta la sua fidanzata.
Wiseau non ha la più pallida idea di come si giri un lungometraggio e alterna ambizioni dittatoriali e crisi di autostima, finendo per apparire effettivamente il padrone di un pianeta (come afferma di essere) di cui è l'unico abitante ed esemplare: un personaggio incredibile nella vita e impensabile arrivando a pagare i cinema per mantenerlo in programmazione almeno due settimane (puntava agli Oscar).






venerdì 5 gennaio 2018

Killing of a sacred Deer

Titolo: Killing of a sacred Deer
Regia: Yorgos Lanthimos
Anno: 2017
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 4/5

Steven è un cardiologo: ha una bellissima moglie, Anna, e due figli, Kim e Bob. All'insaputa di costoro, tuttavia, si incontra frequentemente con un ragazzo di nome Martin, come se tra i due ci fosse un legame, di natura ignota a chiunque altro. Quando Bob comincia a presentare degli strani sintomi psicosomatici, la verità su Steven e Martin sale a galla.

Lanthimos è un regista che ha un dono come Dumont e Haneke: disturbare facendolo molto bene.
Il suo ultimo film ne è la prova ultima che pone tra l'altro l'autore a livelli molto alti per quanto concerne la sceneggiatura tirando in ballo la tragedia greca, tanta psicologia e ogni frame che sembra appunto nascondere un'insidia psicologica.
Espiazione e vendetta sono questi i due temi della vicenda. Una storia che vive di non detti che lascia per tutto il film quella sensazione costante che qualcosa di terribile stia per accadere e la regia minimale con inquadrature fisse e molto geometriche nello studio degli spazi e delle location utilizzate (in particolar modo la villa) aiuta ancora di più a rendere palese questo dramma e tutti i suoi risvolti.
Con un finale aperto e un cast ben misurato (Farrell e la Kidman vuol dire andare sul sicuro dopo la buona prova in Inganno della Coppola a cui aiuta un'inquietante Barry Keoghan giovane e già visto in diverse pellicole) il thriller psicologico e home-invasion presentato in concorso al festival di Cannes 2017, vincitore ex-aequo del premio alla sceneggiatura, del regista della new-wave greca fa un altro passo in avanti regalando un'opera per certi versi indimenticabile soprattutto contando gli orrori che la famiglia vedrà a spese dei propri figli e un finale che sembra un urlo disperato di un padre che ha perso tutto e non sa più cosa fare. Il dubbio o il mistero più grosso il regista fa attenzione a non svelarlo (ottimo dunque il finale aperto) facendosi strada tra paradossi, fatti inspiegabili e quintalate di sadismo che soprattutto dal secondo atto in avanti esplodono dopo la rivelazione e allora scopriamo le carte, la borghesia finalmente mostra il suo vero volto.