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martedì 18 aprile 2023

Pathaan


Titolo: Pathaan
Regia: Siddharth Anand
Anno: 2023
Paese: India
Giudizio: 4/5

Il lungometraggio racconta un futuro distopico in cui i grandi palazzi di Dubai un tempo appartenuti a ricchi imprenditori sono stati occupati da pericolosi criminali. In questo contesto difficile e anarchico prendono vita le avventure di Pathaan, un ex truffatore divenuto poliziotto. Pathaan lavora sotto copertura per tentare di costruire un'unità operativa - la Joint Operation and Covert Research (JOCR) - che possa fermare Jim, il potente narcotrafficante che si è macchiato dell'omicidio di suo padre. L'uomo è infatti a capo dell'Outfit-X, un gruppo terroristico privato che sta pianificando un attacco di enormi dimensioni all'India e che Pathaan e i suoi agenti dovranno cercare di impedire.
 
Dopo RRR di nuovo mi trovo a dovermi inchinare di fronte a così tanta sfrontatezza del cinema di Bollywood. Un film esteticamente così esondato da effetti in post produzione, color correction, sciccherie estreme e tutto ciò che un roboante action indiano può permettersi di esibire.
Pathaan è un film politico dove l'India è la buona e il Pakistan il brutto cattivo che vuole lanciare un gas nocivo a Nuova Delhi facendo una strage. Ci sono come sempre tantissimi temi che vengono affrontati, dal perdono, all'amicizia, al tradimento, al patriottismo, alla vendetta fino alla religione contando che i due paesi sono indù e musulmani. Con combattimenti e scene d'azione quanto mai esagerate e pompate (basta vedere la scena iniziale con Jim che con tuta e lanciarazzi attacca le auto blu governative) oppure il protagonista che danzando e ballando insegue Rubina fino alla tana del boss. Personaggi tagliati con l'accetta, citazioni a valanga come quella della rapina davvero memorabile per quanto possa sembrare assurda.
Un film con il peccato di essere propaganda governativa pura dove anche gli attori e i registi ci mettono del loro scegliendo da che parte stare. Anand & soci stanno creando a tutti gli effetti quello che può definirsi un "Cop Universe" dove in Pathaan guarda caso compare Tiger, famoso per altri importanti action, il quale viene in aiuto del suo amico siglando un accordo e un'amicizia.
Eppure al di là dei presupposti politici, le premesse e le ambizioni del film, per tutto quanto il resto vengono esaudite eccome in due ore e mezzo di ritmo incessante e impeccabile dove non esistono momenti morti, tutto viene perfettamente montato con precisione tra combattimenti, balli, dialoghi in laboratorio, consigli di sicurezza. Fila dritto e liscio spostandosi sulle note di una canzone tra Dubai, Mosca, Parigi e le isole Baleari mostra le peripezie di un protagonista che per avere 58 anni esibisce un fisico della madonna.


sabato 18 giugno 2022

Ambulance


Titolo: Ambulance
Regia: Michael Bay
Anno: 2022
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Il decorato veterano di guerra Will Sharp è alla disperata ricerca di soldi perché la moglie è malata di cancro e ha bisogno di un urgente intervento chirurgico sperimentale che costa più di 230.000 dollari. Chiede aiuto a Danny, il fratello adottivo, il quale, per aiutarlo, gli propone una rapina in banca da a 32 milioni di dollari, la più grande nella storia di Los Angeles. Quando però la loro fuga va clamorosamente storta, i fratelli disperati prendono un'ambulanza con a bordo, in ostaggio, un poliziotto ferito che lotta tra la vita e la morte e l'esperta paramedico Cam Thompson.
 
Michael Bay è un blockbuster man, un maniaco dell'azione fracassona e un semi reazionario, fin qui nulla di nuovo. I suoi film sono quasi tutti insulsi con pochissime eccezioni come forse questo Ambulance che seppur esagerando non sperpera quel poco di buono che nella ambizioni c'era e seppur con virate pazzesche e fuori luogo risulta se non altro meno patriottico dei film precedenti dove non bisogna salvare il mondo per l'ennesima volta. D'altro canto è forse l'unico film dove i protagonisti dovrebbero essere gli stessi antagonisti della vicenda anche se l'elemento melò distrugge quel poco di buono che la catarsi di Gyllenhaal poteva conferire al personaggio e le pessime prove di Yahya Abdul-Mateen II (attore sopravvalutato) ed Eiza Gonzales confermano ancora una volta.
Alla fine i temi portanti sono sempre loro nonostante come dicevo il film cerca di prendersi leggermente più sul serio ma Bay non sa imbastire dialoghi e soprattutto emozioni portandole sempre all'esagerazione e al paradosso. Un film velocissimo, con sequenze montate in maniera ipertrofica (politica del suo fare cinema), leggi della fisica portate agli eccessi, distruzione, marine, inseguimenti, lealtà, amore per la bandiera.


domenica 27 marzo 2022

Diabolik


Titolo: Diabolik
Regia: Manetti Bros
Anno: 2021
Paese: Italia
Giudizio: 2/5

Clearville, fine anni '60. Dopo aver messo a segno un altro colpo, Diabolik riesce a sfuggire alla polizia dopo un inseguimento. L'ispettore Ginko, con la sua squadra, sta facendo di tutto per prenderlo ma fino a questo momento i suoi tentativi sono andati a vuoto. Intanto in città è arrivata Eva Kant, una ricca ereditiera cha ha con sé un diamante rosa, un gioiello dal valore inestimabile. Giorgio Caron, vice-ministro della Giustizia, è perdutamente innamorato di lei ma non è ricambiato. Una sera, Diabolik si introduce nella stanza dell'hotel di Eva per rubarle il prezioso diamante, assumendo l'identità del suo cameriere personale. Appena si vedono, scatta il colpo di fulmine. Il "Re del Terrore" però poi viene catturato dall'ispettore Ginko e portato in carcere e Lady Kant farà di tutto per farlo evadere e salvarlo dalla ghigliottina.
 
Diabolik sembra un film fatto su commissione dai Manetti. La loro regia è fantasma, non c'è anima e nessuna delle componenti del cinema dei fratelli romani. E questo è molto male. Diabolik è un film che dura tanto, esageratamente patinato, senza colpi di scena, tutto basato sulla forma e sui tempi alcuni dei quali dilatati in maniera eccessiva. E' un film che si lascia vedere senza sbadigliare ma di cui sinceramente mi aspettavo qualcosa di diverso dove a confronto il film di Bava del '68 sembra sfoggiare un ritmo, una classe e una messa in scena molto più innovativa e con delle soluzioni grafiche che qui rimangono sterili e dove infine le prove attoriali sfumano salvando forse solo Alessandro Roja (peraltro in un ruolo fastidiosissimo) e dove Marinelli è mono facciale, Mastrandrea recita Mastrandrea e la Leone pur essendo di una bellezza mozzafiato non riesce a misurarsi con il talento che fu di Marisa Mell.
Quasi due ore e mezza dove tra inseguimenti, scambi di persona, maschere, armi infallibili e come dicevo colpi di scena telefonati, per ragioni legate alla produzione o ad un certo tipo di scrittura, sembra un Diabolik senz'anima dove non ho percepito mai la presenza dei Manetti che stimo.

venerdì 9 luglio 2021

Wrath of man


Titolo: Wrath of man
Regia: Guy Ritchie
Anno: 2021
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 3/5

La trama segue H, un personaggio freddo e misterioso che lavora per una società di cash truck responsabile dello spostamento di centinaia di milioni di dollari per Los Angeles ogni settimana.
 
E'vero. Wrath of Man è l'ennesimo revenge movie. Eppure è un film molto costruito come è solito di Ritchie quando viene richiamato al suo stile con la sua personale politica e il suo montaggio articolato. Una matrioska dove seppur vero che l'obbiettivo principale si evince nel primo atto, tutto sembra essere costruito con gli stilemi del noto autore, ritmo infallibile, azione a gogò, dialoghi puliti e graffianti e un ritmo vertiginoso che non lascia mancare nulla. La storia nella storia nella storia. Stathman ormai recita con la mascella da sempre, riuscendo a confezionarsi un ruolo da protagonista e spalleggiato da una nutrita galleria di ottimi attori dove la palma spetta al villain Scott Eastwood finalmente in un ruolo che gli si confà a pennello.
Con una costruzione millimetrica, Ritchie sembra ormai aver sdoganato il suo stile personale confezionando quasi un film di serie b dei suoi cult come RocknRolla, SNATCH o LOCK AND STOCK. A differenza però dei suoi film precedenti qui a parte lo spoiler legato all'obbiettivo del protagonista non sembra lasciar molto spazio al resto degli attori i quali paiono abbastanza debolucci, lasciando tutto l'arco narrativo a H e la sua enigmatica storia e il macchinoso piano di vendetta. Wrath of man si impone meno di Gentleman dove a dare manforte a McKonaughey c'erano Hunnam, Grant, Farrell, Strong, qui è tutto molto più convenzionale, le sotto trame vengono abbandonate per incanalare il tutto nella sete di vendetta di H e questo forse è l'elemento minore in un film di un autore che quando padroneggia il suo genere rimane tra gli outsider assoluti.

mercoledì 2 giugno 2021

Army of the dead


Titolo: Army of the dead
Regia: Zack Snyder
Anno: 2021
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Un convoglio militare statunitense sta trasportando un carico sconosciuto dall'Area 51 quando viene investito da un'auto guidata da due sposini distratti da una fellatio on the road. Dal contenitore fuoriesce uno zombie sovrumano che uccide i soldati e ne infetta due.
 
Snyder non mi ha mai entusiasmato e ho preferito di gran lunga ALBA DEI MORTI VIVENTI, un roboante remake dove almeno l'equilibrio e l'atmosfera erano controllati a dovere a differenza di questo ennesimo film di zombie che forse nessuno, a parte Snyder, voleva.
E se non sono supereroi o battaglie alle termopoli o adattamenti da fumetti, o cartoni tratti da una serie di libri, quando in più l'autore fa un salto d'ambizione e produce, scrive, sceneggia e infine dirige una cagata pazzesca dalle aspirazioni altissime come Sucker Punch non resta molto altro da dire.
Army of the dead ripensandoci non è poi così brutto, qualcosina dalla sua si salva per essere un popcorn movie che non fa mai paura, un giocattolo scanzonato che vuole essere serioso, un’epopea action e orrorifica, uno zombie-movie di genere distopico e post-apocalittico dove gli zombie diventando intelligenti (sai che novità) e, forse, capaci di provare emozioni riproducendosi e arrivando ad avere figli. Alla fine viene come sempre esaltata l'azione, i titoli di testa cercano di dare il massimo sparaflashando di tutto e di più per arrivare ad un'unica grande esplosione che dura più di due ore e mezza. Con mastodontiche scorpacciate di effetti speciali, citazioni a profusione, una sporca dozzina da mettere insieme per scatenare un pandemonio, il granitico complesso comincia presto a vacillare diventando il solito, come poetica dell'autore, action dai muscoli grossi o meglio un massiccio mash-up tra war movie, splatter e heist-movie dove abbiamo zombie di serie A, di serie B e gli outsider come la coppia leader che ricordano il faraone e la sua sacerdotessa.

martedì 12 gennaio 2021

Mondo perfetto


Titolo: Mondo perfetto
Regia: Clint Eastwood
Anno: 1993
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Nella notte di Halloween del 1963, i due detenuti Butch Haynes e Terry Pugh riescono ad evadere dal carcere di Huntsville, Texas. In cerca di un'auto con cui fuggire, Terry, il più pericoloso e perverso dei due, fa irruzione in casa di una famiglia di testimoni di Geova composta solo da madre e tre figli. Nel tentativo di molestare la donna, attira le attenzioni del vicinato e costringe Butch a scappare trattenendo in ostaggio il piccolo Phillip. Ad occuparsi del caso è il capo della polizia Red Garnett che, a un anno dalle nuove elezioni e a poche settimane dalla visita del presidente Kennedy a Dallas, viene investito, assieme allo sceriffo locale, al tiratore scelto dell'FBI Bobby Lee e all'esperta criminologa Sally Gerber, di poteri speciali e di un furgone all'avanguardia con il quale dare inizio alla caccia agli uomini.

Il mondo perfetto non esiste, nemmeno in Alaska. Eastwood ci riporta con i piedi per terra in Texas ad una vicenda cruda fatta di sentimenti, tenerezza e riflessione. Sembrano non esistere eroi e i delinquenti quelli alla Butch hanno un proprio codice personale, spietato, ma in grado allo stesso tempo di regalare affetto ad un bambino rapito a cui manca l'affetto di un padre.
Un road movie che viaggia per il Texas facendo tappa in ogni dove. Una caccia all'uomo da parte di un team stratificato dove non manca il cecchino, la psicologa buona di cuore e un ranger con la faccia granitica del solito ottimo Eastwood. Meno azione per dare spazio ai dialoghi e alla caratterizzazione di personaggi che come Butch non sono mai banali e stereotipati, in grado allo stesso tempo di uccidere e amare.

sabato 8 agosto 2020

Time to hunt


Titolo: Time to hunt
Regia: Sung-Hyun Yoon
Anno: 2020
Paese: Corea del Sud
Giudizio: 3/5

Nella Corea del prossimo futuro, un gruppo di ragazzi in delle baraccopoli commettono un grave crimine.

Da questo scenario, un clima distopico in una Corea affetta da una terribile crisi economica costretta a ridurre la stragrande maggioranza della popolazione in povertà, attraverso paesaggi deserti, metropoli abbandonate e distrutte, capannoni che nascondo giri loschi, spacciatori e venditori d'armi, discoteche segrete e criminali di ogni tipo e killer spietati si svolge questa caccia all'uomo.
Il trio di ragazzi protagonisti sono già in parte corrotti, sapendo bene dal momento che il loro amico esce di prigione, che quello che succederà non potrà che portare a conseguenze inattese ed effetti imprevisti e perversi. Così inizia il conto alla rovescia, vengono dipanati gli intenti e gli obbiettivi del terzetto, con una rapina, assoldando un quarto elemento che deve dei soldi al protagonista, ad un venditore di armi fratello di un boss malavitoso che gli aiuterà e infine dei terzi che assolderanno un killer per stanare il quartetto e riportare i soldi ai legittimi proprietari.
Time to hunt nei primi due atti, ma soprattutto nel primo, ha la sua parte migliore riuscendo a creare un'atmosfera sospesa e cruenta, figlia del degenero e di quel clima distopico che sembra aver annientato tutto come l'effetto di una bomba, facendo vedere solo ceneri ed edifici distrutti e abbandonati. Grazie a questa tensione che prende piede, il film si dirama in un mix discretamente assemblato di diversi generi: il distopico appunto, l’heist movie, il bildungsroman, il thriller e il revenge-movie.
Dal punto di vista narrativo è soprattutto il terzo atto ad essere molto deludente con una semplice caccia da parte del killer che si diverte a inseguire e dare tempo per scappare alle sue prede, non riuscendo ad aprire speranze per quella che poteva essere una denuncia molto più politica sul peso del governo, sul come cambiare quella situazione o comprenderla. Sembra che l'unico obbiettivo dei personaggi all'interno sia quello di fare più soldi possibili lasciando la Corea per spiagge dorate e sogni di gloria.

lunedì 20 luglio 2020

Sushi girl


Titolo: Sushi girl
Regia: Kern Saxton
Anno: 2012
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Dopo sei anni di prigione, Fish è un uomo libero. Il giorno in cui viene liberato, i suoi compari organizzano una festicciola: in cinque si ritrovano a mangiare sushi sul corpo di una giapponese, stile yakuza. Sarà l'occasione per saldare i conti rimasti in sospeso.

Sushi girl è un esercizio di stile molto pulp con dialoghi e una certa scelta di cast la quale cerca di trovare la sua verve mostrando tanta violenza e scegliendo una narrazione di per sè già vista mille volte soprattutto se contiamo che è una sorta di IENE con qualche deviazione.
Candy Man, Luke Skywalker, Atreyu, Kyle Reese, Machete, l'attore feticcio di Gregg Araki e Hattori Hanzo. Queste o meglio alcune di queste solo le maestranze sedute attorno al tavolo dove sdraiata immobile si trova questa ragazza nuda vestita solo con sushi in una pratica quella chiamata Nyotaimori.
Il film infarcito di dialoghi, flashback, tante scene di tortura, complotti e raggiri, sfrutta bene l'impianto della location praticamente senza muoversi mai e alla fine ovviamente punta tutto sulla paranoia che si insisua tra i colleghi e la vendetta finale che appare abbastanza scontata e figlia di KILL BILL. La scena della rapina è forse la parte più noiosa anche se mostra un plotone di attori tutti in parte e Hamill vince a piene mani un confronto tra personaggi tutti fuori dalle righe e tagliati con l'accetta.


martedì 14 luglio 2020

Uomini d'oro


Titolo: Uomini d'oro
Regia: Vincenzo Alfieri
Anno: 2019
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Luigi il Playboy è un autista di furgoni portavalori che vede sfumare i propri sogni quando il governo aumenta l'età pensionabile di dieci anni. L'uomo perde la pazienza e pianifica una avventurosa rapina insieme ad altri tre spiantati.

Dopo alcuni tentativi maldestri, Alfieri si affida ad un manipolo di buoni attori per il suo heist movie, noir, una crime comedy cruda.
Un film con un gran ritmo in grado di raccontare un episodio infelice che svanisce i sogni di gloria per chi dopo l'epoca Craxi e Berlusconiana cercava una scappatoia per riuscire ad arricchirsi in fretta e far sparire le tracce. Così l'episodio di cronaca già portato sulla scena da Tavarelli nel 2000, riesce nel difficile compito di raccontare una storia tutt'altro che semplice, da tre punti di vista differenti, lasciando aperto per alcuni versi uno schema quasi corale e allo stesso tempo funzionale per far capire realmente gli intenti e gli interessi dei suoi complici.
Se ne facessero un film comincerebbe come I SOLITI IGNOTI di Monicelli e finirebbe come LE IENE di Tarantino”. Così il giornalista Meo Ponte, dalle pagine del quotidiano La Repubblica, descriveva nel 1996 il caso di una rapina a un furgone portavalori messa a segno proprio dagli uomini che lo guidavano tutti i giorni, due impiegati alle Poste di Torino.
Alfieri avendo a disposizione un manipolo di attori molto affiatati si concentra sulle cause, sui sogni nascosti di ognuno di loro, tra partite e dispute calcistiche, nuclei familiari da mantenere e ragazze squillo con cui sognare un'altra vita arrivando a perdere la dignità e ribellandosi imbracciando un'arma.

lunedì 3 giugno 2019

Antigang


Titolo: Antigang
Regia: Benjamin Rocher
Anno: 2015
Paese: Francia
Giudizio: 3/5

Serge Buren è un poliziotto leggendario, circondato da un gruppo di giovani poliziotti che usano dei metodi non convenzionali. Sfruttano qualsiasi mezzo possibile, comprese le mazze da baseball e i risultati ci sono! Ma un gruppo di rapinatori assassini entra in scena, deruba le banche e le gioiellerie della capitale con una facilità sconcertante. Di fronte a questo ingegno e a questa brutalità, Buren e la sua unità si trovano ad affrontare una situazione difficile: i loro metodi saranno sufficienti a fermare questi criminali?

Antigang fa parte di quel filone action poliziesco con una squadra speciale intenta a trovare i criminali più incalliti sempre al confine tra il lecito e il proibito.
Lontani dalle regole comuni, dotati di privilegi e guardando dall'alto in basso i colleghi, la squadra capitanata da un Jean Reno imbolsito, si trova così a dover fronteggiare un terrorista feroce che manco a farlo apposta ucciderà proprio l'amante di Serge Buren nonchè moglie dell'ispettore capo.
Gli ingredienti ci sono tutti, pure un agente che mena le mani manco fosse Bruce Lee sconfiggendo nemici che sono il doppio se non il triplo di lui.
Ma l'elemento sicuramente che rende il film un action con un buon ritmo e i colpi di scena rapidi e telefonati è la regia di Rocher che si stacca dall'horror dopo due film notevolissimi di zombie, Horde
e GOAL OF THE DEAD per accettare un film su commissione decisamente commerciale.
Ad Antigang manca solo una struttura più complessa, personaggi che si prendano decisamente sul serio e magari un po di sangue in più. E'un action poliziesco, non un hard boiled, decisamente più comico e scontato rispetto ai suoi coetanei, come sembra ormai piacere sempre di più al pubblico main stream che ormai fa fatica a stare dietro ad un'indagine complessa con la quasi totale assenza di scene d'azione o centellinate a dovere.


martedì 30 aprile 2019

Old man and the gun


Titolo: Old man and the gun
Regia: David Lowery
Anno: 2018
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Forrest Tucker è un rapinatore di banche che si potrebbe definire seriale. A 77 anni e dopo 16 evasioni, anche da carceri come San Quintino, non ha smesso, insieme a due soci, di organizzare dei colpi decisamente originali. Utilizzando il suo fascino e con tutta calma, senza mai utilizzare un'armi, continua a visitare banche e ad uscirne con borse piene di dollari. C'è però un poliziotto che ha deciso di occuparsi di lui.

Quasi nessuno ricorda Ain't them bodies saint. Un film purtroppo passato in sordina che mostrava già in maniera ineccepibile il talento di questo giovanissimo regista. Sembrava quasi di leggere tra le pagine di McCarthy un manipolo di personaggi disillusi e in cerca di qualcosa che forse non troveranno mai.
Da quel film che finora rimane la cosa più bella che ha fatto, devo dire che il talento di Lowery non è decollato come avrei immaginato. Forse sono state le scelte fallimentari, forse il fatto di non essersi ritagliato un certo tipo di cinema (come altri colleghi di recente hanno dimostrato) o forse perchè ancora una volta a decidere il futuro del regista sono state le major.
Old man and the gun è un film certo interessante, spezza una lancia ancora poco abusata nel cinema rispetto ad un modo di rapinare le banche raffinato ed elegante, e da lustro e gloria ad un grande attore come Redford che dimostra alla sua età di essere un figo della madonna.
Il problema del film è che il finale viene già rivelato durante la narrazione, il detective (Casey Affleck ormai possiamo definirlo l'attore feticcio di Lowery) conduce un'indagine con il suo classico stile pigro e scazzato, il resto della compagnia di Forest Tucker è affidato a due veterani come Danny Glover e Tom Waits e Sissy Spacek dimostra come una grande attrice a qualsiasi età avrà sempre qualcosa da dire.
Più che un film sembra il manifesto di un attore. Redford ha dichiarato che non comparirà più sul grande schermo ponendo fine di una carriera, di un'epoca, di un immaginario che lo vede ancora protagonista a 82 anni.


Inside Man


Titolo: Inside Man
Regia: Spike Lee
Anno: 2006
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Un uomo dichiara, faccia sullo schermo, occhi puntati verso lo spettatore, che farà una rapina straordinaria. Una super-rapina. Roba da film. Dice di essere un "grande", d'averla progettata per bene, nei minimi particolari. Perché lo fa? Perché lo sa fare...

L'heist movie è un sotto genere abbastanza insolito per l'outsider americano. A dire il vero sembrerebbe in tutto e per tutto un film su commissione se pensiamo alle solite tematiche dell'autore come il razzismo, le differenze culturali, etc. In realtà il film in questione al di là dell'innegabile mano dell'autore che riesce a mettere in scena diverse storie, è quello di aver ancora una volta inserito una polemica mica da ridere chiamando in causa proprio la comunità ebraica.
Anche se è facile prendersela con ebrei e nazisti (un espediente che assicura sempre un certo successo) in questo caso la polemica è proprio sui banchieri ebraici e la responsabilità di alcuni di loro ad aver aiutato le SS a trovare e nascondere i beni preziosi di importanti e ricche famiglie ebree durante l'Olocausto.
E'così tutto il mistero del film, tutta la suspance che crea il leader della banda Clive Owen inseguito dal detective Washington, dal poliziotto Dafoe e dall'avvocato Foster diventa presto una corsa a difendere i propri e gli altrui interessi, dove in realtà a nascondersi sono proprio quelli che non ti aspetti in un film molto pianificato che cerca come un conto alla rovescia di incastrare tutto a meraviglia riuscendoci anche se con qualche forzatura e puntando tutto sul climax finale dove gli interessi del ladro non coincidono cn il denaro come qualsiasi rapina farebbe credere..



lunedì 11 marzo 2019

Punisher- Stagione 2


Titolo: Punisher- Stagione 2
Regia: AA,VV
Anno: 2019
Paese: Usa
Serie: 2
Episodi: 13
Giudizio: 3/5

La seconda stagione di The Punisher racconterà del conflitto tra il sempre poco incline al dialogo Frank e il suo ex migliore amico Billy Russo. Russo indosserà la maschera che lo ha reso Jigsaw per coprire il suo volto, sfigurato dallo stesso Punitore al termine della prima stagione. Uno scontro tra due personalità fortemente borderline, entrambe disposte a perseguire i propri scopi senza indugiare granché nella clemenza: l’antieroe Frank nella sua battaglia ultra-violenta alla criminalità di qualunque genere e tipo, Jigsaw (da noi conosciuto anche come Mosaico) nei suoi propositi di vendetta proprio contro Castle.

Il sequel della prima serie tv targata Netflix dell'anti eroe stelle e strisce americano, probabilmente deve aver imparato dalla prima gli errori commessi è così riesce laddove quasi ogni speranza era andata persa.
Prima di tutto gli sceneggiatori hanno avuto una bella pensata. Aggiungere un villain.
In secondo luogo hanno fatto uscire completamente fuori di testa il vilain della prima stagione.
Il risultato è quello per cui abbiamo Castle che deve difendere una ragazza da una setta, una sorta di predicatore con un passato agguerrito e tantissima azione e sparatorie.
Non era difficile ma alla fine ci sono riusciti. Castle è un personaggio fisico, farlo parlare troppo mettendolo al centro di una "disputa" femminile in ospedale non segue la realtà dei fatti.
Al di là dell'azione, la stagione a livello di tematiche affrontate affonda maggiormente la lama su diversi intrecci narrativi e rapporti tra i personaggi senza riuscire però ad avere una psicologia dietro questi, così elementare e stereotipata da renderla volgarmente stupida.
Se The Punisher porta sul piccolo schermo personaggi femminili indipendenti, allo stesso tempo rinforza la dicotomia donna-intelligente e uomo-bruto. Tutti i personaggi maschili della serie reagiscono per istinto o morale, sparando, distruggendo cose o urlando, mentre gran parte delle azioni femminili prendono vita attraverso conversazioni e meditazioni su quanto avvenuto.
Le donne sono subdole, mentre gli uomini prendono la situazione in mano e l'affrontano senza fermarsi a riflettere. Tutto troppo deprimente e tagliato con l'accetta.

lunedì 24 dicembre 2018

Bad Samaritan




Titolo: Bad Samaritan
Regia: Dean Devlin
Anno: 2018
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Una coppia di ladri si imbattono in una donna tenuta prigioniera all'interno dell'abitazione che avevano intenzione di derubare

Negli ultimi anni sembra esserci un nuovo sotto filone del thriller, un mix tra heist movie e home invasion.
Man in the Dark è stato tra i migliori in assoluto, non avendo una trama originalissima, ma sapendo lavorare molto bene sulla suspance. Elemento che Devlin, con un passato su cui per ovvie ragioni non starò a ripercorrere, all'inizio grazie anche al talento di Sheenan (attore che dopo MISFITS non sembra imbroccarne una) muove i primi passi per una costruzione che lasciava dei buoni segnali su quanto potesse raccogliere dopo un primo impianto di semina convincente e non così banale in fondo.
Il problema al di là di una durata troppo prolissa, è stata quella di mettere da parte le indicazioni su cui banalmente alcuni maestri del thriller e del giallo hanno fatto la storia del cinema, mescolando tanti elementi in forma sbagliata, con il risultato di far apparire tutto troppo telefonato quando una parte della storia, prima che diventasse davvero assurda ed esagerata, convincesse a piene mani.
Clichè a gogò, un villain che sembra anticipare qualsiasi mossa in modo del tutto immotivato, una serie di non colpi di scena e infine un climax che lascia davvero interdetti come la solita solfa di prendere idee dal mondo snuff e non saperle padroneggiare assolutamente.

Monster party


Titolo: Monster party
Regia: Chris von Hoffmann
Anno: 2018
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Tre ladri indebitati fino al collo si infiltrano in una festa dentro una villa, con il progetto di rubare i soldi dalla cassaforte. Piano piano si rendono conto però che gli invitati alla festa non sono quello che sembrano.

Monster Party è un altro di quegli horror che sulla carta appaiono interessanti con una trama furba e d'effetto ma che per qualche strano motivo ti aspetti dietro l'angolo la solita fregatura che stanne certo, prima o poi arriverà.
E così manco a dirlo è stato.
Certo meno noioso di quello che mi sarei aspettato dal momento che il sangue non manca e dal secondo atto diventa una mattanza generale con un ritmo sostenuto.
L'incidente scatenante con il padre preso in ostaggio è ai limiti della denuncia (Hoffmann voleva fare il botto ma l'esagerazione costa sempre molto se non sei capace a dosarla) e l'unico altro elemento assurdo ma che diventa funzionale alla vicenda, sembra strizzare l'occhio a Man in the Dark
e Society-The Horror , ovvero quello che la famiglia di pazzi relegata nella casa deve fare una sorta di cerimonia per festeggiare come con gli alcolisti anonimi, il fatto di non aver ucciso nessuno. Sono una famiglia di psicopatici serial killer che con il loro terapeuta stanno scontando questa sorta di accordo fino a che ovviamente i ladri di turno, teen ager con tanti sogni nel cassetto che andranno infranti per forza, fanno capolino...
Praticamente questa famiglia è tenuta sotto controllo da un uomo, l'unico a far davvero paura, il cui compito è placare la loro sete di sangue e la mancanza di un paio di giorni della settimana nella testa.

Non saprei che altro dire, se non che il finale non aggiunge molto e quello che fa lo aggiunge male, a questo punto era meglio rimanere nella casa a godersi la mattanza.

giovedì 13 settembre 2018

Fidele


Titolo: Fidele
Regia: Michael R.Roskam
Anno: 2017
Paese: Belgio
Giudizio: 3/5

Bénédicte, detta Bibi, è pilota di macchina da corsa. Quando Gino, detto Gigi, la incontra per caso, è amore a prima vista. Bibi ha una carriera e una famiglia, Gigi ha solo un grande segreto, che rischia di divorare entrambi. Fedeli al loro amore, i due andranno incontro ad un destino difficile.

Gigi e Bibi.
Voglio troppo bene al cinema di Roskam e al suo attore feticcio, Schoenaerts , per maltrattare questo pasticciato e confuso film che regala però dei momenti molto intensi e potenti che non possono mancare in un polar.
Estremo verso il finale forse esageratamente allucinato nella sua idea di raggiungere l'utopico e irraggiungibile fantasma dell'amore assoluto (l'ultima scena è quasi folle) Fidelè che da noi finalmente è arrivato anche nei cinema è un toccante ma incongruente ed eccessivo mix tra polar, noir, gangster movie, love story e adrenalinica corsa tra macchine, cani e umani.
Un film che apparentemenete ha una trama molto flebile dove però Roskam sembra inserire di tutto fino a farlo diventare straripante procedendo per accumulo ma allo stesso tempo riuscendo sempre ad avere una sua alchimia e un'armonia seppur negli eccessi che non mancano.
Un film con tante e brusche ellissi temporali che si sposta da una corsa a delle ville fatiscenti fino a delle celle minuscole o addirittura gabbie dove venir confinati.
Dal macro al micro. Tutto è così come nel cinema del regista belga.
Il merito più grosso che altrimenti avrebbe decretato un mezzo fallimento è quello dell'alchimia tra i due attori dove entrambi hanno uno spessore psicologico importante nonostante i loro segreti ci vengano rivelati fin da subito e conferisce soprattutto a Bibi un personaggio molto complesso che dopo essere stata presentata come forte e indipendente pilota finisce per diventare una sorta di martire dell’inguaribile e rovinoso stile di vita del suo Gigi, annullando la propria personalità per la salvaguardia di un amore tragicamente impossibile, sul quale la sceneggiatura fa piovere ogni sciagura possibile e immaginabile.


domenica 24 giugno 2018

Hurricane Heist


Titolo: Hurricane Heist
Regia: Rob Cohen
Anno: 2018
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Venticinque anni dopo la morte del padre, vittima di uno dei tornado cui aveva sempre dato la caccia, Will è un meteorologo del Governo impegnato a studiare Tammy: un uragano in arrivo sull'Alabama che si preannuncia essere il più violento nella storia degli Stati Uniti. Mentre gli abitanti cominciano ad evacuare la zona, Will, suo fratello Breeze e la determinata agente del Tesoro Casey si ritrovano soli in mezzo alla furia dell'uragano e, allo stesso tempo, alle prese con un gruppo di rapinatori che vuole approfittare dell'imminente catastrofe per compiere il colpo del secolo: una rapina da 600 milioni di dollari alla Zecca dello Stato.

A volte mi avvicino ai thriller per motivi futili sapendo già che non mi troverò di fronte a chissà che storia. Proprio il soggetto in questo caso è l'elemento già pre masticato che abbiamo visto almeno una ventina di volte in altri ibridi.
Gli americani del resto, rispetto agli europei, dovendo far uscire migliaia di film in più spesso prendono questa strada che loro chiamano scorciatoia. I risultati però in termini narrativi si vedono subito. L'ultima prova che un cinefilo a volte svolge, potendosi disinteressare dalla sceneggiatura che è telefonata come poche, è quello di trovare somiglianze con altri film. In questo caso su tutti HARD RAIN, in cui per farla breve qui vengono infilati gli stessi tre ingredienti: c’è la rapina, il buddy cop e pure il disaster movie (ecco l'ultimo lì era una tempesta, qui invece uragani)
Ora Rob Cohen lo sappiamo tutti non è bravo come il fratello. Il mestiere come tecnico di certo non gli manca e infatti negli ultimi vent'anni ha firmato moltissimi blockuster anche se tra i peggiori.
Negli anni Ottanta ha prodotto roba come LE STREGHE DI EASTWICK, L'IMPALACABILE, SCUOLA DI MOSTRI e fin qui ci siamo eccome sono dei signor film, mentre nei novanta ha deciso che era giunto il momento di passare a dirigere fantasy come DRAGONHEART prima di arrivare a grattare il fondo con i film più tamarri mai visti FAST & FURIOUS e XXX
La sua parola d'ordine è intrattenimento. In questo caso appunto sembra rispondere al meglio alla domanda di partenza e per l'appunto Hurricane è sicuramente meglio dei suoi ultimi lavori se non altro perchè non cerca quel filone teen che rischia di intrappolarlo in un limbo.
Il problema grosso dell'ultimo film di Cohen jr è quello di aver messo troppa carne al fuoco, di non aver saputo sfruttare al meglio un buon cast anche se sono nomi che i più non conosceranno e lasciando più domande che risposte su tutte le sotto trame che il film sembra apriire ma poi forse aspetta che sia l'uragano a chiuderle.

martedì 1 maggio 2018

Nella tana dei lupi


Titolo: Nella tana dei lupi
Regia: Christian Gudegast
Anno: 2018
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

«Big Nick» O'Brien dirige una squadra anticrimine a Los Angeles, la capitale mondiale del cinema e delle rapine in banca. Una rapina più sanguinosa delle altre, poliziotti abbattuti per rubare un furgone blindato vuoto, gli ha tolto il sonno. Piantato dalla moglie, che non sopporta più il suo stile di vita, O'Brien si butta a capofitto nel lavoro. Con un manipolo di uomini indaga sul crimine e incontra Donnie, gestore di un pub e chiave di accesso al mistero. In corsa contro il tempo, O'Brien deve vedersela con un cattivo professionista che ha deciso di espugnare la Federal Reserve Bank, un palazzo governativo ritenuto impenetrabile, per trafugare trenta milioni di dollari ritirati dalla circolazione e destinati al macero. Ma O'Brien ancora non lo sa.

Si è fatto un gran parlare di questo ennesimo poliziesco con richiami alla grande rapina e all'heist movie che negli ultimi anni è tornato abbastanza in voga. Il primo vero problema del film di Gudegast è che non ha niente di originale anche se a detta di molti consacra il genere sviluppandolo al meglio e inserendo tante di quelle citazioni o omaggi uno dopo l'altro che ormai a Hollyqwood sembra diventata una sorta di epidemia con il risultato che spesso e volentieri è abusata.
Come si può pensare nel 2018 che una forza speciale di polizia sia più corrotta degli stessi criminali sia un'idea originale? A me sembra che sia stata utilizzata più volte.
Gli attori sono tutti fuori parte esagerando terribilmente e uscendo troppo dalle righe (Butler su tutti), scimmiottando i soliti stereotipi sui poliziotti corrotti e la band criminale che prendono di mira. Gudegast non solo non è Michael Mann ma dovrebbe smetterla di provare a citarlo e parlo ovviamente per le copiature venute davvero male come il gunfight in autostrada che rispetto a HEAT dovrebbe solo avere la decenza di mettersi da parte senza contare l'intrigo, le sparatorie e il testosterone assoluto della pellicola figlia di un machismo moderno.
Un film adrenalinico, troppo lungo, con alcuni personaggi insopportabili e un cast che poteva dare qualche cosa di meglio.



mercoledì 31 gennaio 2018

Logan Lucky


Titolo: Logan Lucky
Regia: Steven Soderbergh
Anno: 2017
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Jimmy Logan, ex quarterback con una gamba offesa, e Clyde Logan, veterano dell'Iraq senza un braccio, decidono di organizzare una rapina. Separato dalla consorte e licenziato dal boss l'uno, single con pub l'altro, i Logan vivono nell'America rurale, collezionano una sfortuna eterna e perpetuano una maledizione familiare. Ma quella superstizione, esemplificata dal corso disastroso delle loro esistenze, diventa la loro chance: una buona copertura (chi accuserebbe mai due storpi?) e una buona occasione (giunti a questo punto, i Logan non hanno niente da perdere).

L'heist movie appassiona proprio tanto Soderbergh che dopo quei capitoli sconclusionati che parevano essere solo una parata di star che diceva e faceva cose assurde OCEAN'S vattelapesca e che altro non era che la gara tra Clooney e Pitt per chi c'è l'avesse più lungo.
Ora questo film qui essendo marcatamente più indie e meno commerciale ha tanti ingredienti belli che la saga non aveva e non poteva avere.
Prima di tutto i soldi, poi le star antipatiche (qui comunque non mancano ma se la tirano di meno eccezzion fatta per Tatum che proprio non ci riesce) e infine i dialoghi e l'interpretazione di Adam Driver che sempre di più si sta affermando come uno degli attori del momento per la semplicità che riesce a dare ai suoi personaggi.
La scelta produttiva è stata notevole. Soderbergh ha voluto produrlo in maniera completamente autonoma rispetto alle major sganciandosi da logiche che ne avrebbero potuto limitare la libertà creativa: "È una specie di esperimento, come lui stesso spiega:Per testare questa teoria di distribuzione avevo bisogno di un film commerciale con delle star del cinema che giustificassero una distribuzione capillare, in una situazione che però mi consentisse l'assoluto controllo creativo".
Proprio negli intenti l'America che il regista ci racconta è molto più cupa e meno snob, scegliendo tra le altre cose il sottosuolo della Nascar a differenza dei casinò di Los Angeles, una scelta che rivela anche tutti quegli scarti e frammenti di un’umanità che, oggi, deve soprattutto pensare alla sopravvivenza dei sogni e dei sentimenti.

giovedì 4 gennaio 2018

Bullet Head


Titolo: Bullet Head
Regia: Paul Solet
Anno: 2017
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Tre criminali, dopo aver messo a segno un grosso colpo, si ritrovano intrappolati in un magazzino Con la polizia alle calcagna, a dar loro la caccia è anche un cane gigantesco e feroce…

Vi manca veder scimmiottare Adrien Brody e John Malkovich senza nessun apparente motivo con dialoghi sconclusionati che non vogliono dire nulla? In più il terzo giovane incomodo un po sfigatello e senza esperienza non poteva che essere l'insopportabile Rory Culkin (fratello e sosia di Macaulay) già visto in Jack goes home ancora non in grado di padroneggiare la scena.
In più per il nemico si è andati su Banderas che ormai è a buon prezzo come il resto della crew di attori ormai appannati.
Produzione americana ma con una co produzione bulgara che mi fa pensare a queste solite strategie per cui dovevano disfarsi di parecchi soldi (forse sporchi) per chissà cosa e così hanno chiamato queste star per fare un film che non vuol dire niente e in cui nessuno ci crede dall'inizio alla fine e che dovrebbe essere un mix tra CUJO e le IENE.
Con una regia scialba che non è riuscita a dare coraggio e forza oltre che ritmo al film.
Alla fine chi recita meglio è il grosso cane della fine che poi sarà veramente cattivo? Oppure è solo il risultato di lotte clandestine? Tra un momento di non-sense e l'altro (il film ci mette davvero troppo ad ingranare con l'inizio nell'edificio abbandonato di una noia mortale) vediamo flash-back di una sofferta storia d'amore tra Brody e la sua fanciulla. Penso di aver detto abbastanza....