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domenica 23 gennaio 2022

Forbidden Room


Titolo: Forbidden Room
Regia: Joko Anwar
Anno: 2009
Paese: Indonesia
Giudizio: 4/5

Gambir è uno scultore di successo, le cui opere celano un segreto suggeritogli da sua moglie Talyda. Una strana richiesta di aiuto compare sulla porta della loro casa e Gambir sente con angoscia che qualcuno in città ha bisogno del suo aiuto.
 
Negli ultimi anni una delle cose più belle arrivate dall'Indonesia si chiama Joko Anwar.
Uno che ne sa di paura e che ha saputo ridare enfasi al folklore locale con degli horror interessanti e potenti Impetigore, MODUS ANOMALI, A MOTHER'S LOVE e cimentarsi con il cinema di genere Gundala e la serie ancora inedita da noi del 2015 HALFWORLDS dimostrandosi un autore completo e anticonvenzionale.
E qui con Forbidden Room siamo di fronte ad un horror molto interessante perchè mischia tanti generi dal dramma al noir al thriller psicologico al giallo al grottesco allo splatter al torture.
Con una discesa all'inferno di un protagonista quanto mai vittima di un complotto dove a suo malgrado farà di tutto per rendersi complice.
Un dramma sociale dove la violenza sui bambini e questa strana setta in cui si possono visionare le scene più aberranti e splatter che avvengono nelle case dei prescelti, una via di mezzo tra tematiche snuff e molto altro ancora. E poi è un film sulle diseguaglianze, sulla borghesia, sull'arte, sul matrimonio e sull'importanza di dare alla luce un figlio. Un film enormemente complesso che riesce però nelle sue molteplici citazioni a non essere mai pesante e fuori luogo creando un film estremamente disturbante e pieno di riferimenti colti e mai gratuiti anche quando assistiamo a scene di una violenza senza senso soprattutto ai danni di un bambino lasciando lo spettatore davvero disarmato perchè come il protagonista vorrebbe poter cambiare le cose. E' infine la porta proibita..nascosta nel labirinto della mente di Gambir


giovedì 17 dicembre 2020

Gundala


Titolo: Gundala
Regia: Joko Anwar
Anno: 2019
Paese: Indonesia
Giudizio: 3/5

Abbandonato da tutti, un ragazzo decide di aiutare gli altri proprio quando l'intera nazione va in crisi.

L'Indonesia negli ultimi anni è stato sinonimo di botte e cinema action di arti marziali con incursioni un po dappertutto per quanto concerne la violenza. Gundala avvicinandosi ai comics, ha più o meno le stesse ambizioni e finalità, con un viaggio dell'eroe per cercare di salvare il suo disastrato paese. E' così che il piccolo Gundala perde il padre ucciso perchè lottava per i diritti dei lavoratori e cresce solitario senza madre aiutato da altri randagi come lui.
Joko Anwar è in uno stato creativo molto importante avendo girato film diversi con finora l'opera migliore che per me rimane l'horror Impetigore
.Eppure Gundala convince solo in parte nel suo voler comunque essere un film di genere.
Troppi combattimenti di cui alcuni coreografati abbastanza maluccio, dato inaspettato avendo a disposizione maestri di Silat che come per la saga di Raid Redemption al di là della velocità colpivano duro facendo proprio male.
Qui invece sembra quasi un allenamento. Andando avanti come dramma sociale è troppo stereotipato, lento e lungo nello strutturare una storia di fatto molto semplice ma che prova e cerca di essere a suo modo complessa in alcune parti sfiorando un discorso sulle diseguaglianze che tutti ormai conoscono. Gli orfani nel finale e la battaglia con l'eroe sono tra i momenti più belli perchè almeno ridanno enfasi all'action come a sottolineare una caratteristica intrinseca di una pellicola come questa e forse fino a prova contraria il momento più alto.

domenica 22 novembre 2020

Impetigore


Titolo: Impetigore
Regia: Joko Anwar
Anno: 2019
Paese: Indonesia
Giudizio: 4/5

Una donna torna nel suo villaggio e scatena una maledizione.

Joko Anwar assieme ai Mo Brothers sono i nomi da tenere sott'occhio del cinema di genere indonesiano. Entrambi si sono dati da fare con horror, thriller, super eroi, case infestate e in questo caso si supera quello che per me era l'opera più intensa proprio dei Mo Brothers ovvero Macabre. Impetigore dalla sua ha una storia molto più ambiziosa e complessa andando a sondare il folklore locale in un paesino sperduto tra case abbandonate, una comunità che non accetta lo straniero se non in quanto vittima sacrificale o capro espiatorio e ci porta subito sui binari della narrazione ritualistica. Pezzo per pezzo scopriamo la storia di Maya con un incidente scatenante molto interessante e originale, scorrendo poi verso il paesino sperduto e mostrando tutto il caos e il degenero che verranno partoriti a danno proprio della fertilità. Sacrifici, uccisioni, antiche maledizioni, spettacoli di marionette in un film mistico quanto splatter e gore in alcuni momenti.
Anwar approfondisce, miscela, crea un cocktail di sotto generi che in molti casi e in mano ad artisti meno promettenti avrebbero deluso senza riuscire a mantenere tutte le premesse. Invece questo dramma ambizioso poggia le radici nel misticismo, in alcuni outsider dimenticati e scarnificati fuori dal villaggio, una dinastia e un mistero circa le proprie radici intrecciando la magia nera con risultati niente affatto scontati. E infine tanto sangue, muoiono quasi tutti e il film regala davvero poco in termini di happy ending come è giusto che sia.




sabato 10 novembre 2018

Night comes for us


Titolo: Night comes for us
Regia: Timo Tjahjanto
Anno: 2018
Paese: Indonesia
Giudizio: 4/5

Ito, un ex scagnozzo della Triade, al suo ritorno a casa dopo un periodo all'estero deve proteggere una giovane ragazza. Dovrà tentare così di tenersi lontano dal mondo criminale di cui faceva parte e dalla violenta guerra che si sta combattendo tra le strade di Giacarta.

Quando ci si trova di fronte ai film action di arti marziali, in particolare indonesiani, bisogna subito aprire una parentesi. Come in questo caso e in tutti gli altri ci troviamo di fronte a qualcosa di superiore a tutto ciò che ci è capitato di vedere finora. Nemmeno se Miike Takashi si facesse aiutare dai coreografi dei film cinesi wuxia si arriverebbe mai a fasti simili.
Il perchè è semplice. Gli attori. La grandezza degli stunt man. La preparazione fisica degli attori.
La follia e non in ultimo, la potenza delle immagini che distruggono quasi tutto ciò che è stato fatto fino ad oggi.
Ora il film in questione dimostra pure come non sia nemmeno l'effetto del regista a dare così tanto valore aggiunto, da Evans si è passati a Tjahjanto, è di fatto a noi ciò che importa è il risultato, le mazzate e anche ogni tanto magari qualche dialogo non proprio così buttato in un recinto di maiali.
La storia è sempre bene o male la stessa. Che sia vendetta o redenzione, di solito sono sempre questi i due elementi principali attorno a cui si dipana la storia.
In più anche la cerchia di attori è sempre la stessa con qualche aggiunta, ma la squadra diciamo che è composta dalla maggior parte degli attori già visti in Aknyeo-The Villainess , Headshot, Killers, Raid 2
Raid Redemption e compagnia varia.
Night comes for us è un action come quelli citati prima con un ritmo ancora più devastante, violentissimo, a volte splatter, con palle da biliardo che spaccano i crani e coltelli che eviscerano budella come se niente fosse. Un'iperbolica corsa sfrenata viscerale, che come dicevo, mette al primo posto gli indonesiani per come hanno saputo riscrivere i canoni degli scontri corpo a corpo in un turbine che non può che far esaltare lo spettatore.
Ancora a differenza degli altri, qui il livello di violenza è davvero a dei livelli quasi mai visti per il sotto genere in questione. Chissà cosa si inventeranno.







martedì 11 aprile 2017

Headshot(2016)


Titolo: Headshot(2016)
Regia: Mo Brothers
Anno: 2016
Paese: Indonesia
Giudizio: 3/5

Un uomo soffre di amnesia e non ricorda il suo passato quando era sfruttato come una macchina da guerra per uccidere le persone. Un giorno però si imbatte nei criminali che lavorano ai servizi di un vendicativo trafficante di droga e il suo passato ritorna a galla.

Ormai l'Oriente ha spodestato definitivamente l'Occidente sul cinema delle arti marziali e alcune sotto branchie del cinema d'azione. Basti pensare agli Yakuza Movie come alcuni polar nipponici e cinesi, senza peraltro contare la potenza degli ultimi anni del cinema sud coreano.
In fondo è sempre stato così dai tempi di Bruce Lee. E'un fattore culturale che li appartiene.
Iko Uwais è diventato il nuovo paladino delle arti marziali dopo Tony Jaa. Indonesia vs Thailandia. Un bello scontro tra due paesi che mettono in ballo mazzate di una violenza cosmica e con un ritmo eccezionale che spesso e volentieri mostra lunghi piani sequenza per valorizzare il talento degli attori e la quasi totale assenza di stunt man.
Uwais dopo i due capitoli di Raid Redemption Raid 2 per il gallese Evans, è stato prelevato dai due fratelli che hanno avuto in patria un mezzo flop con il difficilissimo Killers. Un film cupo, teso e complesso che purtroppo non è riuscito ad avere successo anche a causa di una violenza gratuita molto perversa.
Headshot è pieno di scene d'azione che lo rendono estremamente divertente e realistico ma ancora una volta l'aspetto provvidenziale per mostrare che cosa ci si aspetta da film di questo tipo e nella trama che definire imbarazzante è poco.
Alcune carneficine come quella in prigione e sul pullman sono di una violenza inenarrabile con arti mozzati e quant'altro, il tutto ovviamente condito con una realisticità a tratti inquietante.
Questa incredibile alleanza dovuta tutta a Evans che di fatto ha organizzato l'incontro tra i registi e la star, diventa importante per poter sancire un sodalizio che speriamo porti a tante altre pellicole di sonore mazzate come questa che diventano oro colato dal momento che dall'altra parte del mondo ci tocca vedere gente improbabile che si cimenta in film di arti marziali senza averne la stoffa.

domenica 2 novembre 2014

Killers

Titolo: Killers
Regia: Mo Brothers
Anno: 2013
Paese: Indonesia
Giudizio: 3/5

A Tokyo un serial killer uccide delle donne e pubblica on line i suoi crimini violenti. A Jakarta, una solitario vigilante carica in rete la sua follia omicida per mostrarla al mondo. Il gioco psicotico si trasforma in una battaglia tra i due uomini per ottenere sempre più notorietà. Ben presto sarà chiaro che è solo una questione di tempo prima che i due assassini si trovino faccia a faccia.

Tutte le ultime coppie di registi vanno aspettati al varco della seconda opera. In questo caso il duo spiccava all'occhio per il violentissimo e crudele MACABRE film con un soggetto già visto ma pieno di trovate e scene ad alto impatto visivo.
Killers è ambizioso quanto difficile, crudele quanto bisognoso di fare uno sforzo maggiore, per riuscire a rimanere su un piano in cui la scrittura non diventa il fanalino di coda dell'estetica.
Dal punto di vista della storia, lo svolgimento è troppo lento, la durata è eccessiva e i temi sono limitati e con risvolti abbastanza banali
Questa coppia di registi indonesiani devono avere un problema con le rispettive madri o la rispettiva madre. Se in MACABRE era una pazza psicopatica cannibale, nel secondo, uno dei due protagonisti brucia il cadavere che tiene su una brandina nascosto in stanza.
Gli omicidi e le scene di tortura per quanto volutamente cruente alla fine poi non lo sono, si rimane quasi di stucco, ad osservare i carnefici e il modus operandi che seguono alla regola.
Eppure Killers tralascia alcuni aspetti essenziali della storia o meglio della realisticità della vicenda.
Come il tipo di Jakarta che và a casa delle vittime con troppa facilità (sono politici e avvocati importanti, difficile pensare che non abbiano una scorta) così come l'altro di Tokyo che troppo facilmente abbindola le ragazze che poi ucciderà.
Certo può essere una scelta quella dei due registi, ma così facendo accelerano la loro voglia di forzare troppo quel lato del soggetto, senza rivelare o sviluppare a pieno la veridicità dei fatti.
In un finale che assieme alla fuga del tipo di Jakarta dall'hotel, rappresentano i punti più alti e disperati del film, Killers proprio per il suo bisogno convulso di far crollare ogni minima certezza e giocando su alcuni estremi forzati, diventa alla fine un dramma esistenziale, di due persone che in un qualche modo cercando di comunicare ed esprimere il loro disagio, chi biologicamente portato e chi invece paralizzato dalla sofferenza e dall'angoscia di veder perdere le persone più importanti della sua vita, diventano a tutti gli effetti dei vigilanti solitari e spietati.

mercoledì 2 luglio 2014

Raid 2

Titolo: Raid 2
Regia: Gareth Evans
Anno: 2013
Paese: Indonesia
Giudizio: 3/5

Dopo aver sgominato una gang e aver attirato le attenzioni della mala indonesiana, Rama è costretto a cambiare identità: dovrà trascorrere un periodo in carcere per infiltrarsi nell'organizzazione di Bangun e dell'ambizioso figlio Uco e rompere la ragnatela di corruzione estesa come un virus in tutta Djakarta.

Come ogni film d'azione che si rispetti, Raid 2 riprende da dove era terminato e Rama si trova di nuovo in una situazione di merda da cui non ci sono grosse speranze di uscita soprattutto se le famiglie sono due e i nemici si moltiplicano come i numeri mancanti di un livello di sudoku.
Ora però vogliamo parlare di questi 148', in cui il film si concentra, e non risparmia nulla circa i dialoghi e tutti i passaggi rituali tra famiglie mafiose alle volte estenuanti o con dialoghi ridondanti che sembrano inseriti per prendere tempo.
Purtroppo se da un lato lo stile, lo sfarzo e le perfette ambientazioni danno ancora più realisticità e stupore alle scene, si rimane davvero troppo tempo intrappolati in dialoghi che spesso e volentieri si ripetono o appaiono davvero banali nella loro scarsa importanza.
Raid è un film da ricordare per il ritmo, i combattimenti e la quasi assenza di controfigure.
Il regista gallese emigrato in Indonesia avanza per addizione senza mai sottrarre, le sequenze di lotta cercano ambientazioni nuove (il carcere, la metro, la macchina) in vista di uno showdown finale davvero esplosivo e di una violenza senza limiti e censura.
Raid a differenza dei film di genere americani assieme ai suoi contemporanei, verrà ricordato ora più che mai per alcuni traguardi in stile action e per aver dato vita ad un dramma stilizzato iperviolento come non c'è ne vengono in mente altri.





lunedì 30 luglio 2012

Raid Redemption


Titolo: Raid Redemption
Regia: Gareth Evans
Anno: 2011
Paese: Indonesia
Giudizio: 4/5

Una squadra speciale della polizia prende d'assalto il condominio-fortezza di un signore della droga, anche se si rende conto ben presto di essere attesa dai criminali. E l'accoglienza non è delle migliori.

Evans è ritornato dopo l’esordio con il buon MERANTAU.  Dopo due anni il regista cresce e così il suo cinema e la sua capacità di gestire l’azione allargandola senza rimanere nel microcosmo del film precedente.
 Anche se quasi tutto sembra girato in un’unica location (mega edificio tipo favelas dove vivono e lavorano alcuni trafficanti di droga) dopo i primi dieci minuti, il ritmo diventa spericolato e dopo un’ora invece la parte rimasta un po’ sotto le righe (ovvero i combattimenti) esplodono in alcuni incontri tra i più lunghi e violenti della storia del cinema delle arti marziali.
L’Indonesia non è molto famosa ed esperta con il cinema di genere. L’exploit infatti era difficile e cercare come in questo caso di esagerare con le mazzate e le pallottole non era affatto facile, soprattutto se il film si prende pesantemente sul serio e, menzione speciale, ci riesce.
Iko Uwais è l’attore feticcio di Evans. Prima con MERANTAU e ora, sembra proprio quello sguardo vigile e attento a cercare di comprendere la violenza dei colleghi e cercare di mediare il più possibile sfruttando al meglio il Silat e le splendide coreografie. Da entrambe le parti ci sono gli eccessi ma Evans, a differenza di Prachya Pinkaew, si ricorda che anche la storia dalla sua richiede un minimo d’investimento e qui il soggetto ha la sua importanza, dimostrando di conoscere meglio il motore della narrazione, e riuscendo quindi ad ampliare il successo e la maturità del film.

lunedì 17 ottobre 2011

Macabre


Titolo: Macabre
Regia: The Mo Brothers
Anno: 2009
Paese: Singapore
Giudizio: 3/5

Rumah Darah è il titolo di questo horror indonesiano che non dice nulla di nuovo sul genere ma riesce ad intrattenere molto bene e porta a casa una sequela di scene a tasso alto splatter e alcune trovate notevoli.
Un manipolo di amici trovano una fanciulla sola in mezzo ad una strada che dice di essere stata rapinata così the goodfellas (tra cui una coppia di neo-sposi con tanto di pancione) riportano a casa la giovane e vengono invitati a pranzo dalla madre con gli altri membri della famiglia.
E’difficile accettare una delle regole di questo sotto-genere ovvero lo stereotipo  secondo cui entrando in una casa e vedendo persone alquanto improbabili non si arrivi già a domandarsi quello che potrà succedere…probabilmente sfatando questa costante non ci sarebbe più il genere ma l’horror proprio per le sue varianti  e per la sua continua voglia di portarsi agli eccessi può e dovrebbe a mio parere sfatare ogni tanto qualche regola stereotipata e infatti alcune delle più grosse novità nel genere prevedono proprio questi strappi.
Macabre dal canto suo non aggiunge nulla (sembra guardandolo di vedere alcuni momenti di DUMPLING,A L’INTERIOUR e FRONTIERS) ma quello che mette in tavola è apparecchiato con mooolta grazia e senso estetico sopraffino.
Al di là di questo i fratelli Mo(Kimo Stamboel e Timo Tjahjanto) scrivono e dirigono e lo sanno fare proprio bene. A livello tecnico il film come gran parte del cinema orientale e impeccabile.
Trovano alcuni visi psichiatrici degni di nota, la famiglia di Maya, in particolare Dara e il figlio sono dei veri e propri “elementi”che vale la pena di vedere per farsi un’idea.
Alcune tematiche ritornano (la carne,il parto,i video demoniaci, la magia nera, sparatorie, sangue a fiumi, sciabole, feti in vitro,etc)che fanno di Macabre una perla del genere capace di rispondere alla domanda che se anche nel genere la trama è scontata, la genialità dei registi/sceneggiatori sta nel creare un apparato macabro e malato degno di nota.
Rigorosamente da vedere in lingua originale per ascoltare la voce di Dara e fate attenzione al fratello di Maya, un magro maestro di arti marziali e tanta altra roba fuori dall’ordinario.


giovedì 15 settembre 2011

Merantau


Titolo: Merantau
Regia: Gareth Evans
Anno: 2009
Paese: Indonesia
Giudizio: 3/5

Merantau è un rito centenario di passaggio che deve essere fatto dai giovani uomini della comunità che devono lasciare le comodità del loro villaggio e farsi un nome per se stessi nella città di Jakarta.
Guardandolo mi è venuto in mente Ong Bak.
Probabilmente non solo a causa della somiglianza tra il protagonista Iko Uwais e Tony Jaa ma per le diverse analogie che si ripropongono tra i due film.
Qui siamo in Indonesia a differenza della Thailandia eppure il viaggio dell’eroe tra i due protagonisti per certi aspetti è molto simile. Entrambi poveri cercano di farsi un nome o una carriera, chi inseguendo i suoi sogni e sperando di vivere insegnando il suo stile, chi invece affidandosi a ciò che trova.
Questo a differenza dell’altro è più lento, più narrativo, l’azione non manca ma parte lentamente e ingrana solo dopo la mezz’ora, condivide lo sguardo di un protagonista per certi aspetti timido, non abituato alle grandi città e “puro” di cuore che dovrà scoprire a sue spese la difficile realtà consumista.
Ora invece veniamo all’aspetto sicuramente non trascurabile e molto meno americanizzato, rispetto a Ong Bak, per americanizzato intendo più tamarro e inverosimile in alcune scene, aspetto che Merantau invece cerca di non riproporre e mostrando le prodezze e uno stile tutto sommato poco conosciuto: il Silat.
Alcuni aspetti minori del film sono come ho detto il ritmo che a volte s’impappina diventando davvero lento, la storia che non è nulla di originale, ma risulta essere l’archetipo più utilizzato, l’insensatezza di alcune scene che appaiono quasi ridicole (Astri deve lasciare Adit nel nascondiglio inseguito dai banditi, eppure per quanto loro gli siano attaccati, i due riescono a parlare per circa due minuti senza che gli altri arrivino, oppure il fatto che Yuda il protagonista entra direttamente nei covi criminali a mani nude inscenando risse da baraccopoli e così uno si chiede se questi loschi trafficanti di donne e organi non abbiano tra tutti quanti una pistola per sparare al giovane esagitato…)
Per il resto si lascia vedere e il colpo di scena finale merita un encomio speciale.

mercoledì 23 marzo 2011

Opera Jawa

Titolo: Opera Jawa
Regia: Garin Nugroho
Anno: 2006
Paese: Indonesia/Austria
Giudizio: 3/5

Tragedia indonesiana sotto forma di musical. Tratto dal poema epico indù Ramayana-Rapimento di Sinta, la storia racconta di Setyo e Sita una coppia di giovani sposi che vivono della vendita di vasi di terracotta in un villaggio dell’Indonesia.
Ludrero è un ricco commerciante che approfitta dello scarso guadagno di Setyo, per conquistare Sita. Naturalmente non vi aspettate un lieto fine.
Difficile da catalogare questo film del non esordiente Garin, i tempi lunghi in cui talvolta dimentichi il punto di partenza o che cosa sta realmente succedendo, come gli inizi degli scontri della guerra civile che scoppia nella città.
Tutto il film è costituito da danze tipiche javanesi in cui protagonisti sono tutti omini e donne. Tra l’altro l’attore che interpreta Setyo è veramente fenomenale. Balla in una maniera sconvolgente e riesce ad impersonificare la tristezza e la vendetta allo stesso tempo.
Belle anche le canzoni anche se a lungo andare diventano leggermente snervanti.
Alcune soluzioni di regia le definirei geniali come alcuni travestimenti in mostri tipici del luogo.
Un film che trova il punto di forza soprattutto nei territori incontaminati ed inesplorati dell’Indonesia unite ad una fotografia eccellente capace di trasformare in un quadro immagini che partono dal surreale per sfociare nel grottesco.