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giovedì 22 ottobre 2015

Suburra

Titolo: Suburra
Regia: Stefano Sollima
Anno: 2015
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

12 novembre 2011. Silvio Berlusconi rassegna le sue dimissioni da Presidente del Consiglio. La storia di Suburra, basato sul romanzo omonimo di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini, comincia sette giorni prima, immaginando che proprio allora Papa Ratzinger prenda la storica decisione di abbandonare il ruolo di pontefice. Il film è dunque incorniciato da due abbandoni "paterni", è dedicato da Stefano Sollima al padre Sergio, e racconta l'assenza (o la defezione) delle figure maschili di riferimento nella società italiana, attraverso le avventure di un gruppo di uomini cui viene continuamente ripetuto di non essere all'altezza del proprio genitore.

Suburra prima di tutto è un film da guardare con gli occhi del cinema e non della realtà.
Un western metropolitano con tanta azione, un accordo funzionale con la Netflix,
uno schema corale che in due ore vuole comunicare e spettacolarizzare molti momenti, tutti legati in un arco temporale, prima di esplodere in un finale che sembra ricordare alcuni libri di Ammaniti.
Suburra è quel tentativo di puntare e giocare su un terreno "fertile" del cinema di genere che è il gangster-movie, fumettizzandone i modi e i caratteri e evidenziando solo il sistema di potere partendo dalla rivoluzione dei pesci piccoli, da quelli di Ostia, agli zingari di Casamonica, la cosiddetta "quinta mafia" ovvero quella romana di Mafia Capitale.
Dedicato al padre Sergio Sollima (CITTA'VIOLENTA, IL DIAVOLO NEL CERVELLO, REVOLVER) significa tanto e tanto il figlio sembra aver imparato dal padre e da quel giro di amicizie ancorate al cinema di genere italiano, che sembra ora in una piccolo momento di rinascita, anche se quasi per assurdo solo nelle mani della capitale.
Sono però purtroppo anche molte le esagerazioni su cui a mio parere pubblico e critica hanno gridato entusiasti, dal cast misurato e nulla più (il samurai sono venuto a sapere che era un ex componente della Banda della Magliana ma nel film è difficilissimo da capire), fino al finale purtroppo troppo americano e scontato e allo stesso tempo inverosimile spezzando quella sorta di continuità grottesca e nostrana invece verosimile seppur forzata e portata alle estreme conseguenze.
La scena di Malgradi all'inizio nell'hotel con le escort rimane ancora adesso la più forte e la più inquietante dando proprio quella sensazione di laido e di completamente accessibile, che sembra, anche se in una microcomponente portare alle feste Bunga Bunga etc.