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mercoledì 6 febbraio 2019

Ghoul


Titolo: Ghoul
Regia: Patrick Graham
Anno: 2018
Paese: India
Stagione: 1
Episodi: 3
Giudizio: 3/5

In una remota prigione militare arriva un nuovo detenuto che il governo ritiene molto pericoloso: è il temuto terrorista Ali Saeed Al Yacoub. Per condurre il suo interrogatorio viene inviata sul posto una donna soldato, Nida Rahim, che ha dimostrato in precedenza abilità e senso del dovere al di fuori della norma, tanto da aiutare le autorità ad arrestare il proprio padre. La giovane agente, però, si renderà conto che il criminale nasconde delle abilità soprannaturali di matrice demoniaca che gli consentono di conoscere i segreti più intimi di tutti i militari nel carcere e di utilizzarli contro di loro. Il terrorista prenderà il controllo dell'intero carcere, ma Nida riuscirà ad affrontare questa nuova missione?

Le mini serie quando hanno temi accattivanti sono le benvenute a dispetto di serie infinite con ad esempio 20 episodi a stagione.
Il tempo è importante. Ghoul si trova tra Netflix e Blumhouse (che stimo sempre di più per il loro coraggio). Il risultato è un prodotto d'intrattenimento interessante sotto certi aspetti, che cattura un taglio internazionale pur essendo un prodotto indiano, una cinematografia, che tolta Bollywood da noi non è ancora molto conosciuta quando invece dovrebbe vista l'enorme capacità di avvicinarsi e indagare il noir, il poliziesco e l'horror.
In questo caso ci sono diversi aspetti che decretano un significativo passo avanti per le produzioni e per cercare di sfruttare il tema della possessione, che andrà sempre di moda, e mischiarlo con un futuro distopico ( che poteva anche non esserci dal momento che risulta slegato in parte dalla vicenda), una scenografia quasi interamente in una prigione e il folklore locale legato alla storia dei demoni Ghoul o Jiin onnipresente anche in Medio Oriente.
Diciamo pure che Graham aspetta un po prima di concedere azione e ritmo in abbondanza.
Il primo episodio parte in sordina facendo incetta di particolari, alcuni utili, altri trascurabili per andare subito a raccontare i personaggi e la piramide sociale presente nella prigione, con tutte le regole e i ruoli che la donna piano piano comincia a ricoprire. In questo caso anche il tema del terrorismo per quanto ultimamente risulti abbastanza abusato è funzionale, come scusa per lo stato ad usare qualsiasi mezzo contro i prigionieri o presunti complici, facendo soprattutto leva sui parenti e sulle minacce.
L'aspetto su cui ruota meglio la vicenda legata proprio alla caratterizzazione della protagonista, una poliziotta cazzuta che pur di aiutare la giustizia arriva a denunciare il proprio padre.
Ci sono diverse sotto storie, alcune delle quali ho trovato macchinose o abbastanza inutili al ritmo della vicenda, che quando parte, sa sicuramente avere un ottimo ritmo, senza mai essere pretenziosa, cercando invece di restare incatenato alle sue radici.
Sinceramente mi aspettavo qualche jump scared maggiore, contando che dalla metà del secondo episodio è quello l'obbiettivo del regista.
La mattanza avviene con alcuni twist finali abbastanza telefonati a parte l'epilogo che ho trovato interessante, crudo e spietato nella sua logica perversa a danno di un'altra logica legata alla corruzione e all'abuso di potere del governo indiano.