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sabato 8 giugno 2019

Lost in La Mancha


Titolo: Lost in La Mancha
Regia: Keith Fulton, Louis Pepe
Anno: 2001
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 3/5

Nel settembre del 2000, Terry Gillian avrebbe dovuto iniziare le riprese del film "The man who killed Don Quixote", una mega-produzione europea che raccontava le disavventure di un pubblicitario americano capitato, chissà come, nella Spagna del XVII secolo, ed assoldato da Don Chisciotte come novello Sancho Panza. Il film ebbe problemi fin dalla pre-produzione, e naufragò dopo soli sei giorni di lavorazione grazie ad un'incredibile concomitanza di eventi: un uragano che semi-distrusse le apparecchiature, problemi logistici sottovalutati e soprattutto una grave malattia che costrinse il protagonista Jean Rochefort a rinunciare all'impresa. "Lost in La Mancha" è un documentario che testimonia le disavventure occorse al vulcanico regista inglese: nato come innocente "making of", è stato successivamente rimpolpato con interviste, disegni ad hoc ed inserti video (memorabili le poche scene del "Don Chisciotte" che anche Orson Welles provò a girare, ma senza successo); il film, da semplice curiosità sul dietro le quinte di una lavorazione, diventa quindi un importante mezzo per comprendere la magia del cinema, le fatiche della sua realizzazione ed anche quel pizzico di genio e sregolatezza che si nasconde dietro ogni grande impresa.

I making of che poi diventano documentari non sono moltissimi soprattutto quando si parla di grandi registi per progetti prestigiosi. Quando in un'unica parola si arriva ad annusare l'atmosfera che può celarsi dietro un film maledetto e soprattutto dietro il talento di un grande regista come Gilliam allora l'interesse ad avvicinarsi ad un esperimento simile non può risparmiare nessun cinefilo.
Un regista pazzo, per tanti mestieranti, colleghi, produttori. Un personaggio complesso e difficile dal talento naturale innegabile e grande sognatore. Come tanti però è sempre stato molto disturbato nella sua iperattività. Questo segmento montato e filmato da alcuni suoi collaboratori da degli sprazzi importanti per cercare di capire la complessità alla base di alcuni progetti, la sfortuna (che seppur non esiste andrebbe coniata anche solo per i progetti dell'autore), la difficoltà di far girare la macchina cinematografica come si deve e infine la rinuncia, quella che fino alla fine viene scongiurata.
Un viaggio tutt'altro che lezioso o noioso ma invece un dietro le quinte che ci insegna le tante difficoltà logistiche e produttive. Questo folle miscuglio di scene rende perfettamente l'idea di come il cinema non sia quella macchina sempre facile, piena di soldi, con gli attori tutti posati e pronti a mettersi in mostra
Tanti i motivi che hanno concorso al disastro finanziario (32 milioni di dollari) e creativo: la troupe sparsa in giro per il mondo, l'assenza di reale comunicazione tra i vari elementi del cast, un nubifragio a inizio lavorazione, il male alla prostata del protagonista Jean Rochefort, che ha dovuto abbandonare il set, ma su tutto l'incapacità del regista di circoscrivere il suo estro, di dare una forma alla sua potente visione, di sfogare in modo costruttivo il suo ego. Un'ambizione smisurata che coinciderà anche con i suoi film successivi.