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martedì 15 dicembre 2015

Youth-La giovinezza

Titolo: Youth-La giovinezza
Regia: Paolo Sorrentino
Anno: 2015
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

Fred e Mick sono due amici da moltissimo tempo e ora, ottantenni, stanno trascorrendo un periodo di vacanza in un hotel nelle Alpi svizzere. Fred, compositore e direttore d'orchestra famoso, non ha alcuna intenzione di tornare a dirigere un'orchestra anche se a chiederglielo fosse la regina Elisabetta d'Inghilterra. Mick, regista di altrettanta notorietà e fama, sta invece lavorando al suo nuovo e presumibilmente ultimo film per il quale vuole come protagonista la vecchia amica e star internazionale Brenda Morel. Entrambi hanno una forte consapevolezza del tempo che sta passando in modo inesorabile.

Quand'è che Fred e Mick andrano finalmente a svuotare la vescica?
Sorrentino è uno dei pochi nomi del nostro paese che continua a farci fare bella figura fatta eccezione per THIS MUST BE THE PLACE, unico neo che stona con una filmografia indovinata.
Bisogna essersi onesti, come regista è davvero "ricco" di talento.
Ricco perchè l'unico rammarico che accadeva anche per il suo precedente capolavoro, LA GRANDE BELLEZZA, è l'idea che il regista voglia ammaliarci con inquadrature straordinariamente perfette ed eleganti, uno stile tecnico che sembrava impossibile ma continua a sorprendere ancora di più, una sovrabbondanza di immagini e di riferimenti, ma dall'altra parte, danno vita ad un cinema che non è più strettamente narrativo.
Youth è solo l'ennesima conferma di un percorso artistico che spero ci regali ancora svariati film.
Commovente, poetico, elegante, ironico, colto, tecnicamente minimale, riesce nel giro di due ore a creare un universo creativo con immagini di una "grande bellezza" abbagliante.
Un film quasi commovente che nella falsa pista di girare su se stesso in una Spa lussuosa, apre un vortice di sottostorie, alcune rese struggenti e poetiche, altre quasi prevedibili, riuscendo a trovare una risposta, quando c'è, a innumerevoli dubbi universali che colpiscono i personaggi, tutti a loro modo ritirati dalla scena e da se stessi.
Ritorna ai suoi fasti tutta la malinconia che emerge dal volto del regista e che qui dedicando a Rosi, sembra quasi ricordarmi per certi versi Fellini, creando diverse generazioni e costellandole di fragilità adorabili e pulsanti.