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sabato 14 marzo 2020

Bad day for the cut


Titolo: Bad day for the cut
Regia: Brendan Mullin
Anno: 2017
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 4/5

Donal, un contadino di mezza età, vive una vita semplice a casa con la madre. Quando questa viene uccisa, Donal va a Belfast in cerca di risposte e di vendetta, ma trova un mondo violento e un segreto sulla sua famiglia

I revenge-movie si sa sembrano aver detto tutto soprattutto quando gli si analizza in chiave action. Quando invece il dramma, i colpi di scena, i segreti famigliari, vengono esplosi in tutta la loro virulenza possiamo aspettarci storie che se non del tutto originali, riescono ad essere maledettamente interessanti.
Il film di Mullin ci porta a Belfast mostrandocela come un luogo a prima occhiata tranquillo dove ormai l’Ira a lasciato perdere non esistendo più se non in una sub-cultura criminale di poco conto, ma traffici di esseri umani vengono portati alla luce senza nemmeno il bisogno di nasconderli più di tanto.
Il concetto è la vendetta spietata di un contadino che abbraccia un fucile, cambia il colore del suo camper e si lancia in una spirale di violenza senza battere ciglio come se aspettasse solo quel momento per uscire da una quotidianità fatta di dialoghi con la mamma e bevute al pub parlando con la barista.
Donal impersonifica il buon uomo con pancetta e barba e una certa età chiamato a sacrificarsi per un dovere che non può lasciare incompiuto. Un apologo morale che nell’ultimo atto diventa cupissimo e tristissimo per le scelte che protagonisti e antagonisti dovranno sostenere. Il colpo di scena è intuibile già nel secondo atto, ma lo sforzo degli attori rende tutto l’impianto più credibile e sincero con un’empatia che tocca tutti i personaggi anche la cattivissima Frankie Pierce, la vera sorpresa del film abile nel far capire alla figlia quanto è importante finire i compiti e comportarsi bene in uno strano paradiso artificiale per poi spaccare teste e giustiziare come se fosse l’angelo della morte scesa in terra.
Condito con un black humor accattivante, prendendosi sul serio ma mai troppo, cedendo ad alcune buche nella sceneggiatura ma riprendendosi sempre in fretta, il film di Mullin è british fino alla radice. Un impianto dove fondamentalmente Donal senza rendersene conto apre porte sempre più pericolose, si trova a dover fare coppia con personaggi umili e che non riescono a portare a termine i loro compiti (la coppia di fratelli polacchi). Un film a cui ho voluto molto bene perché ha saputo creare ancora una volta una complessa analisi dei personaggi anche quelli secondari e con un finale triste quando spietato.