Titolo:
My Son, My Son, What Have Ye Done
Regia: Werner Herzog
Anno: 2010
Paese: Usa/Germania
Giudizio: 4/5
Il detective Havenhurst viene chiamato sulla scena di un
crimine. Una donna anziana è stata infilzata con una spada orientale in una
casa vicina alla sua abitazione. I sospetti non possono che cadere sul figlio
di lei, Brad, che, armato di fucile, afferma di avere con sé due ostaggi.
Attraverso le ricostruzioni della fidanzata e di un regista teatrale emerge
progressivamente la psicologia del giovane.
Geniale e solido, il film di Herzog prodotto da Lynch
sembra strizzare l’occhio ad alcuni dei suoi vecchi film. Astratto e denso di
significati, sembra una favola grottesca a tratti pervasa da una sorta di
nonsense.
Quella che invece Herzog descrive è un fatto di cronaca
ottimamente interpretato e portato sino alla massima esasperazione. Un quadro
ricco e malinconico che dalla California si sposta in Perù (anche se per brevi
flash-back) e poi si chiude nel teatro e nelle gallerie.
Una considerazione profonda sulla pazzia, sulle
conseguenze che si sprigionano sui terzi, un cast omologato e variegato in cui
tutti hanno un ruolo strettamente necessario e in cui il numero tre richiama la
tripartizione con cui vengono interpretati alcuni motori profondi della storia.
L’ossessione religiosa poi trasmutata che accorpa alcuni
personaggi della tragedia greca è un esperimento riuscito molto bene al regista
che ancora una volta dimostra il suo talento, la sua creatività e la sua
indiscussa attrazione per alcune tematiche e alcuni fatti di cronaca che
meritano una profonda analisi.