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giovedì 26 dicembre 2019

Aniara


Titolo: Aniara
Regia: Pella Kågerman e Hugo Lilja
Anno: 2018
Paese: Svezia
Giudizio: 4/5

Un'astronave che trasporta dei coloni su Marte viene buttata fuori rotta, costringendo i passeggeri ossessionati dal consumo a prendere in considerazione il loro posto nell'universo.

Dalla Svezia arriva uno sci-fi low-budget di quelli che non si dimenticano. Un vero viaggio nell'orrore, un film di un enorme impatto emotivo in grado di metterci di fronte tutte le paure sopite di fronte allo spettacolo e le incognite dell'universo. Un film disturbante e inquietante, rivelatore di un dramma profetico per l'attuale situazione in cui stiamo vivendo fregandocene del domani ma insistendo a distruggere il presente.
Un film carico di incertezze e di pessimismo cosmico che non regala nulla, senza dover fare ricorso a sensazionalismi o happy ending astuti per mettere d'accordo il pubblico. Qui la profezia è quella dell'autodistruzione, di un universo in cui sguazzare dove perdiamo completamente le nostre coordinate, azzerandoci e costretti a reinventarci attraverso pratiche, filosofie, religioni, orge, esecuzioni. Dove basta un incidente improvviso, un cambio di rotta, una fuga dal nostro idilliaco paradiso per far sì che la situazione possa degenerare nella violenza, nella perdita dei valori e di ogni inibizione. Visto che bisogna morire in una zona remota da cui è impossibile tornare indietro tanto vale lasciarsi andare in una sfrenata ricerca del piacere passionale e di ogni gratificazione possibile.
Un astronave che si perde in una rotta che sembra non finire mai, un giro attorno ad un pianeta senza poter mai attraccare, una parabola della morte, della filosofia dell'ansia che non accenna mai a fermarsi facendoci sprofondare in un limbo di psicosi.
“Aniara” nome di un poema fantascientifico scritto nel 1956 dallo svedese Harry Martinson (futuro Premio Nobel per la letteratura) si divincola dagli altri film sci-fi moderni, scegliendo una rotta più estrema, azzardando un discorso molto realistico per un ipotetico futuro, scegliendo infine una deriva claustrofobica e nichilista che sembra sondare perfettamente lo stato d'animo di alcuni passeggeri, del capitano, della protagonista e della fuga dalla realtà dove le persone possono rivivere le esperienze avute sulla terra dimenticando così l'imminente morte sul'astronave.