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sabato 16 maggio 2020

Other lamb


Titolo: Other lamb
Regia: Malgorzata Szumowska
Anno: 2019
Paese: Irlanda
Giudizio: 2/5

La vita con il Pastore è l’unica vita che Selah abbia mai conosciuto. La loro comunità auto-sufficiente non possiede tecnologia moderna ed è nascosta nei boschi, lontana dalla civiltà moderna. Il Pastore è il guardiano, maestro e amante del gruppo. Ciascuna delle molte donne che fanno parte del gruppo è o sua moglie o sua figlia. Selah è pura nella sua fede, ma anche pericolosamente risoluta. È stata cresciuta come figlia del Pastore, ma è solo questione di tempo prima che ne diventi anche moglie. Dopo che un incontro con le autorità ha costretto le donne e il Pastore a costruire un nuovo Eden ancora più in là nell’entroterra, Selah comincia a dubitare della sua fede, e ha delle visioni strane e sanguinose. L’arrivo della pubertà porta con sé nuovi e severi rituali, e un primo assaggio di cosa accada alle donne del Pastore a mano a mano che invecchiano.

Devo ammetere che non conosco il cinema di Malgorzata Szumowska. Da quel che ho letto mi sembra impegnata in temi sociali e drammi ambigui di qualsivoglia genere connotati dal sentimento religioso. Ora anche lei come molti altri autori ha deciso, in tempi in cui è ritornato in auge il sotto genere, di confrontarsi con il folk horror o potremmo anche definirlo un racconto di stampo rurale e pagano.
Religione, setta, iniziazione, fedeltà assoluta al proprio leader. Questi e altri temi sono alla base del dramma sociale che sfocia nell'horror della regista polacca. Un film che aspettavo e sui cui speravo di vedere all'interno qualcosa di nuovo, come lo è stato ma con esiti nefasti, arricchendo l'analisi e l'approfondimento sulle dinamiche presenti all'interno di una comunità con le proprie leggi e i propri rituali.
Ci sono senza dubbio dei meriti imprescindibili che prima di tutto emergono dal punto di vista tecnico e dei costumi, delle interpretazioni e di alcune scelte coraggiose di montaggio e di dialoghi.
Un film in cui l'elemento dei rapporti fisici e soprattutto spirituali assume contorni fondamentali in termini di relazioni incestuose e malsane. L'uomo scelto da Dio raccoglie le proprie discepole e ingravidandole ridà loro vita e speranza in un circolo vizioso in cui non vengono meno i legami tra consanguinei (le donne del gruppo sono sempre le stesse e così pure per le figlie). Poi c'è la terra promessa, la metafora sul popolo d'Israele, tutto negli intenti delle donne e nella loro assoluta obbedienza altrimenti tutto andrebbe in malora. Ovviamente imbevuto di un certo simbolismo a volte fine a se stesso come il peggiore degli esercizi di stile a cominciare dalla natura, gli animali morti, i corpi femminili che affondano nel "Giordano" dopo essere battezzati dal "Battista".
Il problema alla base a parte la lentezza disarmante e che non ci sono colpi di scena, l'azione è centellinata in uno stile minimale che anzichè lasciare a bocca aperta crea uno dopo l'altro sbadigli a raffica e cerca soprattutto, osando ma fallendo miseramente, di provare con il pretesto religioso di parlare di sfruttamento sessuale in una pseudo setta religiosa, in un mix che termina con un climax telefonatissimo e scontato.