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giovedì 4 dicembre 2014

Ultimo inquisitore

Titolo: Ultimo inquisitore
Regia: Milos Forman
Anno: 2006
Paese: Spagna
Giudizio: 3/5

Spagna 1782. Il pittore Francisco Goya gode del suo momento di gloria grazie alla nomina di "pittore di corte", nomina che gli permette di mantenere la sua vena artistica dipingendo il desolante scenario della guerra e delle misere condizioni di vita cui è costretto il suo popolo. Un giorno, la sua musa ispiratrice - l'adolescente Ines - viene ingiustamente accusata di giudaismo e imprigionata dalla Santa Inquisizione. Durante la prigionia incontrerà fratello Lorenzo, astuto ed enigmatico membro dell'Inquisizione che abuserà della sua ingenuità per sfruttare il proprio potere ecclesiale. Ma un'incredibile vicenda costringerà l'uomo ad allontanarsi dalla Spagna, per farvi ritorno quindici anni più tardi sotto una veste completamente nuova.

Il film di Forman è intererssante contando che tratta un tema molto sentito e che ogni volta che si cimenta con la settima arte crea sempre un notevole interesse, ovvero la caccia ai fanatismi. L'elemento che dopo la visione più rimane del film, ancora una volta, è l'interpretazione di Bardem in un ruolo insolito e molto controverso come quello di Lorenzo Casamares.
Il dramma messo in scena dal regista ceco si dirama in un arco storico lungo e importante e allo stesso tempo tratta temi e personaggi molto complessi e multisfaccettati, inseguendo da un lato un'estetica formalmente impeccabile, che sfrutta gli occhi di un artista del suo tempo, appunto Goya, per raccontare la fine della caccia alle streghe e l'ascesa di Napoleone e dei presunti diritti dell'uomo che l'Illuminismo aveva sancito e che sempre di più cercavano di ribellarsi ai dogmi imperanti.
Un film che non risparmia nessuna atrocità e retorica, distrugge tutti i sistemi simbolici organizzatori di senso, sottolineando più e più volte come l'impotenza di fronte al divino è diventata l'arma di una classe di uomini che volevano sottometterne altri fantasticando su di un essere immaginario.
L'insubordinazione e i conflitti d'interesse mostrano l'intercambiabilità dei personaggi per cui basta sbagliare una parola per trovarsi dall'altra parte ed essere imputati e giudicati.
Un film che per certi aspetti mi ha ricordato LA SEDUZIONE DEL MALE che trattava seppur senza la figura di Goya e concentrandosi solo sul processo della caccia alle streghe, destrutturando alcuni simboli religiosi e mostrando una critica astuta anche se troppo teatrale.
Forman continua e non si stacca da quel filone di registi che con i loro film hanno manifestato contro l'intolleranza e il fanatismo di ogni tempo o come alcuni lo hanno definito, il comunismo del XX secolo.