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mercoledì 18 novembre 2015

Salò e le 120 giornate di Sodoma

Titolo: Salò e le 120 giornate di Sodoma
Regia: Pier Paolo Pasolini
Anno: 1975
Paese: Italia
Giudizio: 5/5

Quattro Signori (il Duca, il Monsignore, Sua Eccellenza e il Presidente) al tempo della Repubblica Sociale di Salò si riuniscono in una villa assieme a 4 ex prostitute ormai non più giovani insieme a un gruppo di giovani maschi e femmine catturati con rastrellamenti dopo lunghi appostamenti. Nella villa i Signori per 120 giorni potranno assegnare loro dei ruoli e disporre, secondo un regolamento da essi stessi stilato, in modo assolutamente insindacabile dei loro corpi. La struttura del film è divisa in 4 parti: Antinferno, Girone delle Manie, Girone della Merda e Girone del Sangue.

"E' un film che i giovani non capiranno perchè ormai hanno perso quei valori imprescindibili con cui la nostra generazione è cresciuta" così a grandi linee Pasolini descriveva l'impatto che il suo ultimo film poteva avere sulle giovani generazioni in un'intervista prima del film.
Rivisto per la seconda volta in versione restaurata al cinema Massimo, la sala del film era composta per l'ottanta per cento da giovani.
Un dato che probabilmente avrebbe fatto piacere o forse sorpreso l'autore.
Un elemento che connota un interesse e una lettura del cinema come forma d'arte immortale che riesce ancora, a distanza di decenni, a risultare iconica e fondamentale per descrivere la realtà.
Il potere come forse pochi cineasti si sono presi il coraggio di mettere in scena.
Abbruttendolo nei modi più atroci e realistici possibili, cercando lo scandalo e trovandolo, insistendo a suo modo sui particolari più turpi, Pasolini firma il suo film maledetto, censurato e ritirato al tempo da numerosi cinema internazionali.
Sfruttando De Sade, l'autore riesce finalmente a coniugare il massimo dell'esagerazione sessuale, arrivando a criticare quella mercificazione dei corpi con cui spesso descriveva queste pratiche e che sotto questo punto di vista, è stato un abile precursore dei tempi a venire, in cui la falsa e apparente libertà non ci sarebbe mai stata.
"Deboli creature incatenate, destinate al nostro piacere, spero non vi siate illuse di trovare qui la ridicola libertà concessa dal mondo esterno. Siete fuori dai confini di ogni legalità. Nessuno sulla Terra sa che voi siete qui. Per tutto quanto riguarda il mondo, voi siete già morti." dice il Duca nel suo regolamento.
Un attacco alla nostra infinita sopportazione significa provocare una reazione morale alla presunta immoralità di un'opera indiscutibilmente necessaria e affascinante. Una pellicola che descrive l'abuso di potere come nessuno vorrebbe mai immaginare, ma che di fatto la storia ha dimostrato più volte essere così efferato e diabolico.
Allo stesso tempo una metafora dell'impotenza al potere come una ritualizzazione mondana della trasgressione.
Cosa significa scioccare in fondo? Dare vita a cannibal-movie o naziexploitation come il film è stato etichettato, ovvero film che si sa fin dove possono arrivare con la loro messa in scena, oppure dar vita a un incubo reale e possibile.
Io credo fortemente che Pasolini sia stato il primo ad abbattere questo muro, per la prima e forse per l'ultima volta nella storia del nostro cinema, prendendosi la responsabilità e la fermezza di dover affrontare un tumore che si stava allargando sempre più, dandogli un nome, e per questo purtroppo, ne è diventato un martire, pagando con la stessa vita l'affronto alle più alte cariche da lui prese di mira.