Titolo: Io, Daniel Blake
Regia: Ken Loach
Anno: 2016
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 4/5
Newcastle. Daniel Blake è sulla soglia
dei sessant'anni e, dopo aver lavorato per tutta la vita, ora per la
prima volta ha bisogno, in seguito a un attacco cardiaco,
dell'assistenza dello Stato. Infatti i medici che lo seguono
certificano un deficit che gli impedisce di avere un'occupazione
stabile. Fa quindi richiesta del riconoscimento dell'invalidità con
il relativo sussidio ma questa viene respinta. Nel frattempo Daniel
ha conosciuto una giovane donna, Daisy, madre di due figli che, senza
lavoro, ha dovuto accettare l'offerta di un piccolo appartamento
dovendo però lasciare Londra e trovandosi così in un ambiente e una
città sconosciuti. Tra i due scatta una reciproca solidarietà che
deve però fare i conti con delle scelte politiche che di sociale non
hanno nulla.
Commovente. Io, Daniel Blake parla di
Dignità e di diritti, di rispetto, empatia, amore per la vita e
tanto altro ancora.
L'ultimo film di Loach, paladino del
cinema sociale inglese, è la summa della critica ad un sistema
burocratico ormai inetto e superato, un inno di ribellione ai tagli
alla spesa sociale, dove gli stessi funzionari che debbono applicarli
si rendono conto della crudeltà e delle regole che debbono applicare
schierandosi anche loro dalla parte delle istituzioni dimenticando la
componente umana e lasciando nuclei e persone anziane in mezzo ad una
strada.
Un altro film manifesto, per certi
versi anarchico e potente che come un termometro misura la
complessità del welfare (o ciò che ne è rimasto) diventando un
inno alla ribellione allora dal basso, da un anziano che non si
arrende ma che capisce come la pazienza e allo stesso tempo la rabbia
diventano gli unici strumenti per farsi avanti e chiedere aiuto senza
vergogna.
L'io del cittadino non si può mettere
a tacere in nessuno modo. Solo con la morte. Si può provare con la
burocrazia, con la chiusura mentale e politica, con le forze
dell'ordine, con le minacce e le ritorsioni ma qui un'altra lezione
che il regista ci insegna e quella proprio di non sottovalutare la
componente umana. Allora quell'io cittadino quando diventa il grido
di tanti, organizzati e con le idee chiare riesce a diventare uno
strumento nelle mani del popolo. Un grande messaggio in una società
capitalista e consumista che sembra aver perso la maggior parte dei
valori.