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venerdì 20 febbraio 2015

Any Day Now

Titolo: Any Day Now
Regia: Travis Fine
Anno: 2012
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

West Hollywood, California, 1979. Drag queen in un locale di Los Angeles, Rudy Donatello conosce il vice procuratore distrettuale Paul Fliger col quale ha un fugace rapporto sessuale. Quando la sua vicina di casa tossicodipendente è arrestata, il figlio di lei, Marco, quattordicenne affetto dalla sindrome di Down, viene affidato ai servizi sociali. Una sera, Rudy incontra il ragazzo che è riuscito a tornare all'appartamento in cui viveva con la madre dopo essere fuggito dai servizi sociali. Rudy decide così di prendersene cura: per riuscire ad ottenere la custodia temporanea di Marco, chiede aiuto all'uomo di legge Paul, insieme al quale costituirà una famiglia che attirerà pregiudizi e discriminazioni.

Any day now è un film che tratta diversi argomenti, dalle adozioni gay alle fragilità di ognuno di noi, fino ad arrivare a toccare il problema del disagio e della paura di mostrarsi in una società, quella degli anni ’70, in cui l’omosessualità era ancora un taboo molto forte.
I problemi legati alla custodia e alle infinite difficoltà per cui una coppia gay possa riuscire ad ottenere la custodia di un bambino con sindrome di down, sono i motori centrali su cui, dal secondo tempo, si passa all’interno di aule di tribunale per cercare di proteggere Marco da una situazione multiproblematica di ulteriore disagio ( i tossici, i genitori violenti e gli alcolizzati possono ottenere la custodia e noi no).
Ed è purtroppo anche la parte, senza contare il finale, in cui la pellicola si perde dietro troppi dialoghi, manicheismi e scelte convenzionali che fanno perdere parte dello spessore della storia e della sensibilità psicologica e relazionale con cui Fine e gli attori dimostrano di saper lavorare molto bene.
Any day now è un film in cui contano molto le interpretazioni, quasi tutte pregevoli, a parte i ruoli di contorno, e in cui si mette in gioco principalmente il punto di vista sugli affetti, la cura dell'altro, lo smarrimento emotivo.
Pur perdendosi dietro qualche stereotipo o qualche momento davvero tirato un po troppo per le lunghe (i vagabondaggi notturni di Marco, o le scenate in tribunale) riesce alla fine, nell’arduo compito di non farlo diventare quel tipico melodramma sul sociale, ma anzi punta tutto su una coppia gay che vuole ottenere l’affido di un disabile e per quanto sembri assurda, è originale e abbastanza accattivante.