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giovedì 11 aprile 2019

Me Too



Titolo: Me Too
Regia: Aleksei Oktjabrinovič Balabanov
Anno: 2012
Paese: Russia
Giudizio: 3/5

Quattro passeggeri (Bandit, il suo amico Matvei, il vecchio padre di Matvei, Musician, e la sua bella ragazza) sfrecciano a tutta velocità a bordo di un’enorme jeep nera lungo una strada deserta in cerca del “Campanile della Felicità”. Secondo una vecchia credenza, la torre si celerebbe da qualche parte fra San Pietroburgo e la città di Uglic, non lontano da una vecchia centrale nucleare abbandonata. Il campanile fa scomparire la gente, ma non accetta chiunque. Ciascuno dei quattro passeggeri è convinto che sarà prescelto

Il viaggio alla ricerca della felicità di solito nel cinema siamo abituati a guardarlo immergendoci in location esotiche, posti affascinanti e resi tali spesso e volentieri dall'impiego di effetti speciali o per la scelta di un cast affascinante. Ora Balabanov è uno dei miei registi russi contemporanei preferiti perchè è avvezzo a scegliere temi e forme di cinema scomode e alternative e a volte ammettiamolo anche particolarmente lente e noiose.Cargo 200 è un film che quando ci penso ancora mi arrivano i pugni allo stomaco.
Me Too non tratta le vicissitudini umane portate alle estreme conseguenze ma ci parla di nuovo di rapporti umani, di solitudine, di loser, della necessità di credere in qualcosa, per non morire da soli.
Il viaggio assume dunque connotati fin da subito scomodi mostrandoci nefandezze, egoismo, una parte metafisica che rimanda a Tarkovskj, scene tragicomiche che strizzano l'occhio a Kaurismaki, toni da black comedy, fantascienza e misticismo, e in fondo tutte le difficoltà, gli assurdi, come si evince dai dialoghi, di una nazione e di un popolo ancora nomadi per certi versi e costretti a cercare una loro terra promessa in una terra che non regala nulla.
Anche qui la violenza assume un contorno e un contesto fondamentale come a dover dare una regola e prendere il comando della situazione. Il poliziotto Zurhov da questo punto di vista continua il suo obiettivo sottolineando la paralisi di un paese che ammette e sceglie la violenza e l'obbedienza per non cadere nel baratro del vuoto più totale.