Titolo: Hierro
Regia: Gabe Ibanez
Anno: 2009
Paese: Spagna
Giudizio: 3/5
Mentre viaggia a bordo di un traghetto verso l'isola
di El Hierro, Diego - figlio di Maria - sparisce. Nessuno sa dove sia finito,
se sia caduto in mare o se sia stato rapito. Sei mesi dopo, mentre Maria lotta
per superare lo strazio della perdita, riceve una chiamata inattesa: deve
tornare all'isola perché è stato ritrovato il corpo di un bambino. Una volta
giunta a El Hierro, dove tutto le appare spettrale, Maria deve affrontare il
peggiore degli incubi. Finirà per scoprire che certi misteri, in realtà, non
dovrebbero essere rivelati.
“Ci sono momenti della vita e stati mentali che non hanno
una logica, ma esistono.”
Hierro è uno di quei thriller di genere sulla paranoia e la
separazione, simile per certi aspetti a
interessanti esperimenti come VINYAN e via dicendo (la lista è molto lunga).
La
particolarità del film non è certo il soggetto ma lo stile e lo sguardo con cui
Ibanez descrive la vicenda, capta i particolari (l'aridità vulcanica e i
fondali marini) e grazie ad un intenso e difficile lavoro di fotografia, livida
e fredda, costruisce un atmosfera spettrale capace di pervadere lo spettatore,
i suoi personaggi e l’isola.
La ricerca di Maria è tutta dettata da equivoci, doppi
sensi, in cui i personaggi e l’ambiente suggeriscono e sussurrano alla
protagonista importanti particolari e restituiscono al film meriti in cui è
soprattutto l’atmosfera malsana e irreale a fare da padrona spiazzando ancora
una volta ‘impossibilità dell’essere umano di riuscire a comprendere senza
trovare una spiegazione.
Sempre e anche qui viene di nuovo da citare VINYAN il
prologo è rivelatorio e inquadra perfettamente l significato oscuro e i
misteriosi presagi su cui il film cerca e trova la sua formula originale.