Visualizzazione post con etichetta Robocop. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Robocop. Mostra tutti i post

lunedì 11 marzo 2019

Robocop


Titolo: Robocop
Regia: Paul Verhoeven
Anno: 1987
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Una poliziotto è catturato da una banda di gangster cui dava la caccia, torturato e ucciso. Ma qualcosa di lui rimane viva e viene innestata in un robot che il capo della polizia fa adottare dal corpo per gli incarichi più pericolosi (è invulnerabile). Ma il robot ha la memoria dell'agente ucciso e, riconosciuti i suoi carnefici, dà loro una caccia spietata, sterminandoli (e uccidendo il loro capo, un alto funzionario della polizia).

Verhoeven negli anni '90 ha girato tre film con cui verrà ricordato nella storia del cinema.
ROBOCOP, ATTO DI FORZA, Starship Troopers. Con questa trilogia poteva smettere di fare film e guardare quanto in futuro avrebbero saccheggiato dai suoi film.
Quando la scifi incontra il dramma, l'action, le intuizioni narrative, il tutto con un abbondante dose di violenza e di pessimismo dove le multinazionali si sostituiscono all'amministrazione pubblica, il governo e la politica sono più corrotti che mai e i criminali imperversano nelle strade come bande senza limiti e controllo spesso spalleggiati dalle forze dell'ordine.
La giustizia personale diventa uno dei motori più interessanti del film, staccandosi da una logica e una politica più reazionaria per cercare un'anarchia personale, come nel caso di Murphy, finendo per essere solo contro tutti. Sembra la versione per certi aspetti hi tech del GIUSTIZIERE DELLA NOTTE uscito nel '74.
Lo stile inconfondibile del regista appare dall'inusitato tasso di violenza, fuori e dentro le strade, di un trucco e un make up sempre ai massimi livelli grazie a Rob Bottin.
La trilogia scifi del regista si è dimostrata più intelligente e attenta che mai a scoprire e denunciare gli orrori che stavano per prendere vita, dando sempre delle idee molto valide in una matrice che non dimentica mai la politica ma la segue misurandone la temperatura in tutti i suoi film, mettendola quasi sempre alla stregua e agli intenti della psicologia criminale.



venerdì 4 aprile 2014

RoboCop

Titolo: RoboCop
Regia: Josè Padilha
Anno: 2014
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

In un futuro non troppo lontano gli Stati Uniti utilizzano nelle zone di guerra robot dalla forma umanoide assieme ai droni ma per legge non lo fanno sul proprio territorio. La Omnicorp, società che produce la suddetta tecnologia, nel tentativo di invadere anche il mercato interno con i suoi prodotti, pensa che mettere un uomo dentro le macchine potrebbe cambiare la percezione della gente e così trova un agente di polizia mutilato da un incidente sul lavoro e ne fa un robot con coscienza. La suddetta coscienza, unita ai ricordi dell'incidente sono però anche il problema principale, Robocop è efficiente ma anche una scheggia poco controllabile e dunque inutile alle finalità per le quali era stato costruito. Tutti lo vogliono morto ma lui vuole vivere.

Il primo Robocop di Verhoeven era dell'87, Tetsuo è del'89, mentre Terminator è dell'84.
Gli anni '80, per la sci-fi, sono stati davvero profetici, per indirizzare un certo sguardo sul cinema e interrogarsi sul rapporto uomo-macchina.
Ora Padilha che non è un fessacchiotto, avendo sfornato due film straordinari, cerca di cogliere l'unica grande opportunità che un remake come questo poteva dargli, ovvero sfruttare l'elemento post-moderno che più ci lascia basiti: lo spietato controllo imperialistico americano.
Se il film lo si guarda mettendo gli occhialini di ESSI VIVONO si colgono alcune critiche di un paese sovrano, che non c'è la fa più, destinato all'autoimplosione forse con qualche militare, in qualche base, in qualche località nel Texas che anzichè sparare a un commilitone lancerà un missile ponendo fine a tutto.
Il nuovo Robocop forse fa ancora più paura di quello vecchio.
Ormai ci sono i droni capaci di contare ogni singolo capello e le multinazionali che controllano la politica. Non si può nemmeno pensare ad un vero antagonista, dal momento che tutti i personaggi pensano ai loro interessi e chi in un modo, chi in un altro, si confrontano mettendo spesso e volentieri dei dubbi morali sulle scelte d'intenti.
Bisogna capire come dice Sellars e concentrarsi a cercare di dare un nome e una forma diversa alle cose in modo da spiazzare l'opinione pubblica. Allora è deliziosa la metafora. Chiamare qualcosa con un altro nome (Democrazia) e farla invece risultare come mantenimento dell'ordine, non è niente affatto distopico ma incredibilmente reale.
Padilha forse per i suoi eccessi nel cercare di portarsi oltre, diventa la scelta più funzionale, poichè porterà un valore aggiunto su un film che è diventato un piccolo cult. La produzione questo lo sà ma sà anche che Robocop è prima di tutto un film d'azione, poi politico.