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giovedì 12 maggio 2022

Aegri Somnia


Titolo: Aegri Somnia
Regia: James Rewucki
Anno: 2008
Paese: Canada
Giudizio: 3/5

Edgar vive all'ombra dell'improvvisa morte di sua moglie. Ossessionato da vivide allucinazioni e una città senza volto che minaccia di ingoiarlo per intero, il mondo di Edgar inizia a svelarsi mentre il suo ...

Aegri Somnia è un horror indie low budget intenso e legato al disagio e alle malattie mentali.
Il protagonista è fastidioso per quanto la sua fragilità sembra scatenare negli altri episodi di conflittualità e predominio. Tutto accade sempre temendo il peggio, la prevaricazione dei colleghi e delle donne in discoteca sembra in un qualche modo essere voluta da Edgar. Infine "l'amico" che cerca di insegnargli la strada citando Heidegger e mettendolo in allerta dai pericoli a cui sta per imbattersi.
Un film molto sinistro, cupo, con una fotografia che alterna bianchi e neri e incubi lynciani che si sovrappongono alla realtà. Un'opera dove il sound desinger è fondamentale dal momento che trattando la malattia mentale, le voci, i suoni i rumori e i sussurri dei pensieri morbosi del protagonista hanno un peso specifico, entrando in contrasto aperto con le frasi che Edgar dice o che sente dire. Avvengono poi accadimenti macabri e grotteschi come la scena della partita a poker o tutto ciò che avviene nei bassifondi con alcune macabre creature.

martedì 17 novembre 2020

Dark Floors


Titolo: Dark Floors
Regia: Pete Riski
Anno: 2008
Paese: Finlandia/Islanda
Giudizio: 2/5

Il film racconta di un padre e della figlia autistica Sarah che rimangono chiusi, insieme ad altre quattro persone, nell’ascensore di un ospedale. Quando la porta si riapre si rendono conto che tutto è cambiato. In peggio naturalmente.

Ogni tanto ci sono casi in cui una star metallara dei paesi del nord si voglia avvicinare al cinema e in modo abbastanza altezzoso decida non solo di produrlo e scriverlo ma anche di dirigerlo.
Partendo da questo importante dato di fatto, Dark Floors esibisce come capita in rari casi, una storia completamente banale proprio perchè sembra essere improvvisata scena dopo scena.
Una bambina antipaticissima si lamenta per qualcosa che caso strano non si riesce a capire e mentre il padre gigioneggia cercando le cause, questa disegna il mondo surreale abitato dai Lordi.
Le immagini o i sogni del cantante dei Lordi e del suo messaggero Mr Lordi (viva la fantasia) creano un'atmosfera esplicitamente dark anche se in alcune parti un pò troppo tale da non rendere nitida l'immagine per capire esattamente dove voglia andare a parare.
Gli effetti in c.g e l'hi-tech in generale cadono ogni tanto nel parossismo infilando una sequela di immagini e mostri senza nessun senso di continuità e utili ai fini della narrazione.
Per il resto a livello qualitativo, il film ha i soldi e si può permettere tanto e a volte quel troppo che fa cadere nel limbo dei film scadenti, proprio perchè non hanno un'anima ma quasi una fretta incredibile di finire qualcosa che non sembra avere mai avere un vero e proprio un inizio.
Speriamo che Riski non sia convinto del risultato e non si cimenti ancora con un'altra schifezza.








lunedì 27 luglio 2020

Feast 2-Sloppy Second


Titolo: Feast 2-Sloppy Second
Regia: John Gulager
Anno: 2008
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

I sopravvissuti alla notte di terrore e morte che ha coinvolto i clienti di un bar nel mezzo del deserto trovano riparo in una isolata cittadina nel mezzo del nulla, alla ricerca di salvezza e magari di una doccia calda e vestiti puliti. Ma i mostri affamati di carne umana che li hanno aggrediti la notte prima li seguono fin lì. E sono più numerosi di prima. E più incazzati...

Il bello di Feast 2, seguito non all'altezza del primo capitolo ma comunque gradevole, è quello di riprendere esattamente da dove era finito il precedente, gli attori sono quasi gli stessi senza la final girl e i due fratelli del primo (a cui la gemella della motociclista morta nel primo darà la caccia con le sue amazzoni su due ruote) tornano il vecchio e la biondina e si inseriscono un venditore di auto di colore con la moglie e l'amante di questa e per finire due simpaticissimi nani campioni di wrestling. Di nuovo l'ironia è nerissima, la comicità è molto più trash, il gore e lo splatter non si placano, anzi, il film risulta molto più disgustoso del primo in diverse scene come quella dell'autopsia al mostro, la morte dell'infante lanciato in aria e poi mangiato dalle creature, la catapulta con pezzi di nonna che vanno tolti, e come se non bastasse reggiseni del gruppo delle affascinanti motocicliste che servono a costruire una catapulta lasciandole nude per quasi metà film infine alcune scene di violenza discutibili come la vendetta del vecchio ai danni della biondina, crudelissima e decisamente infinita.
Il sequel a differenza del primo è quasi tutto all'aperto, sceglie la luce anzichè le tenebre, ha un make-up dei mostri decisamente discutibile e non sempre si avvale di una tecnica curata e minuziosa, lasciando montaggio e fotografia alla deriva e decisamente con un marchio di fabbrica più scadente.

lunedì 17 giugno 2019

In Bruges


Titolo: In Bruges
Regia: Martin McDonagh
Anno: 2008
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 3/5

Ray e Ken , due killer, sono costretti dal loro capo a riparare a Bruges. La loro ultima missione è andata storta: Ray ha ucciso per sbaglio un bambino.

In Bruges è un film particolare da definire come la carriera del regista che al suo attivo vanta tre pellicole che devo ammettere funzionano tutte e tre seppur molto diverse, trovando un paragone tra questo e il successivo. In Bruges adotta una strategia particolare e non è così facile da definire proprio per le vicende narrate e come vengono trattate. Una coppia di killer che si trova in terra straniera a doversi quasi scontrare in un bel finale (forse la parte più tesa e ritmata dell'intera pellicola) dopo aver passato tutto il resto del film a girare per le strade e i musei, incontrare brutti ceffi e ragionare su cosa è andato storto nella vita. E' un film che parla di killer che non vediamo quasi mai con una pistola in mano, un film malinconico che sembra voler interessarsi, come per la città, di troppe cose, perdendone di vista alcune e invece dall'altra parte avendo delle buone intuizioni quasi tutte rese al meglio dall'ottima scelta di cast.
Come per 7 psicopatici tutti cercano pace e riposo nella loro vita travagliata, tra redenzione, riposo e tranquillità. Elementi assurdi e in totale contrapposizione con le vite di chi ha deciso di privarne altre per soldi. Un film che mano a mano apre altri spiragli, alcuni tragici come il senso di colpa legato all'omicidio di un bambino, ma soprattutto inserisce una donna come metafora e simbolo della speranza e dell'amore. Per certi versi un noir che non è propriamente un noir e altri generi che soprattutto nel cinema di McDonagh sembrano rincorrersi e unirsi al contempo.


High School Girl Rika-Zombie Hunter


Titolo: High School Girl Rika-Zombie Hunter
Regia: Fujiwara Ken'ichi
Anno: 2008
Paese: Giappone
Giudizio: 2/5

Una studentessa normale, Rika, salta un giorno di scuola per visitare il paese di suo nonno,Ryuhei, che se ne era andato da casa di Rika due anni prima. Ma scopre che tantissimi zombie stanno assediando la città!. Rika all'inizio raggiunge la casa di nonno Ryuhei facendosi largo attraverso di loro, ma alla fine viene attaccata. Senza riuscire a capire cosa sia accaduto di preciso alla nipote, Ryuhei utilizza le sue abilità di gran chirurgo sulla nipote,trasformandola in RIKA,la stupenda guerriera! Adesso,nella veste della più grande ragazza guerriera, RIKA si confronterà con il vile capo degli zombie, Glorian, assieme ai suoi amici Takashi and Yuji.

Siamo infine arrivati al terzo film che chiude una saga abbastanza trascurabile nella produzione del sotto genere Dnotomista e Nihozombie.
Dopo Zombie self defence force e Girls Rebel Force Of Competitive Swimmers arriviamo forse al capitolo più brutto o meglio quello che a differenza dei primi due ha goduto di un budget ancora più risicato portando il regista a soluzioni quanto meno improbabili ma visto il genere il tentativo può starci. Fujiwara non avendo soldi ha cercato come da sempre insegna la tradizione dei b-movie di puntare a tutti quegli accessori secondari in grado di alzare l'hype dello spettatore con tette al vento, zombie tremendi, dialoghi improvvisati, un montaggio che sembra essersi perso dei pezzi per strada, recitazione ai minimi storici e scenografie da infarto dove a confronto la carta da parati dei film porno sembrava attaccata da Dante Ferretti.
Quello che mi ha stupito sono state soprattutto le soluzioni o gli espedienti usati.
Facendo un paragone con un b-movie che è diventato un mezzo cult e parlo di un film del maestro Takashi Miike, in FUDOH ad esempio metteva ragazze che sparavano palline dalla figa, facendo ridere e al contempo creando un precedente trash assoluto, mentre qui la ragazzetta a cui amputano un braccio e gliene saldano uno nuovo, maschile, da body builder, non vale nemmeno il paragone perchè non solo non è minimamente credibile il make up ma non ha fa ridere per nulla.
Ecco la fantasia e l'estro giapponese che speravo qui emergesse senza limiti e regole assume quasi l'aria da paradosso con la comparsa di una creatura mostruosa deforme di improbabile origine finale che lascia pensare che il regista stesse girando due brutti film sullo stesso set.




venerdì 14 giugno 2019

Cloverfield


Titolo: Cloverfield
Regia: Matt Reeves
Anno: 2008
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

New York, una sera come tante altre. Un gruppo di amici organizza una festa a sorpresa, tutto sembra tranquillo, finché un boato fa tremare le pareti della casa in cui si svolge il party ed il cielo si illumina a causa di forti esplosioni. Non è un terremoto, né un attentato ma qualcosa di molto meno prevedibile...

Tra i mockumentary o found footage menzionabili nel corso degli anni dopo quelli che al livello di pubblico e critica lanciarono il fenomeno CANNIBAL HOLOCAUST(1980) BLAIR WITCH PROJECT(1999), seppur ne siano usciti molti da varie parti del pianeta, i risultati sono spesso stati mediocri senza mai parlare di qualcosa di nuovo o originale. Il film di Matt Reeves deve tutto alla collaborazione con un asso nella manica di nome Drew Goddard in grado di dare enfasi e pathos ad una scatoletta di sardine e ad Abrahms dietro le fila che dopo il successo di LOST aveva porte spalancate ovunque e qualsiasi cosa dicesse o facesse aveva un seguito.
Come ha dimostrato in altre opere, unire la paura che all'epoca di internet era sempre più social diventando virale come virali erano le fake news, inglobava da solo questa temutissima paura per l'Altro culturale, le Torri Gemelle, attacchi che potevano arrivare da cielo e aria, da un momento all'altro in una New York mai così devastata dal cinema negli ultimi anni.
Unire queste paure condendole con qualcosa di assolutamente esagerato come un drago o un lucertolone, facendo slittare così il concetto di realisticità verso assurdi mai visti, ma soprattutto facendolo vedere il meno possibile il mostro, si rivelò un ottimo espediente non solo di marketing ma soprattutto per creare un'atmosfera nuova più post contemporanea che facesse meno ricorso al sangue e agli squartamenti.
L'idea di una creatura che possa devastare quanto ci è più vicino lasciandoci come formiche nude in degli spazi angusti come lo possono essere gli edifici metropolitani della grande mela, è stato indubbiamente un passo in avanti per cogliere a mio avviso alcuni sotto effetti di una devastante alienazione consumista in atto nel mondo e puntare su una scenografia e una location almeno non abusata che di questi tempi è già un grosso vantaggio.

lunedì 3 giugno 2019

Hush(2008)


Titolo: Hush(2008)
Regia: Mark Tonderai
Anno: 2008
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 3/5

Zakes sta guidando sulla superstrada di notte. Beth, la sua ragazza, dorme al suo fianco. Quando un grosso camion lo supera Zakes intravede tra le porte di dietro, che si sono aperte ad una curva, una donna legata e insanguinata. Pieno di dubbi su quello che ha visto si pone il problema di cosa fare.
Ma alla successiva area di sosta Beth scompare e lui ha una gomma a terra, quindi ruba un auto e si mette ad inseguire il camion...

Ancora una bella sorpresa dall'Inghilterra.
Un horror new-wave davvero interessante con una bella atmosfera, una tensione costante e un ritmo serrato che avvalendosi spesso di una telecamera a mano cerca di piazzarsi tra gli horror più interessanti della stagione british e soprattutto nel panorama indie.
Le poche pecche sicuramente sono la scarsa esperienza del regista che comunque ci crede e si vede, mettendoci dalla sua tutto l'impegno possibile nel cercare di dare realisticità alla storia.
Ed è proprio la sceneggiatura che alle volte subisce una brusca frenata oppure trascura alcuni particolari decisivi( ad esempio come fa Zack a salire sul camion, come fa Beth nel finale a togliersi le catene, e soprattutto qual'è lo scopo dei rapimenti delle ragazze...)
A parte questi elementi che proprio di poco conto non sono, il film ha dalla sua il buon Will Ash che regala una buona catarsi e delle scene interessanti e abbastanza originali.
Qualche citazione c'è trattandosi di un road-movie tuttavia uscendo dai normali stereotipi creando un buon intreccio narrativo e un finale che sicuramente si farà molto apprezzare.

martedì 30 aprile 2019

Ong Bak 2


Titolo: Ong Bak 2
Regia: Panna Rittikrai
Anno: Thailandia
Paese: 2008
Giudizio: 2/5

Thailandia, XV secolo: Lord Sihadecho e sua moglie sono uccisi durante un ammutinamento. Loro figlio, il piccolo Tien, riesce a sfuggire, ma è catturato da alcuni mercanti di schiavi. Quando cerca di ribellarsi, viene gettato in una pozza con un coccodrillo, contro cui è costretto a combattere per il solo divertimento dei ricchi. Il suo coraggio e l’intervento di Chernang, capo dei banditi della Scogliera dell’Ala di Garuda, lo sottraggono a morte certa. Sotto la protezione del formidabile guerriero, Tien sarà allevato per conoscere tutti gli stili di arti marziali: il kung fu cinese, il ninjitsu e l’arte della spada giapponesi, il muay thai tailandese. Una volta cresciuto, partirà alla ricerca degli assassini dei genitori…

Ong Bak è stata una saga di tre capitoli abbastanza interessante per farci scoprire uno stunt man come Tony Jaa e un certo tipo di cinema di arti marziali orientali. Soprattutto per il cinema thailandese questo genere rappresenta un'importante risorsa economica tale da renderlo epico il più possibile come il sequel in questione.
C'è una certa storicità in questo capitolo che lascia perlomeno sgomenti soprattutto sul taglio amatoriale con il quale pathos e cast seppur abbiano cercato di darsi da fare falliscono miseramente.
Dal punto di vista tecnico, la scenografia e il lavoro di attrezzistica rimangono forse gli aspetti migliori contando le scene d'azione e soprattutto le acrobazie che qui crescono a dismisura rispetto al precedente capitolo, anche perchè tutta la vicenda è ambientata nei paesini thailandesi a dispetto di location molto più moderne come poteva apparire Bangkok.
Tony Jaa ( a dimostrazione di quanto un attore povero appena conosca il successo perda la testa) ha fatto capricci da star, ha gonfiato il budget, si è fatto prendere da gravi crolli nervosi, ha minacciato ricatti, è addirittura scappato scomparendo nella giungla per poi ritornare, piangere in TV, e infine riuscire a concludere il tutto con l’aiuto di Panna Rittikrai, suo mentore, già sceneggiatore e coreografo del primo Ong Bak e regista dello spettacolare Born to fight


lunedì 11 marzo 2019

Gutterballs


Titolo: Gutterballs
Regia: Ryan Nicholson
Anno: 2008
Paese: Canada
Giudizio: 3/5

Un brutale e sadico stupro porta ad una serie di omicidi bizzarri e altamente violenti durante una festa da ballo organizzata in una sala da bowling. Uno dopo l'altro, i giocatori delle due squadre muoiono per mano di un misterioso killer…

Se dovessimo fare una classifica di tutte le maschere più imbarazzanti negli slasher, il carnefice di Gutterballs si aggiudica la menzione speciale.
Il film canadese di Nicholson è un palese omaggio agli anni 80, uno splatter di serie b e infatti non differisce molto da centinaia di altre pellicole sul torture porn, trash & revenge e rape & revenge (giusto per non farsi mancare nulla). Inserisce come location il campo da bowling, quasi tutto il film è in interni, la trama è campata in aria, infilando la solita galleria di personaggi patetici ed esemplarmente idioti. Due squadre che si affrontano, qualche fanciulla degna di nota, un certo sessismo in particolare sui trans e per finire uno stupro lunghissimo, tantissimo sangue e alcuni dialoghi inconsistenti e sboccati.
Per il resto non c'è molto al di là del fatto di perdersi per strada in più momenti, la regia poteva regalare più pathos tra i personaggi al posto di inscenare troppi dialoghi resi pesanti da campi e contro campi macchinosi come un partita di ping pong.



mercoledì 6 febbraio 2019

No morire sola


Titolo: No morire sola
Regia: Adrián García Bogliano
Anno: 2008
Paese: Argentina
Giudizio: 2/5

Carol, Yasmin, Moira e Leonor stanno attraversando in auto l’arida regione argentina di La Plata, quando notano un corpo steso sull’erba, sul ciglio della strada. Si tratta di una donna ferita gravemente, probabilmente da un manipolo di cacciatori di frodo che le ragazze scorgono poco lontano dal luogo del ritrovamento.

Pur amando l'horror, il sotto genere del rape & revenge non mi entusiasma a meno che non parliamo di film dove anche l'azione tiene alta l'atmosfera o intuizioni simili o dove la tortura è al servizio di qualcosa di più importante e immutabile.
La camera fissa che osserva torture lente e infinite le trovo spesso e volentieri gratuite e fine a se stesse non aiutando e non trasmettendo nulla allo spettatore come in parte ho appurato in questa opera low budget sentita particolarmente dal regista e dal cast.
No morire sola fin da subito, nonostante la pluralità delle protagoniste, mi ha fatto pensare ad uno dei classici del genere impossibile da non citare, I spit on your grave di Zarchi del '78.
In quel caso nel sottosuolo americano facevano la comparsa i redneck che abbiamo imparato ad amare col cinema. In questo caso siamo in Argentina dove un altro orrore legato alla povertà fa breccia nella narrazione creando una sorta di brutal shocker tutto basato sulle scene silenziose e inutilmente protratte del film.
A livello tecnico ci sono diversi elementi che non giocano a favore e che purtroppo rendono complessa e distante la visione come l'audio senza una presa diretta adeguata, un sacco di riverberi, una fotografia che spesso cambia tonalità di netto, alcune inquadrature a mano che sembrano particolarmente improvvisate e un finale che a parte la scena delle bestie feroci lascia allibiti.
Bogliano a voluto omaggiare il sotto genere con una sua versione argentina, il che poteva essere un elemento interessante, ma rimane purtroppo scandito da un ritmo che fatica a procedere, un cast che a parte le ragazze lascia a desiderare e una tecnica che probabilmente richiedeva un budget maggiore.



lunedì 17 settembre 2018

One eyed monster


Titolo: One eyed monster
Regia: Adam Fields
Anno: 2008
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Una troupe si reca a girare un film porno in un posto sperduto tra le montagne americane. Tra gli attori c’è Ron Jeremy, celebre attore hard americano famoso per le dimensioni del suo pene ma che, assieme alla sua donna, è ormai giunto a fine carriera. Se però la donna è ancora capace di dare il meglio di se sul set, lo stesso non si può dire per il povero Ron che ad un certo punto è costretto a fermare le riprese. Esce fuori dalla piccola casetta di legno dove si sta girando per prendere aria ma un bagliore improvviso lo colpisce Ron si staccherà iniziando a seminare il panico tra i membri della troupe!

Una perla del trash. Sembra assurdo che sia uscito lo stesso anno di un altro film che promuoveva le gesta di un cazzo killer che si stacca dal corpo per andare a uccidere o riprodursi.
Chissà se Henenlotter e Fields si conoscono ma di certo la scuola è simile così come il taglio horror, parodistico e demenziale nonchè grottesco, wierd e ironico che caratterizza la trama e tutto il resto.
Un film piacevole che si muove a cavallo tra i generi (commedia, sci-fi, drammatico, horror) promuovendo una recitazione semplice di non professionisti, se non nel ramo del porno, e montando una struttura sui dialoghi divertente, molto sboccata ma mai volgarmente fastidiosa.
Le scene indimenticabili non si contano così come le morti portate sempre all'irriverenza con le battute che vengono pronunciate subito dopo gli omicidi "Angel ha un cazzo in bocca!" "E allora?" "Sì, ma non è attaccato a nessun uomo!" o il cacciatore che arriva per ultimo e che sembra aver avuto a che fare con la stessa "creatura" in Vietnam oppure una specie di orgasmatic, un simulatore neuro-tattile che permette di ovviare all'assenza di un partner dove dentro sono salvate le caratteristiche di più di duemila attrici con cui poter "interagire".
Un film che parte in modo dichiaratamente prevedibile e sboccato per tutta la durata vivendo di colpi di scena che seppur telefonati sono così originali, vista la tematica, che faranno ridere come non capitava da tempo per chi ama questi esperimenti sul genere.

One Eyed Monster a differenza di Bad Biology essendo un horror racchiuso nel mondo del porno, prende di mira proprio le convenzioni e le modalità di entrambi, così sia uno che l'altro sbeffeggiati nel migliore dei modi portano a delle battute memorabili e alcune scene cult che difficilmente potranno essere dimenticate.

giovedì 13 settembre 2018

Blind Loves


Titolo: Blind Loves
Regia: Juraj Lehotsky
Anno: 2008
Paese: Slovacchia
Giudizio: 3/5

Slovacchia, 2005. Il film segue tre anni nella vita di quattro persone cieche: Peter, insegnante di musica e compositore che condivide la sua vita con Iveta; Miro, un playboy della Roma che vive a casa con sua madre e frequenta Monika nonostante la disapprovazione dei suoi genitori; Elena, che sta aspettando con ansia il suo primo figlio e infine Zuzana, che ha appena iniziato una scuola integrata ma si trova in cerca di amore e amicizia online.

L’amore può essere dolce, stupido, e, a volte, può anche essere cieco… Trovare il proprio posto in questo mondo non è cosa facile per nessuno, ma quanto è più difficile quando si è non-vedenti? La “visione” delle persone cieche è pura ed essenziale, e spesso anche spiritosa. Fa scoprire una nuova dimensione sul senso della felicità.
Originale, così andrebbe definito il documentario del regista slovacco.
Un'opera con vari aspetti e scene surreali (basti pensare alla citazione dell'ATALANTE di Jean Vigò) in quella scena onirica e bellissima in cui Peter scende nei fondali marini e trova una piovra gigante.
Un film che spesso lascia disorientati proprio per la materia che tratta ovvero di come i cechi percepiscono il mondo. L'idea di aver fatto un film corale con diversi siparietti e descrivendo microcosmi molto diversi ma accomunati dalla cecità è un'idea valida e molto profonda che trova vari aspetti su cui fermarsi a riflettere.
Ad esempio una scena che identifica l'ansia e la paura ma allo stesso tempo diventa un aspetto della quotidianità della vita di questi protagonisti è quella della discoteca dove lei viene invitata a ballare da uno sconosciuto e il compagno per un attimo teme che possa succederle qualcosa, chiedendosi in maniera del tutto pertinente perchè mai uno che vede dovrebbe chiedere di ballare ad una non vedente. Un'opera che fa luce su degli aspetti per noi completamente nuovi dove la percezione del mondo vista dalla loro parte spesso è più essenziale e intuitiva di quanto si pensi soprattutto se può dar luce e forma ad una nuova dimensione di realtà.
Dei quattro capitoli o delle quattro storie è solo l'ultima a esprimere e descrivere la solitudine e la tristezza mentre nelle altre il bisogno o l'urgenza è forse proprio quella di concepire l'ironia alla base dei rapporti di coppia o quelli madre/figlio che esprimono tenerezza ed empatia e forse una delle uniche armi che noi tutti abbiamo per vivere sereni la nostra esistenza.



martedì 27 giugno 2017

Los Bastardos

Titolo: Los Bastardos
Regia: Amat Escalante
Anno: 2008
Paese: Messico
Giudizio: 4/5

Ventiquattro ore nella vita di Fausto e Jesus, due immigrati messicani illegali a Los Angeles che, come molti loro connazionali, aspettano ogni giorno che qualcuno gli offra un lavoro giornaliero. Oggi il lavoro che gli è stato offerto è molto ben pagato, invece. Un uomo gli ha chiesto di uccidergli la moglie. E Jesus esce di casa portandosi una pistola nello zainetto. Con lunghi piani sequenza, Escalante racconta la drammatica normalità degli eventi, che porteranno a un'esplosione di violenza improvvisa, disperata e incontrollabile.

“Sei mai stato all’inferno?” “Sì.”
Escalante ci mostra un inferno su cui si parla poco. Quello del dramma e della profonda inquietudine dei giovani precari messicani.
I due protagonisti del film sembrano per alcuni aspetti, o vagamente, ricordano l'indiano Deep di THE BRAVE anche se in quel caso erano 50 dollari per partecipare ad uno snuff-movie, un modo come un altro per tirare a campare sacrificando la propria vita per la sopravvivenza dei propri cari.
Anche il mondo di Escalante è lo stesso. Soldi per campare in cambio di favori da parte della classe media borghese. Soldi che anche in questo caso servono per sopravvivere.
In questo caso la realisticità e la messa in scena nonchè la scelta d'intenti del regista è formidabile perlomeno nell'aver realizzato un film formalmente raffinato e interessante, ma pur sempre brutale nelle scene all'interno della casa, mantenendo una forza interna e una struttura di fondo invidiabili.
Los Bastardos (il titolo è profetico e non risparmia la critica nell'individuare chi è il vero bastardo). Un film d'impatto e brutale che nella sua apparente staticità prende forma velocemente in una risposta esplosiva e incontrollata.
Un'opera che si prende il suo tempo con le sue pause nonchè i suoi silenzi. Un film che fagocita e cita tra le righe tanto cinema contemporaneo e Escalante si vede che ha voglia di farsi prendere la mano almeno dal punto di vista della messa in scena con alcuni virtuosismi e piani sequenza.
Uno spaccato sociale forte, ambiguo, un'opera morale che chiede e vorrebbe dare voce e speranza ad una fetta di popolazione messa alla gogna dallo stesso sistema capitalistico che li esclude, di fatto, per renderli gregari di tutti e di nessuno.





domenica 26 febbraio 2017

Parada

Titolo: Parada
Regia: Marco Pontecorvo
Anno: 2008
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Un clown francese di origine algerina, orfano di padre e nomade di indole, decide di dedicare la propria esistenza al recupero dei "boskettari", i bambini rumeni che dormono in giacigli improvvisati all'interno della rete fognaria. Con il suo volontarismo idealista, si mette contro la polizia e la mafia locale, cui rischia di sottrarre la manovalanza.

Miloud Oukili, un clown di strada di origine franco-algerina arrivò in Romania nel 1992, tre anni dopo la fine della dittatura di Ceausescu, trovandosi di fronte ad una situazione davvero spiacevole: quella dei bambini dei tombini che, abbandonati da tutto e da tutti, si riunirono in condizioni estremamente disagiate nella rete dei canali. Duramente colpito dal loro modus vivendi, paragonabile a quello degli animali, Miloud, pur osteggiato dalla polizia rumena aiutato in minima parte da alcuni assistenti sociali, fece di tutto per aiutarli, insegnando loro l’arte circense e successivamente allestendo veri e propri spettacoli che ancora oggi porta in giro per l’Europa.
Parada è un importante film che tratta tematiche sociali come il disagio minorile, la fiducia, l'amicizia, il senso di appartenenza e tanto altro ancora.
Il figlio del noto regista segue i suoi piccoli boschettari, una realtà poco conosciuta nel cinema, cercando attraverso gli occhi di Miloud di trovare speranza e redenzione.
E'un film che per forza di cose tocca le corde dell'anima, grida tutta la sua disperazione, denuncia la corruzione accettata e voluta in Romania parlando anche di prostituzione infantile, di corpi straziati, di questi piccoli angeli deformati dalla droga e costretti a vivere di stenti rischiando la morte tutti i giorni e sfuggendo dalle mani di chi riesce a venderli come oggetti, come nella scena in cui la bimba scappa dall'orfanotrofio e viene trovata morta stuprata con le ossa rotte (viene detto e non mostrato).
E'un film che dice tante cose ma per fortuna a livello di violenza evita di mostrare le atrocità pur insistendo molto sulle location in cui la gente preferisce tacere, sui volti sporchi e le regole di sopravvivenza da mantenere sempre con il sacchetto di vernice alla bocca.
Allo stesso tempo l'opera di Pontecorvo è una denuncia da parte dello stesso Occidente che si meraviglia quando si sposta di poco nei paesi dell'Est scoprendo un orrore che non sembrava possibile. Nel mirino ci sono tutti: dall'opportunismo delle istituzioni, all'ambasciata francese, le stesse forze dell'ordine e le Ong che pensano solo ai propri interessi. Forse l'unica debolezza che si può muovere al film è nella sceneggiatura scritta a quattro mani con Roberto Tiraboschi in cui seppur viene raccontata una storia vera e profonda, lascia quell'amaro in bocca di chi in fondo ha seguito una linearità tematica coerente ma allo stesso tempo senza colpi di scena, in cui tutto va come deve andare senza sorprese.
Miloud ad un certo punto quando si trova quasi tutti contro ha l'idea che provocherà il più grosso cambiamento della sua vita. Stufo delle Ong e delle istituzioni decide di creare un'associazione tutta sua. In questo modo potrà girare con i ragazzi costruendo palchi in giro per il mondo e vivendo di rendita con gli spettacoli. Un'idea semplice ma che mostra l'immediata coerenza degli intenti del clown e della sua forza nel cercare di creare un cambiamento.
Miloud è rimasto 12 anni a Bucarest.





martedì 6 settembre 2016

Bad Biology

Titolo: Bad Biology
Regia: Frank Henenlotter
Anno: 2008
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Jennifer e Batz sono due ragazzi con degli strani problemi sessuali. La ragazza è nata con sette clitoridi ed è sempre eccitata e subito dopo ogni rapporto sessuale partorisce dei bambini mutanti. Batz ha invece un pene enorme con una volontà sua, tossicodipendente e capace di provocare orgasmi allucinanti alle ragazze. Per fare due soldi e saziare la fame di droghe e steroidi del suo pene, il ragazzo accetterà di ospitare in casa sua un set fotografico guidato da Jennifer ed i due finiranno per conoscersi.

Una donna con sette clitoridi e un uomo con un pene che se ne và in giro a scopare modelle in giro. E'tutto vero, sono due idee del cazzo che già da sole muovono una certa curiosità nell'ambito weird e soprattutto splatter contando che stiamo parlando di Frank Henenlotter, l'autore di BASKET CASE. Il regista ritorna a girare un film dopo quasi sedici anni di inattività. Ecco forse è proprio questa se vogliamo la critica principale che si può fare al film.
Mentre la Troma e altri registi fedeli a Kauffman e all'exploitation osavano in un certo periodo storico, qui Henenloter se ne esce con questa pillola nel 2008 quindi se vogliamo dirla tutta con un certo ritardo rispetto a quanto ci si poteva aspettare contando che il cinema in quanto a malattia e oscenità sembra aver mostrato ormai tutto e difficilmente si rimane ancora inorriditi di fronte alle scene di violenza.
I b-movie a volte hanno la fortuna di potersi togliere il mantello della credibilità e della seriosità puntando su una clamorosa esagerazione di momenti trash, comici e allo stesso tempo violenti come difficilmente capita in altri contesti.
Poteva essere un film della Troma per certi versi, eppure nonostante tutto la trama non è poi così ridicola anche se di certo non porta l'effetto folle e bizzarro come in altre pellicole.
Eppure quel suo taglio low-budget unito alla commedia erotica politicamente scorretta, funziona molto più di altri suoi simili e non si vergogna di mettercela tutta e creare un humus offensivo e disgustoso di un cinismo crudo ed esagerato dove i bambini vengono partoriti dopo due ore e diventano mostriciattoli da buttare nel cestino.



Strafumati

Titolo: Strafumati
Regia: David Gordon Green
Anno: 2008
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Dale Danton è un impiegato del tribunale che frequenta spesso uno spacciatore di nome Saul Silver per procurarsi marijuana. Saul ha a disposizione il meglio in materia e un giorno gli offre l'erba più esclusiva sul mercato: la Pineapple Express. E' così speciale che fumarla può far sentire in colpa come nell'uccidere un unicorno. Purtroppo però Dale assiste a un omicidio commesso da una poliziotta corrotta e dal signore dello spaccio di droga locale a cui stava per consegnare un mandato di comparizione. Dale, in preda al panico lascia il joint che stava fumando sul posto e diviene così oggetto delle attenzioni di chi non desidera avere testimoni. Anche Saul viene coinvolto, in quanto in grado di portare gli assassini sulle sue tracce. I due sono così costretti a fuggire per evitare il peggio.

Strafumati fa parte di quella serie di film con protagonisti Seth Rogen o James Franco o Hill o altri simili che confezionano, per fortuna adesso di meno e con più qualità, commedie comiche e parodistiche che spesso e volentieri alla base hanno erba, guai e tante risate.
Se proprio volete ridere a costi zero e spegnendo quasi del tutto il cervello Strafumati fa al caso vostro. Invece dovrete aspettare qualche anno per avere un salto di qualità in più dal gruppetto di amici in film come FACCIAMOLA FINITA e THE NIGHT BEFORE.
"Pinapple express" nella sua idiozia di fondo conta sicuramente alcune gag riuscite e il duo cerca di mettercela tutta improvvisando in svariati momenti e contando sulla sceneggiatura di Rogen e lasciando quasi invisibile la regia del buon Gordon Green ancora bisognoso di far emergere il suo talento.
Un film che poteva risultare più riuscito se solo avesse smesso per un attimo di prendersi sul serio soprattutto gigioneggiando con un'indagine che alla lunga stanca e alla fine arriva ad essere troppo lunga e noiosa. Se poi contiamo il finale esagerato pieno di sparatorie e citazioni di b-movie d'azione allora il risultato rischia pure di scadere nel patetico.


martedì 12 aprile 2016

Revanche- Ti ucciderò

Titolo: Revanche- Ti ucciderò
Regia: Gotz Spielmann
Anno: 2008
Paese: Austria
Giudizio: 4/5

In città o si diventa arroganti o farabutti: con queste parole viene descritto Alex a pochi minuti dall'inizio il quale, occorre dirlo, di certo stando a Vienna non è diventato arrogante. Uscito di galera qualche tempo prima dell'inizio del racconto, ora fa l'autista per il padrone di un bordello e ha commesso il terribile errore di innamorarsi, ricambiato, della prostituta più richiesta. Insieme meditano la fuga per la quale gli occorrono però parecchi soldi, lei infatti è seriamente indebitata. C'è solo un modo per Alex di procurarsi quella cifra e in fretta: una rapina ben fatta. Purtroppo un piccolo ingranaggio del meccanismo non va per il verso giusto influendo sulla fuga dei due amanti dalla città e dando alla storia una seconda parte radicalmente diversa. Nel passaggio da città a campagna (dove il dolore si rimugina tagliando la legna e ha la forma della gigantesca catasta di ciocchi che ne risulta), il silenzio della seconda si contrappone al caos della prima e il noir diventa una dramma a due: la lentissima caccia che l'autoproclamato giustiziere dà al colpevole, suo ignaro vicino di cascina.

Sono appassionato dei viaggi di redenzione e degli anti-eroi.
Diciamo che quando calcano scelte morali che distruggono la psiche per tuttta la durata del film mi piacciono ancora di più. Riesco a vedere più realisticità e poesia in loro di moltri altri personaggi di Fiction o di televisione.
Revanche è un poliziesco classico austriaco, un noire sulla malavita "immigrata", con dei bruschi cambi di struttura che lo risparmiano dall'essere telefonato e scontato e dall'altro inseriscono delle pause di riflessioni interessanti sui cui portare lo spettatore a chiedersi cosa avrebbe fatto al posto di Alex.
Un film che indaga il senso della vendetta senza concedersi in modo forzato ma cercando di mantenere degli intenti che lo collocano come un'opera a tratti esagerata ma sicuramente matura e intensa.
Lo sguardo freddo e distaccato della regia e di Alex sono doverosi per dare un'idea di un luogo, dei grigi confini della periferia e di una quotidianità fatta di nulla e di espedienti.
L'ottica di Spielmann sembra essere proprio questa, molto esistenzialista.

Una convinzione che ci sia un senso a guidare gli accadimenti e l'esistenza, in una prospettiva percorsa da una qualche forma di ottimismo senza lieto fine.  

domenica 30 agosto 2015

It might get loud

Titolo: It might get loud
Regia: Davis Guggenheim
Anno: 2008
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Un documentario sulla chitarra elettrica dal punto di vista di tre importanti musicisti rock: the Edge, Jimmy Page e Jack White. Nel film i tre parlano e confrontano le loro tecniche e suonano assieme. Il film è stato presentato al festival di Toronto e al Sundance.

I documentari sulla musica importanti e clamorosi non sono ancora moltissimi.
La possibilità di Guggheneim, regista che presenterò tra poco, di mettere insieme tre straordinari musicisti (in realtà rimango sempre un pò perplesso sul talento indiscusso di The Edge) non deve essere stato facile, soprattutto contando gli impegni di Jack White e la fama di Jimmy Page, qui in veste anche di produttore, che non a caso si è preso un ruolo quasi da protagonista per far vedere due generazioni e due modi di pensare la chitarra elettrica completamente diversi dal suo.
Eppure il documentario è strutturato in modo abbastanza atipico apportando una connotazione soprattutto legata ai target generazionali, alla manualità, ai luoghi in cui gli artisti sono cresciuti e infine sulla loro concezione musicale.
Il risultato è interessante, a livello tecnico non ha grossi pregi, ma non è quello l'elemento di spicco quando vedi Jack costruirsi un apparecchio musicale o il trio che improvvisa un brano melodico con assoli e tutto il resto.

Guggheneim invece è un regista che era partito malissimo per poi piano piano cercare di trovare un suo percorso e sembra che il documentario sia stata la scelta giusta.

martedì 28 luglio 2015

Park of Terror

Titolo: Park of Terror
Regia: Steven Goldmann
Anno: 2008
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Basato su un fumetto, narra la storia di 6 ragazzotti scatenati che si recano in gita, ma il loro bus ha un incidente e sono costretti a trovare un riparo in attesa dei soccorsi. Trovano una specie di luna park abbandonato lungo la strada in cui rifugiarsi per la notte, senonchè, al calare delle tenebre, qualcosa sembra prendere vita tra i baracconi deserti...

Park of Terror è il circo del già visto.
Una ragazza abbandonata al suo destino, la morte del principe che l'avrebbe potuta salvare, un essere speciale che le dà l'arma della vendetta, la vendetta, la maledizione e infine la carneficina a danno di un gruppo di imbecilli capitanatai da un prete arrapato.
I limiti del film sono troppi, le scelte narrative prevedibili e scontate, il cast non è nemmeno troppo malaccio ma gestito senza redini. Le morti sono esposte e celebrate con la solita routine di genere, non si salva davvero nulla, poi addirittura annoia, pur cercando di essere un concentrato di ritmo dopo i primi '40 senza riuscirci.
Poi ci sono alcune assurdità che secondo me non sono presenti nemmeno nel fumetto da cui è trasposto. E'un film che sbaglia il registro non esssendo mai inquietante, non facendo ridere e cercando di puntare su uno humor nero invecchiato quanto i bifolchi che amano il parco.

Si consiglia la visione se cercate qualcosa di inutile, se vi piacciono mostri, maledizioni, parchi abbandonati e tutto il resto. Alla fine i '10 iniziali sono quanto di meglio Goldmann riesce a sfornare almeno fino a quando muore il presunto principe azzurro di Norma.

lunedì 27 aprile 2015

Sons of Anarchy

Titolo: Sons of Anarchy
Regia: AA,VV
Anno: 2008-2014
Paese: Usa
Stagioni: 7
Giudizio: 4/5

Le peripezie di una banda di motociclisti del profondo sud americano alle prese con traffico di armi e faide tra bande.
In una cittadina dell’America rurale del New Mexico, Charming, una banda di motociclisti dediti al traffico d’armi, fa base ormai da due decenni. Lo sceriffo del luogo, Unser, è connivente con il leader del gruppo, Clay, convinto che questo sia un piccolo prezzo da pagare per avere un’oasi felice in cui i cittadini di Charming possano vivere senza problemi.
Ma il cambiamento, o il progresso, è in agguato.
I vecchi accordi sembrano lentamente sgretolarsi sotto la pressione di nuovi interessi. Il vice sceriffo Hale non è disposto a seguire i vecchi accordi e all’interno dei Samcro, il figliastro di Clay, Jax, nuovo leder designato, non è convinto che la strada intrapresa dal club sia quella segnata a suo tempo dal padre, fondatore del gruppo morto in circostanze misteriose.
Gemma la madre di Jax ha fatto di tutto, compreso risposarsi con Clay, per far si che Jax diventasse l’uomo freddo e spietato che lei vorrebbe a capo del gruppo, ma il ritorno in città della vecchia fiamma di Jax, Tara, che aveva deciso di abbandonare questo tipo di vita rischia di mettere a repentaglio il suo “lavoro”.
Come se non bastasse da un lato l’FBI, guidata dall’agente speciale Stahl, è sulle tracce dei Sons con la speranza di arrestare i leader dell’IRA che forniscono le armi spacciate dai motociclisti.
Dall’altro un’organizzazione di ariani ha deciso di mettere le mani sulla città per usarla come base per spacciare droga.
La guerra per i Sons è aperta su molti fronti, compreso quello interno dove Clay e Jax hanno in mente strade opposte per il club.

Samcro: Sons of Anarchy Motorcycle Club Redwood Original.
Dal 2008 al 2014 c'è stata questa serie strutturata in sette stagioni che mi conquistò, stranamente, visto che non amo troppo le serie tv.
I motivi che mi colpirono furono molti. Il fatto che sia sempre stata snobbata dall'Academy perchè pensavano che fosse ingenua e forse tendenzialmente reazionaria, oltre essere sempre stata digiuna di qualsiasi riconoscimento o premio.
Sons of Anarchy mi ha lasciato spesso con il fiato sospeso, ha smosso in me diversi sentimenti, ha saputo portare a casa alcuni colpi di scena importanti e più di tutto ha lavorato e ha saputo mantenere una coerenza dall'inizio alla fine.
Un universo di personaggi indimenticabili che ancora adesso mi riporta a pensare ad alcuni di loro, alla crescita, l'evoluzione e la magnifica caratterizzazione.
Due note sul cast. Dal poco conosciuto Hunnam, carismatico e caucasico per eccellenza (una sorta di Brad Pitt) che in passato si era fatto notare per alcuni film (HOOLIGANS, RITORNO A COLD MOUNTAIN,CHILDREN OF MEN) e i validissimi attori di secondo piano visti milioni di volte anche sul grande schermo come Ron Perlman, Tommy Flanagan, Mark Booner Jr. e Kim Coates, giusto per citarne alcuni, oltre all’incredibile Katey Segal (peraltro vincitrice di un Golden Globe proprio per questo ruolo), già moglie di Sutter.
Non mi piace commentare stagione per stagione, oppure episodio per episodio (come fanno molti blogger) preferisco lasciare che la nostalgia e le impressioni facciano la loro parte scrivendo queste poche righe per trasmettere l'importanza e la forza di questa incredibile serie targata Fx (FARGO, AMERICAN HORROR STORY, SHIELD, STRAIN, AMERICANS, WILFRED).
Sons of Anarchy è un viaggio on the road capace per ben sette stagioni di lasciare con il fiato sospeso. E saranno le moto (rigorosamente Harley Davidson), sarà l’incredibile realismo, ma l’appeal di questo prodotto è piuttosto trasversale.
La tragedia narrata da Kurt Sutter ha preso spunto dalle vicende di una banda di motociclisti delinquenti e farla diventare materiale da epica moderna, con una sua mitologia e simbolismi propri, raggiungendo un traguardo insperato non era affatto un compito semplice. Non è un caso che proprio Sutter si sia staccato e abbia intrapreso questa strada, nato e cresciuto nell’America del New Jersey, quella sorta di landa ai limiti della metropoli più grande del mondo, che racchiude una criminalità organizzata dall’alba dei tempi. Facile quindi creare quelle trame complesse e soprattutto che coinvolgono aspetti anche innovativi (come un'intera stagione sull'IRA).
Costellato di imperfezioni, sentimentalismi a volte forzati, la serie ha comunque saputo essere sempre intensa ed emozionante trovando nel sangue, nell'essere brutale, violenta e a volte insensata, colpendo però con spietatezza in numerose occasioni.
Con le dovute citazioni e prese in prestito, Sutter partendo da un giovinotto come Jax, ha saputo trasformare la sua storia in un viaggio dell'eroe, in un percorso di formazione e redenzione straordinario, citando sotto le righe AMLETO e portando ad alcune riflessioni che non sembrano fare parte dell'universo delle gang criminali e dei motociclisti puntando invece su un discutibile codice d'onore che in America e tra le gang ha un enorme significato

Sons è proprio la storia di uno dei figli di quella cultura in perenne conflitto tra quello che è, quello che vorrebbe diventare e quello che gli altri si aspettano che diventi.