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lunedì 30 dicembre 2019

Chien


Titolo: Chien
Regia: Samuel Benchetrit
Anno: 2017
Paese: Francia
Giudizio: 4/5

Jacques Blanchot ha una moglie che lo allontana da casa perché soffre di un'allergia fisica nei suoi confronti. Il figlio è scarsamente interessato a lui e il lavoro, in un negozio dove tutto è in svendita, non gli dà molte soddisfazioni. Avendo deciso di acquistare un cane si iscrive a un corso di addestramento. Finirà con l'essere addestrato.

Accettare di essere dominati da qualcuno, fare in modo di essere prevaricati dall'altro.
La dominazione di un altro essere umano e allo stesso tempo l'incapacità di Jacques di non essere dominato dagli altri. Una piccola commedia grottesca, una parabola nera su come si possa involontariamente danneggiare i nostri affetti, quelli che più ci stanno vicino, arrivando a creare un'allergia stando solo a contatto con la moglie, come l'incipit ci fa subito capire quali potranno essere gli intenti tragici del film.
Una moglie bellissima e un protagonista che sembra abbastanza squallido, viscido è connotato da una tristezza e malinconia come se fosse un giovane adulto alle prese con lo strano senso di pusillanimità visto dagli altri.
Chien solo apparentemente potrebbe sembrare un film semplice quando in realtà è molto complesso e stratificato. Controllo e sottomissione, tutto il film vive di contrasti forti, dall'apparente innocenza di Jacques fino alle esplosioni di violenza bestiale.
Persone improvvisate (addestratori di cani) che vogliono controllare le masse, la trasformazione da uomo a bestia, l'essere costretti a vivere derisi da tutti, il nichilismo di vedere la società come uno strumento in grado di spremerti fino alle ossa e approfittare della tua ingenuità. Infine l'accettazione di un omologazione che ti porta a indossare il collare tutti i giorni andando a lavoro, mandando avanti un sistema di leggi che ci mette sempre a quattro zampe, che ci vuole tutti scodinzolanti felici nonostante continuiamo a fingere che non sia così.
Il regista sceglie poi dei meccanismi che portano dalle risate assicurate fino a momenti di pura bestialità, sottomissione, tortura dove si rimane reclusi nella gabbia, si indossa il collare, ci si prende una scossa di Tazer per punizione e si finisce a mangiare crocchette.
Il film riesce ad essere paradossale dall'inizio alla fine, una favola nera di umorismo cupissimo e spesso provocatorio finendo per essere volutamente fastidioso e insopportabile.