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mercoledì 27 marzo 2024

Random Acts of Violence


Titolo: Random Acts of Violence
Regia: Jay Baruchel
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Il disegnatore Todd Walkley e il suo editore Ezra hanno fatto fortuna grazie a un fumetto basato su un serial killer realmente esistito di nome Slasherman. Durante un tour promozionale per pubblicizzare l'ultimo capitolo del loro lavoro, fanno tappa nella città in cui vent'anni prima Slasherman aveva seminato il terrore. Al loro arrivo, però, si sussegue una nuova ondata di efferati crimini, stranamente simili a quelli raccontati da Todd. Speculazione e paranoia prenderanno presto il sopravvento, sollevando mille interrogativi sul nuovo misterioso assassino.
 
Nonostante la visione sia stata interrotta da diversi sbadigli e da un ritmo che in più parti ci mette davvero troppo ad ingranare, il film di Baruchel se non altro cerca di trovare qualche elemento originale nel soggetto e nella riflessione a cui porta questo slasher. Si parla di fumetti, in questo caso del torture porn che sembra materia naturale per la coppia di protagonisti senza moralismi o il fatto che squartare delle donne possa non piacere a Kathy la ragazza di Todd. Invece per fortuna siamo in America dove almeno da questo punto ognuno è libero di fare il cazzo che gli pare.
Se nella prima parte il villain viene generato e cresciuto a suon di tavolozze e omicidi, nella seconda parte e soprattutto nel climax finale dove ci sarà un tosto face to face, entrambi verrano messi di fronte alla responsabilità che ha di fatto l'arte e in questo caso del suo disegnatore Todd
nei confronti del suo pubblico scegliendo di mettere in scena la violenza estrema soprattutto sulle donne e del tipo di pubblico che questo genere finisce per attrarre che manco a farlo apposta è perlopiù composto dalle stesse donne che dimostrano di amare l'horror e il porno più degli uomini.

sabato 2 settembre 2023

Informer


Titolo: Informer
Regia: Andrea Di Stefano
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Pete Koslow è un ex soldato con un passato in carcere, e un informatore per l'FBI. Infiltrato come corriere della droga in un clan polacco, è impegnato a cercare di incastrare Il Generale, lo spietato mafioso che comanda il cartello. Durante l'operazione che dovrebbe portare all'arresto del criminale, però, qualcosa va storto: un poliziotto viene ucciso e la polizia di New York comincia ad indagare su Pete. All'FBI non resta che rimandarlo nel carcere di Bale Hill, come gli ha ordinato di fare il Generale, che vuole fargli gestire la droga all'interno della prigione. Ma uscire da lì dentro non sarà così facile.
 
Thriller, spionaggio, action movie, spy story. Informer è un ibrido impantanato e invischiato in così tanti generi e convenzioni da risultare quasi un esercizio di stile. E'potente per ciò che concerne il pathos di alcuni personaggi, aspetti della storia, la solita difficile e quasi perversa vita che fanno gli agenti infiltrati. Tutto secondo i classici dictat del cinema americano. Spostandosi da un paese all'altro, da una famiglia criminale all'altra, Pete risulta quasi anonimo nel suo essere sprezzante e nell'ubbidienza ceca verso i suoi capi. Ci sono ovviamente alcuni colpi di scena, qualcuno anche inaspettato, i giochi di potere dall'alto sembrano farsi beffe della vita dei propri agenti sottoposti e infine un'altra importante prova per Di Stefano prima di arrivare al thriller italico che lo consacrerà come uno degli autori di genere più importanti del nostro cinema. La peculiarità di questo autore si vede proprio in una produzione così smisurata come Informer dove il regista muove solo alcuni pedoni a differenza della sua ultima opera dove comanda tutta la scacchiera e il risultato è più che evidente.

lunedì 2 gennaio 2023

Deeper you dig


Titolo: Deeper you dig
Regia: John Adams e Toby Poser
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

All'indomani di un incidente stradale, il confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti si annulla per una madre, una figlia e uno sconosciuto.
 
E' interessante il percorso artistico dei due registi che successivamente se ne uscirnano con un altro intenso film come HELLBENDER. Sicuramente Toby Poser è appassionata di magia, esoterismo e tanti elementi che qui scattano e nel film successivo verranno ripresi con ancora più intensità.
Deeper you dig più che un horror, anche se a tratti lo ricorda, sembra più un thriller grottesco.
Quasi dalle parti di FARGO per intenderci, in mezzo alla neve e alle montagne, dove si vive isolati, dove ci sono pochissime persone e dove sembra facile poter nascondere un cadavere.
L'opera mostra una cura maniacale per i particolari, per come vengono dilatati i tempi e su come si portino alla follia alcuni personaggi in particolare Jack, il quale deve ristrutturare un rudere dove Ivy quando era più giovane ci andava a ballare e dove Echo finirà per apparirgli dopo la morte.
Nulla in questo film è legato al caso, dai nomi dei personaggi, alla strana combinazione per cui John Adams, Toby Poser e Zelda Adams oltre a essere protagonisti sono anche e rispettivamente marito, moglie e figlia, di come vengano inseriti diversi generi con scene suggestive e altre dove nel silenzio apparente viene evocata una certa atmosfera funzionale per gli intenti e gli obbiettivi di alcuni personaggi. E' un film molto misurato dove la fotografia fredda e tutti questi blu e bianchi risaltano per dare quel senso di impotenza e solitudine in mezzo a vallate fredde e inospitali.
Un film che dimostra da parte di questi autori una grande fame di voler raccontare, mettendosi in prima linea e curando un'opera come se facesse parte integrante del processo e della crescita artistica ma anche dello stesso nucleo familiare.


giovedì 15 dicembre 2022

Inferninho


Titolo: Inferninho
Regia: Pedro Diogenes e Guto Parente.
Anno: 2019
Paese: Brasile
Giudizio: 4/5

Il bar di Deusimar è molto speciale. È un luogo dove un cliente vestito come un Topolino qualsiasi può sedere accanto a uno vestito come Wolverine, mentre il barista indossa un abito da coniglietto rosa e le vocalist non sono proprio intonate. Gay, etero, drag queen e fan della Disney popolano il locale per vivere a pieno i loro sogni e non nascondersi da nessuno.
 
Ormai è da anni che sono un fan sfegatato delle produzioni indipendenti brasiliane. Inferninho è semplicemente favoloso, adorabile, tenero, emozionante. Un film tutto concentrato sulle dinamiche che si intrecciano dentro il bar Inferninho, che qualcuno vorrebbe chiudere per costruire in quella favelas un resort di successo ma una sorta di patto magico vuole invece che non chiuda mai per dare la possiblità alla sua combriccola di personaggi di continuare a sognare. E'un film molto semplice nella meccanica, nella messa in scena, ma penetrante per quanto concerne emozioni e sentimenti, romantico nel suo sentimentalismo mai scontato. Girato con trentamila euro il film doveva essere una piece teatrale e la sceneggiatura infatti lo mostra pedestremente trascurando tutto ciò di superfluo come l'azione o le location per concentrarsi sulle interpretazioni e i dialoghi. Un film colorato e musicale dove le forme, le mode, i gusti sessuali sono tutti mai scontati ma profondamente bizzarri e allo stesso tempo sono manifesto della pietà umana e dell’empatia come l’unico rimedio a un mondo altrimenti freddo e inospitale.
La scena del sogno e la canzone di Vermelho Azulzim- Soledad lo dimostrano. Guto Parente è poi il regista dell'interessante CANNIBAL CLUB

domenica 27 novembre 2022

Butt Boy


Titolo: Butt Boy
Regia: Tyler Rice
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Il film racconta la storia di Chip Gutchell, un uomo sulla quarantina con un lavoro che detesta, un matrimonio infelice, disorientato dalla recente paternità. Se le premesse sembrano banali, presto la conformità dell'americano medio Chip verrà spezzata. Sono trascorsi appena 13 minuti dall'inizio del film quando il protagonista quasi inespressivo e dalla gestualità apatica, rimane segnato dall'esperienza del primo esame prostatico. Se per molti questo controllo risulta invasivo o umiliante, quando Chip viene sottoposto dal medico all'ispezione anale prova da subito un brivido di piacere, che di lì a poco si trasformerà in un impulso morboso: non potrà più fare a meno di esplorare il proprio retto.
 
Butt Boy è uno dei film più strani e bizzarri che ultimamente mi siano capitati di vedere e di film weird e folli ne fruisco una quantità immane. Un uomo che scopre di poter assorbire oggetti ed esseri umani nel suo buco del culo, in una sorta di universo parallelo tra pareti di carne e una sorta di ventre della balena. Che siano telecomandi, cani, bambini, poliziotti, il suo culo riesce a contenere proprio tutto. Ma questo avviene solamente dopo aver mostrato una realtà che per quanto edulcorata sia incredibilmente drammatica e depressiva. Un matrimonio allo sfascio, un problema con l'alcool in cui poco ser vono le riunioni con gli AA e in cui la nuova dipendenza irrefrenabile diventa proprio quella di inserire cose nel retto dopo la piacevole scoperta dell'esame prostatico.
Una monotonia perversa e dei colleghi di lavoro che sembrano dominati dal loro folle datore di lavoro che si lancia in balletti cercando di creare gruppo e come sostiene al detective, da quando c'è lui non è mai stato licenziato nessuno.
Butt Boy è un esordio eccellente, un low budget, un b movie assoluto, mondi impensabili nel deretano, finale con tinte di body horror esageratamente splatter, un survivor movie, un poliziesco, un dramma, un'indagine sulla discesa all'inferno di un uomo e oltre tutto ciò, una chiave ironica con cui Rice condisce situazioni, dialoghi, scambi tra personaggi e scene quanto mai bizzarre

Peaky Blinders- Season 5


Titolo: Peaky Blinders- Season 5
Regia: AA,VV
Anno: 2019
Paese: Gran Bretagna
Stagione: 5
Episodi: 6
Giudizio: 4/5

La quinta stagione si apre con un salto temporale di due anni, con le conseguenze del Crollo di Wall Street che manda in fumo i progetti dei Shelby che puntavano a gestire il proprio impero economico in modo legale, anche a causa di un quasi imperdonabile errore di Michael che ha fatto perdere molti soldi alla compagnia, scatenando l’ira di Tommy e perdendo completamente la sua fiducia. Thomas, dopo esser stato eletto tra le fila del partito laburista, deve affrontare i suoi doveri di politico, contrapposti ai problemi familiari ed i traumi del suo passato che lo tormentano. La vita insieme alla moglie Lizzie e ai suoi figli Charles e Ruby è tutto tranne che tranquilla e l’equilibrio è messo giorno dopo giorno in pericolo dagli eventi che circondano Tommy. Nel frattempo Linda cerca di convincere Arthur ad assumere un ruolo più rilevante negli affari, mentre Ada affronta la gravidanza e Polly sembra aver cambiato il proprio stile di vita. Da Detroit ritorna poi Michael con sua moglie Gina Gray, in attesa di un baby Shelby. I problemi per Thomas sono infiniti: giornalisti, merce proibita in arrivo via nave, il fascista Oswald Mosley, il clan dei Billy Boys che scatena l’ira di Aberama Gold. La quinta stagione è un crescendo di emozioni e intrighi che portano a un season finale ricco di sorprese e che lascia il telespettatore con la voglia di scoprire immediatamente quale sia il futuro degli Shelby.

Una stagione diversa dalle altre soprattutto per quanto concerne il ritmo e le lotte di strada che tendono, visti i tempi, sempre più ad affievolirsi. Tuttavia una delle scene più cruenti dell'intera saga rimane proprio la vendetta del clan dei Billy Boys a danno del figlio di aberama e del suo futuro da pugile. Qui la politica ormai entrati di petto nel partito laburista, prende piede visti anche i fatti storici come il crollo di Wall Street e tanti nuovi campanelli d'allarme in particolare i giovani fascismi in questo caso veicolati da Oswald Mosley, personaggio davvero interessante e complesso che per fortuna riesce ad essere caratterizzato a dovere. Di nuovo dopo i Changretta viene di nuovo tenuta d'occhio la politica italiana, il fascismo come dicevo, per cercare di risolvere i problemi di un paese dal basso e dal populismo. La quinta stagione con tratti anche abbastanza onirici dove tra laudano e crisi mistiche di Thomas, spesso ci troviamo catapultati in spazi desolati. Dove questa più che mai è collegata con la sesta come se fosse un'unica stagione di dodici puntate.




giovedì 12 maggio 2022

Cobra Kay-Season 2


Titolo: Cobra Kay-Season 2
Regia: AA,VV
Anno: 2019
Paese: Usa
Stagione: 2
Episodi: 10
Giudizio: 3/5

La seconda vede Lawrence cambiare radicalmente le regole del Cobra Kai: si può avere pietà del proprio avversario e mantenere così l’onore. Le cose si complicano con il ritorno del cattivo sensei John Kreese che instilla il seme dell’odio negli studenti per renderli adepti del “vecchio” Cobra Kai.

La seconda stagione a parte far tornare dall'inferno o dai dormitori Kreese, personaggio iconico, gioca molto sugli squilibri tra dojo. Passaggi da una palestra all'altra, tradimenti e cambi di squadra e di leader, storie d'amore rancorose, l'incoerenza di Daniel che rivendica sui propri nemici e crea un suo dojo personale sullo stile Miyagi tutto spirito e controllo senza avere quel mordente che sembra essere alla base del dojo di Lawrence. Mentre la prima stagione puntava quasi tutto su Lawrence come uomo fallito che cerca redenzione, qui si associa bene Kreese che sembra un padre putativo ormai senza più pretese e ideali se non quello di attaccarsi disperatamente a qualcosa.
Gran parte della trama è sostenuta dagli studenti di entrambi i dojo intrecciati con varie sotto trame di violenza adolescenziale con bulli insicuri, risentimenti sociali e idioti che vogliono redimersi attraverso il karate. Se la prima stagione chiarisce che nessuno è completamente buono o giusto, questa seconda stagione esplora un altro concetto: il prezzo che le nuove generazioni sono costrette a pagare come conseguenza dell’antagonismo di due vecchi avversari, incapaci di lasciarsi alle spalle vecchi rancori. La stagione giunge al culmine proprio nell’ultimo episodio quando Tory, accecata dalla rabbia e dalla gelosia nei confronti di Sam, dà inizio a un’enorme rissa a scuola, un evento di passaggio che segnerà profondamente i quattro ragazzi che si renderanno conto degli effetti devastanti della violenza e saranno costretti a crescere, chiudendo il capitolo dell’adolescenza per iniziare quello dell’età adulta, che chiederà loro si battersi per ciò che conta davvero. Intanto, proprio come un serpente, John Kreese si insinua nella vita di Johnny e in quella dei suoi studenti per distruggere e fare suo tutto quello che Johnny ha di più caro.

domenica 27 marzo 2022

Calibro 9


Titolo: Calibro 9
Regia: Toni D'Angelo
Anno: 2019
Paese: Italia
Giudizio: 2/5

Le 'ndrine dei Corapi e degli Scarfò sono in guerra, e in mezzo a loro finisce l'avvocato penalista Piazza, che aveva ordinato ad una hacker di dirottare un trasferimento fondi da cento milioni rimbalzato attraverso mezzo mondo e si è visto soffiare sotto il naso il bottino dalla hacker stessa. Il bottino apparteneva alla 'ndrangheta e si sa, "rubare alla mafia è un suicidio": dunque Piazza è un uomo braccato a livello internazionale. A dargli una mano è Maia Corapi, che è stata la sua compagna molti anni prima, ed ora ha ricevuto l'incarico di proteggerlo. Intorno ai due si aggirano un commissario che "si è stancato di perdere" e un ex carcerato, Rocco Musco, che molto tempo prima ha ucciso l'assassino del padre di Piazza, Ugo.

Calibro 9 è il sequel di MILANO CALIBRO 9 un cult dell'indiscusso maestro Fernando Di Leo.
50 anni dopo, D'Angelo figlio del celebre cantante neomelodico con il quale aveva esordito proprio nel cinema torinese Empire con UNA NOTTE, dopo una buona prova con Falchi torna al crime-movie, cercando di ritagliarsi una hall of fame con un sequel che per quanto c'è la metta tutta sfigura senza arte ne parte di fronte alla regia monumentale e la messa in scena di Di Leo (torno a ribadire uno dei migliori registi di genere italiano di sempre).
Calibro 9 non è esente da molteplici difetti, come ad esempio cercare di alzare sempre troppo la posta, con scene e inseguimenti a volte volutamente forzati quando è palese che non si hanno i mezzi e gli stuntman per realizzarli. Ci sono tantissime scene di torture, di violenza, la vendetta dei camorristi arriva implacabile, il ritmo a volte proprio perchè troppo serrato non riesce a sembrare realistico al punto giusto e le prove attoriali di certo fanno rimpiangere Moschin, Leroy, Musco (qui interpretato da Placido) e la Bouchet. Pur premiando lo sforzo, il limite forse è proprio nell'eccesso di forma guardando troppo al cinema hollywoodiano trasformandosi da un potenziale noir ad un action che non ha però la forza e il budget e il fisic du role degli attori americani. E' un film che lavora per esaltazione, concedendo colpi di scena discutibili (in realtà il migliore possiamo dire che sia nel finale) alternando scene di fatto abbastanza discutibili che rischiano di sfociare nel trash come il flirt tra Bocci e la Rappoport durante una sparatoria.

domenica 23 gennaio 2022

Climate of the Hunter


Titolo: Climate of the Hunter
Regia: Mickey Reece
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Due sorelle, Alma ed Elizabeth, insieme al loro cane fanno ritorno nella remota casa della prima per ricongiungersi con Wesley dopo vent’anni. Alma è divorziata da poco, Elizabeth è una maniaca del lavoro mentre Wesley vive solitamente a Parigi, dove si occupa di una moglie gravemente malata. A poco a poco, le due donne si contenderanno le attenzioni di Wesley, che in realtà potrebbe essere un vampiro.
 
L'opera di Reece è un indie low budget interessante, old style, vintage ed elegante.
Sette attori in totale e un cane. Un trio che cena dopo cena, svela le proprie carte, suddiviso in capitoli e da indizi che il film sciorina poco alla volta per dare pathos e atmosfera alla storia.
Un cottage in mezzo alla natura e distante dalla civiltà, due sorelle, due adepte che aspettano il loro maestro, figli e figlie che partecipano al banchetto nella casa e infine un guardia boschi pazzo e solitario che sembra annusare nell'aria l'avvento di qualcosa di pericoloso.
Climate of the Hunter è tutto concentrato sui dialoghi dei tre protagonisti dove Wesley sembra l'incarnazione del maschio alfa, elegante e intellettuale, capace di dimostrarsi adatto in ogni luogo e circostanza. Un uomo che ha viaggiato ovunque, divorando donne di ogni tipo e dimostrando di poter avere qualsiasi cosa che anela.
Sul tema del vampirismo di cui ho visto ogni film possibile, questo riesce ad avere una tematica originale, potrebbe quasi sembrare il cugino lontano delle STREGHE DI EASTWICK meno ambizioso e con un ritmo lento e parecchi dialoghi. Solo il finale sembra muoversi troppo spedito portando ad una resa dei conti che di fatto sembra terminare troppo velocemente una storia che sul più bello trova un climax finale discutibile.

venerdì 24 dicembre 2021

Sator


Titolo: Sator
Regia: Jordan Graham
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Adam vive un'esistenza solitaria in una foresta desolata, dove riceve occasionalmente le visite del fratello Pete. Ben presto, però, un'altra presenza familiare si profila per lui all'orizzonte: si tratta di sua nonna "Nani", il cui corpo da tempo fa da tramite per uno spirito che lei chiama Sator. Secondo le sue parole, Sator l'ha aiutata e le ha insegnato a divenire quello che è ma Adam scopre pian piano che ha intenti decisamente più malvagi. Non limitandosi alla psiche della nonna, Sator inizia a manifestarsi in altri modi e minaccia la vita non solo di Adam ma anche del resto della sua travagliata famiglia.
 
"Sator ti ha cercato e ti conosce. Sa quando riposi e quando ti alzi. Percepisce i tuoi pensieri da lontano. Osserva quando esci (...) Non c'è niente di nascosto che non sarà rivelato e segreti che non saranno conosciuti. Colui che rivela il profondo e nascosto, saprà cosa c'è nel buio. Quello che non si vede nell'oscurità può essere mostrato alla luce." (Nani)
Sator è uno di quei folk horror indipendenti e molto curati. Girato quasi tutto all'interno di un bosco e in una catapecchia dove ascoltiamo i ricordi di una anziana donna che sciorina testimonianze su una misteriosa creatura dei boschi. Pochi attori, dialoghi ai minimi termini, tanta mdp a spalla e un'atmosfera anomala come una lenta e misteriosa ricerca di qualcosa più grande di noi.
Graham è rimasto 7 anni sul progetto rendendolo ancora più personale con la presenza della nonna a raccontare le leggende di Sator. Contatti extrasensoriali, scrittura medianica, sembra che varie esperienze della nonna dopo una brutta avventura avuta con tavola Ouija l'abbiano completamente fatta impazzire e ricoverata. Pur soffrendo di demenza senile (spesso non ricorda il nipote quando questo va a farle visita) Graham ha usato i disegni e gli appunti originali della donna e delle sue esperienze passate. Un film personalissimo dove la natura ancora una volta svolge un ruolo prezioso nel creare suggestioni. La figura di Sator viene accennata in qualche scena come all'interno della grotta. Ci sono molti sfasamenti temporali e spesso non è chiaro quali siano gli obbiettivi dei personaggi (due fratelli e una sorella). Infine indizi strani e anomali come la ragazza legata ad un albero in piena notte in mezzo al bosco e un finale aperto che lascia sbigottiti per il livello molto alto di violenza a cui il film non aveva mai fatto ricordo prima, rimangono perlomeno dei buoni tentativi



Sweetheart


Titolo: Sweetheart
Regia: J. D. Dillard
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Jenn giunge sulle rive di una piccola isola tropicale e non ci vuole molto a capire che è completamente sola. Sarà così costretta a trascorrere le giornate a tentare di sopravvivere nella natura e alla malefica forza che ogni notte fa la sua comparsa.
 
Sweetheart è un film passato in sordina come sempre e spesso capita all'interno di qualche festival.
E' un esperimento strano, un survivor movie al femminile. Donna contro mostro anfibio, una sorta di street shark capace di fare salti lunghissimi nuotando alla velocità della luce. In tutto questo a parte il resto della ciurma che serve solo come concime per il resto, un buco nell'oceano, una strana voragine tipica da orrore cosmico capace forse di riportare dagli abissi dell'oceano creature leggendarie e fameliche. Sweetheart è lento almeno nell'inizio. L'atollo è piccolissimo, le risorse scarse e Jenn che ancora sta cercando di capire come ha fatto a naufragare in quel posto ed essere l'unica sopravvissuta dopo che il ragazzo con il corallo nel fianco prima di morire chiede proprio a Jen "hai visto anche tu quella cosa". Infilando poi altri due personaggi tra cui il ragazzo di Jen e una lotta impari tra i tre sugli effetti perversi che possono prendere alcune scelte, Jenn vs la creatura sarà il tema e l'intento del terzo atto dove in una trasformazione radicale per l'agguerrita protagonista venderà cara la pelle con tutte le citazioni del caso.

domenica 21 novembre 2021

Blood Machines


Titolo: Blood Machines
Regia: Raphaël Hernandez
Anno: 2019
Paese: Francia
Giudizio: 4/5

Due bounty killer spaziali sono sulle tracce di una IA quando assistono a un fenomeno mistico: il fantasma di una giovane si libra dalla macchina, come se l'astronave avesse un'anima. Il fantasma sfida i due a una caccia intergalattica
 
Blood Machines diviso in tre capitoli è un esperimento fantascientifico visivamente spettacolare.
Per quanto concerne la storia è una clamorosa vincita e rivincita della donna che conquista poco di meno che la galassia intera, sviluppando una coscienza e allargando un corpo in grado di assorbire tutto ciò che le sta attorno (astronavi, pianeti, persone).
Sembra di vedere un esercito di Bene Gesserit fuse con la tecnologia di Tsukamoto e alcuni richiami cronemberghiani. Il film indipendente è stato finanziato tramite campagna Kickstarter ed è in lavorazione da alcuni anni presentando oltre 500 riprese VFX e mettendo in mostra il lavoro di 7 società CG. Le musiche di Carpenter Brut sono fondamentali per far entrare lo spettatore in un viaggio onirico incredibilmente complesso e sviluppato, come se fosse una sorta di vangelo apocalittico o di rinascita della scifi indipendente. Pochi dialoghi, scenografie elaborate e stratificate dove si riesce a dare enfasi e sostanza ad ogni elemento. Dove il carattere delle protagoniste riesce ad innalzarsi a qualcosa di sacro e allo stesso tempo pericoloso per chi come i due bounty killer, Vascan in particolare, non ne rispettino i valori e il loro credo. E' un viaggio messianico dove una delle sacerdotesse, Corey, particolarmente in forma libera questa strana alchimia composta da donne e macchine, in una fusione che lascia basiti per la struggente importanza che le viene attribuita. Le astronavi sanguinano e le donne all'interno delle parti meccaniche riescono a guarirne le ferite facendole risorgere.

Bullets of justice


Titolo: Bullets of justice
Regia: Valeri Milev
Anno: 2019
Paese: Bulgaria
Giudizio: 4/5

Durante la Terza Guerra Mondiale, il governo americano ha iniziato il progetto segreto "Army Bacon" per creare super-soldati incrociando uomini e maiali. 25 anni dopo, i "Grugni" occupano la cima della catena alimentare, allevando e mangiando esseri umani.
 
Era da tempo che aspettavo questo film. Qualcosa sul peso specifico dei maiali in sordina mi faceva ben sperare. E nulla di tutto ciò era legato alla presenza di Danny Trejo che ormai sembra uno di quegli outsider che vengono osannati per forza di cose.
Bullets of justice ha superato le mie aspettative. E' quanto di più sboccato e politicamente scorretto che mi sia capitato di vedere ultimamente nella mia famelica fruizione di film di qualsivoglia genere. Sembra Turbo Kid sotto anfetamine. Il film bulgaro di Milev ha tanto coraggio e in fondo una impressionante dose di ignoranza tale da metterci dentro proprio tutto senza fregarsene minimamente del mix finale. Il risultato è un abbondanza di sotto generi cinematografici, trash come non si vedeva da tempo, sesso e sparatorie, maiali che si cagano continuamente addosso, il protagonista e il suo harem dove ci finisce dentro pure la sorella con i baffi. E poi Milev ci prende tutti per i fondelli con una trama sconclusionata dove nel finale vorremmo vedere la scrofa gigante, madre di tutti i maiali, che caga letteralmente i figli soldato e si nutre di cadaveri umani ma invece ci tocca aspettare il sequel sperando che questo abbia incassato.

Journey To China: The Mystery of Iron Mask


Titolo: Journey To China: The Mystery of Iron Mask
Regia: Oleg Stepchenko
Anno: 2019
Paese: Cina
Giudizio: 2/5

All'inizio del 1700, il cartografo Jonathan Green torna per mappare l'estremo oriente russo. È costretto in Cina, dove affronta il Dragon Master mentre lo zar russo mascherato di ferro fugge dalla Torre di Londra su una nave russa.
 
Devo ammettere che ormai non sono dei casi isolati queste mega produzioni cinesi, russe e americane dove si cerca di raccontare alcuni episodi della mitologia cinese e non solo mischiando folklore, mito e tanto fantasy. Verrebbe quasi da pensare che tutti e tre i paesi debbano far sparire del denaro sporco e allora si buttano su questo baraccone multietnico.
Il folklore cinese ultimamente sta andando molto in voga. NEW GODS NEZHA REBORN, NE ZHA, DOUBLE WORLD, MONKEY KING: THE HERO IS BACK, BIGFISH E BEGONIA, JOURNEY TO THE WEST: DEMON STRIKE, LEAGUE OF GOD, DRAGON BLADE, TRUE LEGEND, DETECTIVE DEE,
The Mystery of Iron Mask è il sequel di VIY, il film del 2014 liberamente ispirato alla storia di Nikolai Gogol ma anche un continuum di JOURNEY TO THE WEST con cui la sigla del film sembra dare continuità. E' un film confuso come i paesi che ne prendono parte per la produzione, mischiando troppi personaggi, facendo spesso difficoltà a decidere quale sia il protagonista e anteponendo la c.g e dunque gli effetti speciali alla narrazione.
Combattimenti a iosa che spesso risultano così incredibilmente impossibili da renderli ironici ma ancor più ridicoli. Lo scontro tra Jackie Chan e Arnold Schwarzenegger davvero non si può vedere. Ma poi qui si è andati davvero troppo a bombardare il pubblico di esagerazioni, citazioni a profusione dove alcune come quella delle tre bufere non può essere perdonata.
Jonathan Green dovrebbe essere il protagonista ma troppe volte viene abbandonato, preferendo seguire le prigioni dove è detenuto Chan e dove si diverte a dargli fastidio il buon Arnold, per arrivare a navi capitanate da nani ubriaconi dove la maschera di ferro riprenderà il suo potere coadiuvato da una lord britannica che cerca il suo perduto marito. In più la stessa alleata di Green che vestita da maschio in realtà è una donna, nonchè la figlia di Chan, colei che nel finale a cavallo di un drago sconfiggerà la strega finale. Se tutto questo non è troppo assurdo allora addentratevi in questo mastodontico caos frenetico e costato una marea di milioni già soltanto per il cast che ne prende parte.


lunedì 9 agosto 2021

Extreme Job


Titolo: Extreme Job
Regia: Byeong-heon Lee
Anno: 2019
Paese: Corea del sud
Giudizio: 4/5

Una squadra di agenti della narcotici usa come copertura una rivendita di pollo fritto per cercare di catturare una banda della malavita organizzata. Le cose prenderanno però una piega inaspettata quando la ricetta del loro pollo trasforma il locale in rovina nel più rinomato della città.
 
Extreme Job è stato uno dei maggiori incassi del cinema coreano del sud spodestando titoli molto più famosi e commerciali. Di per sè analizzando il film è una commedia dove però lo sposalizio con il poliziesco, comico, drammatico, riesce a dare ritmo e verosimiglianza ad una vicenda in realtà molto complessa ma che riesce a mettere a posto i sensi di tutti gli spettatori. Si parte da un arresto quasi grottesco per certi versi, ad una squadra che sembra votata ad avere una certa sfiga di fondo, ad un gruppo che diventerà presto una famiglia vera e propria e infine ad un successo commerciale e ha una promozione di carriera clamorosa che coincide con la scoperta di un nuovo talento di gruppo. Extreme Job dal punto di vista estetico fa un passo indietro rivelandosi un film più di gag ispiratissime e idee tragicomiche che un'opera veicolata su velleità artistiche e mdp cercando di dare quel contributo in più. Il cast è favoloso, l'idea della squadra come qualcosa di veramente vissuto dove i rapporti tra gli agenti diventano reali spesso a sostituire le mancanze famigliari o quelle nei rapporti di coppia.
Il senso del dovere e dell'onore viene pompato così tanto da creare questo miscuglio di indagine sotto copertura aprendo addirittura un ristorante e confrontandosi con uno svolgimento della trama che come spesso accade nei film coreani si dirama su più storie dando quella marcia in più.

venerdì 9 luglio 2021

Benny loves you


Titolo: Benny loves you
Regia: Karl Holt
Anno: 2019
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 3/5

A seguito della morte accidentale dei genitori, Jack deve vendere la casa di famiglia e iniziare una nuova vita. Mentre si libera dei vecchi cimeli di famiglia, Jack butta via anche il suo amato peluche d'infanzia, Benny. Una mossa che si rivela letale perché Benny prenderà vita con un solo obiettivo: proteggere Jack e la loro amicizia ad ogni costo!
 
Ultimamente sul sottogenere horror dei dolls movie viene sempre in mente la saga di Don Mancini.
Holt è inglese e condisce al meglio con humor nero una commedia splatter molto ironica e in grado di inserire alcuni elementi interessanti e molto esilaranti come la parentesi iniziale con una bambina odiosa che disprezza il pupazzo che si vendicherà e la morte tragica e grottesca dei genitori di Jack.
Un giovane adulto che si ritroverà a dover trovare un suo posto nel mondo, una complicità con un pupazzo crudelissimo e una girandola di situazioni goliardiche dove Jack acquisterà carattere smettendo di essere quel nerd mammone, capro espiatorio di un'azienda in cui tutti si prendono gioco di lui.
Ancora una volta grazie alla Midnight Prime Video abbiamo il primo pupazzo molto stile Muppets per niente accattivante nell'estetica, anzi molto pacioccone, cambiando così un modus operandi che da sempre mostrava bambole o bambolotti particolarmente inquietanti. Jack dopo la morte dei genitori trasforma la casa in un museo di cultura nerd fin nel midollo, come suggerisce una ragazza che dopo aver visto tutti gli accessori gli lancia la profetica domanda "vivi ancora con i genitori" e via dicendo in una trottola di scene con un buon ritmo e sempre bilanciate tra slasher (come la scena in cui Benny massacra tutti i colleghi di Jack) e trovate grottesche e ironiche.
Perde parecchio nell'ultimo atto dovendo aderire ad un plot narrativo abbastanza scontato ma vince già solo per quel primo atto così ghiotto di scene madri.

Fuck you immortality


Titolo: Fuck you immortality
Regia: Federico Scargiali
Anno: 2019
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Tony e Kacy sono due hippie con un chiodo fisso: ritrovare il loro vecchio amico Joe che, a quanto pare, è rimasto giovane come ai tempi delle comuni. Vegani, cultori delle droghe psichedeliche e con le radici saldamente piantate negli anni ’70, la coppia scoprirà ben presto che il loro amico è immortale, ma stufo marcio della sua vita eterna. In nome della loro vecchia amicizia, Tony e Kacy tenteranno di uccidere Joe in qualsiasi modo e di aiutarlo nel contrappasso, ma nulla sembra funzionare. Tra ninja assetati di sangue, furiosi metallari, wrestler, sciamani e antichi rituali, i due si imbarcheranno in un viaggio senza ritorno.
Scargiali ha sicuramente del coraggio per un mockumentary così ambizioso e particolare.

Fuck you immortality è un corollario weird di interviste, scene truculente e splatter nonchè torture (il tutto accettato dalla presunta "vittima"), un road movie dove non mancano momenti esilaranti, yoga, peace & love, yippie e fricchettoni, personaggi strambi, ninja e bifolchi.
Un puzzle sconnesso in senso positivo anche se altalenante nel ritmo, per un autore amante del cinema di genere che gira in inglese per creare quel respiro internazionale. Fuck you immortality (il titolo forse è la parte migliore) resta un'opera davvero strana e in parte insensata. Negli ultimi 40' quando i nostri protagonisti trovano Joe avviene l'impensabile in senso buono, eppure il film per tanto tempo latita con interviste non sempre così interessanti e accattivanti e monologhi che spezzano l'atmosfera che il fim seppur con un budget limitato riesce più volte a conservare.

mercoledì 2 giugno 2021

Adoration


Titolo: Adoration
Regia: Fabrice Du Welz
Anno: 2019
Paese: Francia
Giudizio: 4/5

Il dodicenne Paul vive con sua madre nell'istituto dove lei lavora come infermiera. Quando incontra Gloria, decide di fuggire con lei

Il mio amore per Du Welz nacque dopo il suo esordio alla regia con Calvaire.
Successivamente per il regista belga ci sono state opere molto disturbanti e originali con rare eccezioni come i lavori da mestierante in America. Con Adoration dopo Alleluia Du Welz si concentra di nuovo su un dramma sociale in questo caso sulle spalle di due bambini, di Paul in particolare e la scoperta del mondo e dell'amore al fianco di una piccola Gloria a metà tra un disturbo borderline e una schizofrenia. Per Paul la sfida diventa quella di doversi elevare a figura genitoriale, compagno, amico e molto altro nei confronti di Gloria. In questo viaggio di formazione non mancano gli incontri, la vendetta, la fuga, l'amore, la scoperta ma più di tutto una libertà inusuale attorniata da gregari e figure adulte che non sanno come comportarsi con questi due giovani adulti, la loro fragilità e i loro tabù. Adoration ci porta dentro la natura, dentro i sentimenti e le emozioni di due protagonisti che nell'adorazione generale scoprono la vita e alcuni misteri di essa con una complicità e una sete enorme.
Adoration ha quella caratteristica tipica dell'autore che rimanda non solo al dramma Alleluia ma soprattutto a Vinyan per prediligere una storia immersiva, che lavora con i sensi, con le emozioni, con le immagini e con l’ambiente, piuttosto che con i dialoghi o con le trovate di sceneggiatura.

Better days


Titolo: Better days
Regia: Derek Tsang
Anno: 2019
Paese: Cina
Giudizio: 5/5

Nel 2011, a Chongqing, la studentessa Chen Nian è a poche settimane dall'esame di ammissione all'università. L'intera scuola è in fermento per l'importanza del traguardo, per il quale i ragazzi sono soggetti a enorme pressione. Un'amica di Chen Nian, tormentata per mesi dai compagni di classe, si suicida nel cortile della scuola. Un trauma che, assieme ai debiti della madre, rende la protagonista il prossimo bersaglio di un bullismo estremo. Mentre la polizia indaga sul caso senza troppo successo, la ragazza conosce e in seguito si affida alla protezione di Xiao Bei, giovane delinquente della zona.
 
Better days è prima di tutto un film romantico. Era dai tempi di BAD GUY di Kim Ki-duk che non mi emozionavo così tanto e il film manco a farlo apposta ricorda per lo strano legame tra i due protagonisti il capolavoro del regista coreano. Qui la vicenda come sempre più spesso capita per i drammi orientali è un compendio di tematiche attuali come il bullismo, l'emarginazione, la solitudine, crescere senza genitori, la sofferenza, il mondo della delinquenza e in una parola il rito di passaggio tra l'adolescenza e l'età adulta.
Better days racconta così tante cose per arrivare infine ad un processo e un interrogatorio straziante per tutta una serie di rivelazioni che Tsang non mancherà di centellinare in una struttura drammaturgica sontuosa e originale.
Un film complesso e ambizioso che colpisce duramente allo stomaco come nelle scene di bullismo in cui vediamo le ragazze per bene fin dove possono spingersi ai danni di Chen, la vendetta che colpisce in maniera spietata, l'emozionante rapporto tra Chen e Xiao e infine un paese dove alla base viene anche inquadrato un altro passaggio fondamentale quello del Gaokao, il famigerato esame che deciderà il futuro degli studenti e la pressione e la competitività a cui gli adolescenti sono soggetti.
Better Days vincitore di numerosi premi è stato bloccato dalla censura del suo paese come se tematiche di questo genere non vogliano essere tirate in ballo ed esaminate come a dire che il problema di non saper gestire dinamiche complesse tra adolescenti è un problema su cui è meglio non parlare troppo e palesare la realtà (l'idea del film nasce infatti da un episodio di cronaca).
Il film riesce ad andare oltre tutto questo diventando un manifesto che andrebbe fatto vedere nelle scuole dal momento che tratta la verità emotiva come non succedeva da anni, con una costruzione esemplare della tensione e una tenuta narrativa impeccabile nonostante le oltre due ore di durata.

Koko di koko


Titolo: Koko di koko
Regia: Johannes Nyholm
Anno: 2019
Paese: Svezia
Giudizio: 3/5

Una giovane coppia perde la propria bambina di 8 anni in seguito ad una reazione allergica, proprio nel giorno del suo compleanno. Per l’occasione le avevano regalato un carillon che non avrà mai la fortuna di scartare.
 
Koko di koko è un altro film a tratti bizzarro sfruttando l'elemento spazio temporale come un vortice di umiliante terrore psicologico. Scopriamo questa coppia disfunzionale (soprattutto lei) che in seguito alla perdita della bambina dopo tre anni decidono di andare in campeggio in un posto osceno nel mezzo del nulla senza nemmeno aver ben chiaro come mai siano finiti lì.
E da qui o da lì inizia il calvario, l'inferno dove un triangolo composto da due bifolchi e un vecchio intrattenitore giorno per giorno umiliano la coppia uccidendoli in modi diversi. Nyholm trasforma un horror anche se sembra più grottesco e onirico ( come la dissolvenza a disegni composta da un trio simile a ornamento di un carillon che una bambina osserva da una vetrina) rispetto a un horror vero e proprio con disamina sul disagio sociale cercando di rappresentare e dare una metafora della perdita rappresentandola come un orrore ancestrale. Il tempo diventa un'arma scaraventando i suoi personaggi in un loop, al fine di esplorare il dolore in tutti i suoi terribili aspetti e ondate di disagio senza fine. In uno scenario da incubo che si ripeterà sei volte con alcune variazioni, come altrettante reazioni dell'inconscio (impotenza, senso di colpa, solitudine, ecc.) murati nel loro isolamento Nyholm cerca in tutti i modi di non farci empatizzare con i protagonisti, anzi facendoceli odiare, come una delle scene più forti quando Tobias dalla sua tenda guarda le torture alla moglie rimanendo impassibile senza fare nulla.