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lunedì 24 dicembre 2012

Matti da slegare


Titolo: Matti da slegare
Regia: Marco Bellocchio
Anno: 1975
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

Oltre dieci anni fa lo psichiatra Franco Basaglia indicò un obiettivo determinato da perseguire nella cura delle malattie mentali e del disadattamento: svuotare lentamente i manicomi, da lui considerati i ghetti dell'emarginazione ed evitare nuovi ricoveri con un lavoro di prevenzione nei quartieri, nelle fabbriche, nelle scuole. Per documentare questa tesi, il film penetra all'interno dell'ospedale psichiatrico di Colorno (Parma) oppure segue all'esterno alcuni dei ricoverati dimessi e impegnati, grazie alle esperienze delle amministrazioni interessate, in fabbriche in fattorie e così via. In alcuni casi le dichiarazioni degli intervistati sono discusse tra loro stessi e tra persone chiamate in causa, come un anziano sacerdote. Il tutto finisce con una delle feste da ballo organizzate nell'istituto di Colorno. Il documentario è diviso diviso in tre blocchi, ciascuno dedicato a uno dei tre principali intervistati: Paolo, Angelo, Marco.

Ci ho messo quasi una settimana per fare il download di questo documentario. Possibile che spesso e volentieri le cose più belle del cinema militante italiano vengano nascoste o tenute sotto chiave quasi per paura che vengano a galla alcune noti dolenti della politica etc.
Bellocchio è uno dei pochi registi italiani che meritano stima. Se poi pensiamo che il suo lavoro più che apparire come una critica, prende la forma di una lunga analisi sul tema della “pazzia”e le esperienze di alcuni giovani, allora il lavoro diventa ovviamente decisivo e importante sotto molti punti di vista.
Dalle esperienze di recupero con gli operai emiliani ad opera di persone di una sensibilità davvero notevole, alle stesse testimonianze dei protagonisti e degli educatori con le loro lotte antipsichiatriche, allora ci si trova davanti ad un’opera che spinge ancora più in là l’analisi del fenomeno.
Partendo dal fatto che gli interpreti sono degenti ed ex degenti dell’ospedale psichiatrico di Colorno a Parma e che inizialmente dove a chiamarsi “Nessuno o tutti” con una durata di 180’, la nostra politica sul cinema ha fatto sì che il film finisse per avere una durata di 140’ e che non ci fosse mai una distribuzione nelle sale, eccezion fatta per il festival di Berlino.
Nel mio caso ho dovuto scaricare il film dopo che qualche angelo della rete lo ha riversato da vhs a dvd. Il risultato certo non gode di un’ottima risoluzione e soprattutto i problemi maggiori sono legati alla qualità audio del prodotto.
Anche la distribuzione come la produzione ha avuto numerose difficoltà a vedere nascere questa opera, passando per l’assessorato provinciale della sanità di Parma e della Regione Emilia-Romagna per la produzione fino ad arrivare agli indipendenti regionali che lo hanno distribuito con la Itanoleggio.
La cosa più originale è che non si può criticare il lavoro di Bellocchio poiché non ha pretese di alcun tipo mostrando i fatti e lasciandoli commentare dai suoi protagonisti senza pressioni di alcun tipo.
La tesi è racchiusa nel titolo: i malati mentali sono persone "legate" in molti modi e per diverse cause. Se si vuole curarli (non guarirli, ma almeno impedire che vengano guastati dai metodi tradizionali) occorre slegarli, liberarli, reinserirli nella comunità.
Da educatore sono rimasto colpito e in più di un’occasione toccato dal peso delle riflessioni di un Paolo, ragazzino che mostra con un’intensa lucidità le ragioni dei suoi gesti in un clima che lo relega semplicemente perché non ha strumenti di contatto e di avvicinamento.
In questo caso è meno attuale del previsto vedere come l’intervista sul peso delle sue azioni venga postulato in classe di fronte a tutti e senza nessun filtro che possa mettere distanze tra i numerosi punti di vista.
Dalle origini sociali del fenomeno, alla fredda insensibilità delle istituzioni e della società a riguardo di un tema ancora poco conosciuto per arrivare infine al ruolo che dovrebbe offrire la psichiatria. Un ruolo che non sia solo uno strumento di segregazione ma come assistenza e non quindi unica figura di tutore dell’ordine mentale.
In ultima analisi il quadro più importante. L’universalità dei diritti dell’uomo sancita dalla carta dei diritti umani. Il rispetto e l’amore per l’uomo, di qualsiasi etnia, aspetto e ragione sociale che deve includere tutto, a maggior ragione quello che in quel periodo storico veniva etichettato come “diverso”e su cui per evidenti paure si precludeva un cammino d’investimento per arrivare a un piano individuale che non cercasse di prevedere lo scopo ultimo di una certa autonomia di forma e di pensiero.
Alcuni nel film ci hanno scommesso tutta una vita, altri lo hanno fatto con naturalezza senza neanche andare a ricercare motivi o ragioni di fondo, ma semplicemente perché sapevano che era la cosa più giusta da fare per aiutarsi e per aiutare l’altro.
Ed è per questo che il lavoro di Bellocchio ha quel qualcosa di più che arriva a toccare le corde dell’anima e che cerca di arrivare a convergere verso riflessioni che più che mai, in una società in cui sta scomparendo il Welfare, trovano un’emergenza di dialogo e di pensiero.