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giovedì 7 marzo 2013

Sound of My Voice

Titolo: Sound of My Voice
Regia: Zal Batmanglij
Anno: 2011
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Durante un'indagine, un giornalista e la sua compagnia si trovano a che fare con una setta il cui leader sostiene di provenire dal futuro.

Il bisogno da parte mia di dare un voto così alto ad un film che sicuramente ha i suoi piccoli difetti è la scommessa importante e più che mai attuale di mettersi a confronto con le New-religion.
A livello sociologico è molto importante così anche per chi vuole approfondire e aprire nuove tematiche nel cinema di stare al passo con i tempi e indagare e documentare come il protagonista, il progressivo bisogno da parte di una buona fetta di esseri umani di lasciarsi andare a nuove forme di re-incanto.
Il senso di mistero, a dispetto di un finale troppo tirato alla veloce lasciando come sempre aperta la domanda di fondo, sono tra gli aspetti su cui la pellicola sembra inciampare ma allo stesso tempo regalare forti emozioni. Brit Marling è già alla seconda pellicola con un ruolo per certi versi di nuovo disegnato appunto sull’attrice, dopo il bellissimo ANOTHER EARTH, che usa una storia con sfondo pseudo fantascientifico.
La sceneggiatura riesce a mantenere buono l’equilibrio sulla domanda di fondo ovvero se Maggie è una ciarlatana o una vera santona proveniente dal futuro. Con un budget molto risicato e un buon cast il film risulta minimale nella messa in scena, molto attento e calibrato nonché scandito da veri e propri capitoli che servono per spezzare alcuni piccoli atti all’interno del film.
E’vero che in fondo rimane un senso di incompletezza marginale su qualcosa che poteva essere più drammatico e meno fantascientifico, eppure la pellicola con l’incalzante avanzamento, assorbe completamente lo spettatore portandolo a fare i conti con le azioni e le scelte dei membri della setta e portandolo a riflettere sul bisogno di farsi completare.
Alcune scene non sembrano purtroppo molto realistiche (come quella in Peter deve dare prova della sua fede commettendo una cazzata memorabile) oppure la veloce sferzata con la poliziotta e quindi un momento che si distacca totalmente dall’atmosfera del film.
Un film quindi sul bisogno di credere in qualcosa come sempre più spesso sta capitando, lasciarsi andare e concedersi in un ambiente saturo di tutto e così stranamente perfetto da renderlo inquietante.
Un film intelligente che dietro le sue apparenti spoglie di documentario (come infatti lo vede e lo assurge Peter) si apre ad uno scenario che seppur poteva regalare qualcosa in più diventa perlomeno simbolico nel suo prendere visione su un fatto sociale così importante.