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sabato 23 novembre 2019

Haunt


Titolo: Haunt
Regia: Scott Beck, Bryan Woods
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 2/5
Ad Halloween, un gruppo di amici convinti di partecipare ad un gioco "escape room" si ritrovano in intrappolati da un gruppo di assassini che metteranno in scena le loro paure più profonde. La notte si tinge di morte e gli incubi diventano realtà.

Haunt ha una locandina così bella che non potevo davvero esimermi dal non gustarmelo a dovere, magari proprio ad Halloween, quando il film è ambientato, sperando di vedere qualcosa di buono. Così non è stato. Haunt premetto, non è una ciofeca, ha un solo asso nella manica e riesce a gestirlo molto bene ma per il resto è tanta roba già vista almeno da chi come me e pochissimi altri è diventato una sorta di martire del cinema, facendosi male in molteplici occasioni, divorando e diventando un cinefilo patologico.
La casa degli orrori, un gruppo di ragazzi che speriamo di veder morire molto in fretta e alcuni psicopatici mascherati. Il jolly arriva a metà film, quando questi killer seriali si tolgono le maschere e sotto i volti riescono ad essere ancora più spaventosi. Punto.
Il resto gioca su alcuni momenti nemmeno così malvagi se non fosse che manca quel ritmo, quel gioco al massacro che bisognava mettere in scena, alcune scelte discutibili da parte di una certa morale di alcuni di questi mostri mascherati.
Una protagonista che fin da subito sapremo dove andrà a parare e che abbatterà praticamente senza esitazione durante l'arco narrativo (che praticamente accade anche per un'altra eroina in un film che ho visto subito dopo, la Kayla di Furies)
La festa di Halloween, 31Escape Room, HELL FEST, BLOOD FEST, Haunt per attenzione è un po come quei film che non solo non hanno avuto distribuzione ma sono passati in sordina destinati a non essere visti o ad essere dimenticati troppo velocemente. Perchè in fondo anche gli arrangiamenti del film a parte qualche tortura convincente, qualche jump scared al punto giusto e quel non-sense nelle mosse degli aguzzini che potrebbe diventare un'arma a doppio taglio.
I due sceneggiatori di A quiet place indugiano ma allo stesso tempo fanno di necessità virtù lesinando sulle spiegazioni e lasciando tanta aria di mistero, senza stare a svelare alcuni perchè che in fondo avrebbero fatto peggio. La carta del non detto, della strada aperta, del non fornire una spiegazione diventa funzionale anche se in alcuni momenti puzza di furberia per smarcarsi da alcuni trappoloni dietro l'angolo.
Le maschere archetipiche poi hanno la loro importanza anche se mi sarei davvero aspettato qualcosa di più. Quello che c'è dietro ancora una volta fa molta più paura.