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domenica 24 giugno 2012

Man on Fire-Il fuoco della vendetta


Titolo: Man on Fire-Il fuoco della vendetta
Regia: Tony Scott
Anno: 2004
Paese: Usa/Messico
Giudizio: 3/5

John Creasy è un uomo alla deriva nel suo personale mare di alcool popolato dai rimorsi per una vita all'insegna della violenza e della distruzione. L'occasione per darsi una "lustratina" arriva con un incarico da guardia del corpo a Città del Messico per conto della famiglia Ramos. Dovrà proteggere la piccola Lupita contro eventuali rischi di rapimento.
Il legame che inizierà ad unire Creasey a Pita sarà una sorta di salvagente per l'ex-agente della CIA, che trova nella piccola la figlia che non ha mai avuto.
Questa sorta di paradiso è, ovviamente, destinato a una brusca fine con il rapimento della bambina. Le trattative con i rapitori non vanno a buon fine e mentre Crasey è ancora allettato per le ferite subite, Pita viene uccisa.
Per Crasey non resta che una strada: la vendetta.

Qualcuno accusa i revenge-movie di essere reazionari. A volte è così basta vedere il caso limite di IO VI TROVERO’ con un Neeson passato al lato oscuro dello spirito nazionalista e integralista americano senza stare a prendere in esame altri casi.
Scott come il fratello, certamente più bravo, innovatore e famoso, è un veterano dell’action e dei sentimenti di rivalsa.
Dalla sua ha un ritmo molto elevato, un crescendo di rabbia e colpi di scena che riescono a essere quell’ingranaggio funzionale al genere meglio di altri registi o di altri film d’azione.
Da sempre la sua lunga e nutrita filmografia ha dato continuità al genere intercambiandolo con protagonisti diversi, l’eroina di DOMINO a dispetto delle due grandi eroine femministe di THELMA E LOUISE del fratello, arrivando a scegliere come attore feticcio il bravo Denzel, purtroppo spesso ripiegato su ruoli stereotipati al massimo.
Sembra una factory la sua in cui tra super nomi e pellicole definite cult da gente che di cinema non ci capisce una ceppa (definire TOP GUN un capolavoro lascia piuttosto basiti su cosa si cerca nel cinema) ha saputo trovare una stretta cerchia di fedeli adepti alle sue regole di genere.
Il mestiere del regista c’è, le provocazioni pure (il dialogo tra Walken e Giannini sull’arte di Crasey nel dipingere sangue, fa da monito all’altro dialogo favoloso in un suo precedente film, purtroppo dimenticato e semi-sconosciuto come UNA VITA AL MASSIMO, in cui lo stesso Walken dialoga con Hopper sull’origine dei siciliani).
E’interessante notare alcune simpatiche intuizioni sull’universo in cui vivono i personaggi.
L’ambiente e le location a Città del Messico mostrano il problema dei sequestri unito agli importanti cartelli criminali della droga come un tumore che investe il paese come nel nostro la mafia o il suo sodalizio con lo stato.
Purtroppo quello che ancora una volta sembra davvero azzardato è il macro-obbiettivo che il protagonista si da, imponendosi come un vero angelo della morte sulle teste dei criminali o poliziotti corrotti (con una specie di esplicito appoggio della squadra investigativa della polizia).
Come uno schema piramidale, Crasey giustizia tutti ottenendo solo alcune brevi e sofferte informazioni su come portare a termine il suo progetto di morte e sapendo benissimo del suo sacrificio finale.
Il problema è che spesso il protagonista si trova al posto giusto al momento giusto e non sembra avere difficoltà, neanche quando entra in un rave-party e spara con un fucile in alto ottenendo come unico risultato le grida di gioia esagitate dei giovani.