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mercoledì 8 giugno 2016

Babushkas of Chernobyl

Titolo: Babushkas of Chernobyl
Regia: Holly Morris
Anno: 2016
Paese: Usa
Festival: Cinemambiente 19°
Giudizio: 4/5

Nella zona morta radioattivo circostante di Chernobyl reattore n ° 4, una comunità di sfida delle donne gratta fuori una esistenza su alcuni dei terreni più tossici sulla Terra. Esse condividono questo indimenticabilmente bello, ma letale, paesaggio con un assortimento di intrusi-scienziati, soldati, e anche amanti del brivido stalkers-giovani che si intrufolano per perseguire giochi post-apocalittici di videogiochi di ispirazione fantastica. Perché i personaggi centrali del film, Hanna Zavorotyna, Maria Shovkuta, e Valentyna Ivanivna, hanno scelto di tornare dopo il disastro, sfidando le autorità e mettendo in pericolo la loro salute.

Le Babushke sono delle anziane straordinarie, purtroppo anche loro un ultimo anello della civiltà, in via d'estinzione, che grazie a questo documentario, ne sancisce una fine e un'eternità senza tempo. Sembrano alcune tra le ultime streghe, erboriste, in grado di rispettare e amare una terra radioattiva che non può che arrecare dolore se altro non si è disposti a raccogliere.
Eppure queste donne hanno scelto nonostante i pericoli e senza compagni (alcuni sono morti) di ritornare nella "loro" terra, sopravvivendo grazie alla capacità di darsi forza e farcela conoscendo ad esempio ogni tipo di radice, vivendo senza servizi e con pochissimi aiuti (pensiamo alla pensione che sembra più un elemosina), raccontandosi e rimanendo unite e plasmando così il proprio destino e la natura soggettiva del rischio. Il potere curativo è che l'unione fa la forza.
Lasciate sole e in balia della foresta soccombono o perdono la voglia di lottare.
Con uno sguardo estremamente umano, il documentario delle due registe americane, ci porta nella così detta Dead Zone che circonda la centrale nucleare. Racconta l’incredibile storia di un gruppo di anziane che hanno deciso di tornare ad abitare nella loro terra nonostante tutti i rischi dovuti alla radioattività, trent'anni dopo il disastro di Chernobyl.
Delle cento donne che rimangono, le registe ne scelgono tre in particolare, le quali ferocemente si aggrappano alla loro patria ancestrale all'interno della "zona di esclusione". Mentre la maggior parte dei loro vicini hanno da tempo abbandonato quei luoghi e i loro mariti sono gradualmente estinti, questa sorellanza testarda trova il tentativo e il modo di coltivare una esistenza sulla terra tossica.
Perché insistono a vivere nelle fattorie che il governo e le radiazioni ucraine e gli scienziati hanno ritenuto inabitabili? (l'acqua, l'aria, i livelli di radiazioni nel corpo delle donne a cui alcune si sono dovute sottoporre a operazioni per curare un tumore alla faringe) e la domanda ancora più grossa che lascia di stucco governo e istituzioni è come riescano a tirare avanti, isolate, in un paesaggio post-apocalittico in cui giovani pazzi vanno a fare le battaglie per assaporare il rischio.
Forse uno dei motivi della loro forza e tenacia arriva proprio dal loro passato: da carestie forzate di Stalin nel 1930, attraverso l'occupazione nazista e infine al disastro nucleare.

Infine l'ultima risposta al documentario la regala proprio la natura. Straordinaria e ancora dopo secoli imprevedibile e in grado di portare alla luce risultati e forme di crescita incredibili e affascinanti come ad esempio lupi, alci, cinghiali e altri animali selvatici che non si vedevano da decenni e che sono tornati alle foreste abbandonate attorno a Chernobyl