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mercoledì 22 gennaio 2020

Them that follow


Titolo: Them that follow
Regia: Britt Poulton, Dan Madison Savage
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Immerso nelle terre selvagge degli Appalachi, dove i credenti uccidono i serpenti per mettersi alla prova davanti a Dio, il film racconta la storia della figlia di un pastore che detiene un segreto che minaccia di distruggere la sua comunità

Quando sento parlare di piccole comunità nascoste, di pastori, di credenze e rituali particolari quanto assurdi, immediatamente come una calamita ne vengo attratto.
Nell'esordio della coppia di registi ci sono poi due attori che meritano una menzione speciale.
Walton Goggins nel ruolo del pastore che seppur prendendo parte a film tremendi rimane un ottimo caratterista e poi lei Olivia Colman che non merita nemmeno presentazioni, trattandosi di una dea.
E bisogna subito ammettere che se non fosse stato per queste interessanti performance, il film sarebbe sprofondato ancora più in basso. Ci sono delle parti molto affascinanti soprattutto durante il rituale con i serpenti, strumenti del diavolo che decidono loro se punire o meno il fedele, mostrando così la propria prova di fede nei confronti della confraternita.
Un thriller drammatico con una difficile storia d'amore, con un segreto che non riesce a rimanere nascosto, dipanandosi e costruendo tutta una galleria di complici e non detti che porteranno ovviamente alla tragedia nel climax finale.
Un film che ha un difetto enorme legato al ritmo, alla narrazione, ai tempi troppo lunghi, ad alcune scene o schemi ripetuti. Una comunità che sembra avere diversi punti in comune con i Testimoni di Geova, staccandosi dalle regole comuni, sfidando la legge, decidendo che sia il corpo umano come prova di fede a sopravvivere dopo il morso del serpente senza andare in ospedale o scegliendo la medicina tradizionale. Un'ambientazione comunque post-moderna nella scenografia, nelle case, costumi, auto, che però allo stesso tempo sembra avere qualche analogia complessa le linee di sangue dei mormoni.
La coppia di registi sceglie di criticare apertamente il fanatismo religioso e una certa cultura patriarcale senza avere guizzi o colpi di scena d'affetto ma rimanendo sempre attento a non uscire fuori dai binari creando soprattutto dalla metà del secondo atto, un'atmosfera vagamente ipnotica che sembra trascinare tutti i membri della comunità verso un pozzo senza fondo.