Titolo: Taxi Teheran
Regia: Jafar Panahi
Anno: 2015
Paese: Iran
Giudizio: 4/5
Un taxi attraversa le strade di Teheran
in un giorno qualsiasi. Passeggeri di diversa estrazione sociale
salgono e scendono dalla vettura. Alla guida non c'è un conducente
qualsiasi ma Jafar Panahi stesso impegnato a girare un altro film
'proibito'.
Cinema neorealista e militante. La
settima arte come strumento di conoscenza e di lotta.
Così verrebbe da definire il lavoro di
Pananhi che merita due righe soprattutto per cercare di capire gli
intenti di questa insolita opera.
Panahi è stato condannato dalla
'giustizia' iraniana a 20 anni di proibizione di girare film,
scrivere sceneggiature e rilasciare interviste, pena la detenzione
per sei anni.
Ma non c'è sentenza che possa impedire
ad un artista di essere se stesso, ed ecco allora che il regista ha
deciso di continuare a sfidare il divieto e ancora una volta ci
propone un'opera destinata a rimanere quale testimonianza di un
cinema in un paese in cui le contraddizioni si fanno sempre più
stridenti.
I passeggeri che salgono sul taxi non sono moltissimi.
Per target d'età e la differente
condizione economica, riescono tutte a dare un quadro e un'idea di
come sta la gente a Teheran, di cosa la preoccupa, di quale può
essere il senso di giustizia, captando chi più chi meno la
profondità della società.
Il film ci mette un po a decollare ma
dal momento in cui entrano in gioco l'avvocatessa dei diritti umani,
amica del regista, la nipotina fastidiosa che vuol fare la regista e
perfettamente in linea con l'educazione del regime e l'omuncolo che
vende dvd pirata da altri paesi, il film indossa tutta la sua forza
drammaturgica e il bisogno di dare testimonianza del termometro di
una capitale.
Panahi dopo due film, anch'essi
clandestini, sfrutta grazie alle più recenti tecnologie, il modo per
contrattaccare i divieti dal momento che è sempre più difficile per
i regimi impedire agli individui di fare testimonianza di quanto
accade
Il finale è profetico e allarmante.
Due poliziotti in borghese penetrano
violentemente nella macchina momentaneamente abbandonata da Panahi e
dalla nipote, alla ricerca di un “girato” da distruggere o di cui
servirsi contro il regista