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mercoledì 18 ottobre 2023

Talk to me


Titolo: Talk to me
Regia: Philippou Brothers
Anno: 2022
Paese: Australia
Giudizio: 3/5

Un gruppo di amici apre per sbaglio un portale con il mondo degli spiriti mettendo così tutti in pericolo.

Talk to me visto al cinema, è quel film fatto dai registi che arrivano da youtube etc etc etc
Analizzato per quello che è il film secondo me è più che mediocre. Certo avercene di roba del genere che strizza l'occhio e immerge di nero le pupille di un pubblico teen. Ed è anche vero che di fronte ad un panorama come quello di quest'anno non così indimenticabile fa la differenza.
Parte anche molto bene, crea quell'atmosfera casalinga di questi giovani che non sanno più cosa inventarsi per divertimento. E badiamo bene, un divertimento come sempre portato all'estremo come a voler sfidare coraggio, volgarità, pudore e dignità. Così scopriamo quella che proprio tra le tante trovate sembra essere la meno originale. La paura di fatto arriva in pochissimi momenti, come la scena del cervo iniziale e le testate di Riley. Si poteva lavorare di più a livello antropologico sulla mano e soprattutto la parte finale prima del climax con lei che combatte contro suo padre non solo non funziona ma non si può proprio vedere.

sabato 30 settembre 2023

Talk to me


Titolo: Talk to me
Regia: Philippou Brothers
Anno: 2022
Paese: Australia
Giudizio: 3/5

Mia ha perso da poco la madre e ha un rapporto complicato con il padre. L'amica Jade e il fratellino di lei Riley hanno un rapporto di amicizia molto stretto con Mia e la ospitano a casa, come se facesse parte della famiglia. Intanto tra i coetanei di Mia e Jade si diffonde sempre più una serie di video che ritrae gli effetti di un gioco: una sorta di seduta spiritica, in cui il soggetto entra in contatto con gli spiriti dell'aldilà. Quando Hayley propone a Mia di sottoporsi alla sfida in questione e stringere la mano che apre un contatto con i non morti, la ragazza sorprendentemente accetta e vive un'esperienza sconvolgente.

Talk to me è l'horror del momento. Fin troppo teen per i miei gusti. I ragazzi che ormai non sanno più cosa inventarsi e come passare il tempo. Una generazione che presto scoprirà di essersi fottuta da sola. In questo come sempre i social o le app rivestono un ruolo chiave. E allora cosa può esserci di meglio che postare video di ragazzi impossessati anche se solo per novanta secondi da qualche defunto. Bisogna solo sperare che quel defunto non sia incazzato e voglia farla pagare a chi si diverte in questo sadico e discutibile gioco.
E' innegabile che il film abbia davvero dei buoni momenti piazzando qualche scena d'impatto colpendoti in mezzo alle costole e riuscendo a spostare qualche vertebra. Il guizzo c'è peccato che il film non mantenga le promesse o meglio scivoli verso fondali che per quanto mi riguarda non ho così apprezzato scegliendo un finale che farà discutere per quanto rimetta in gioco tutto il significato del film. Senza stare a fracassare i coglioni sul significato antropologico della mano, un elemento che doveva essere approfondito di più, il lavoro dei Philippou Brothers al loro esordio non è affatto male ma rimane uno dei tanti horror moderni interessanti ma che non riesce a inserire mai quella marcia tale da farlo decollare

giovedì 15 dicembre 2022

Stranger (2022)


Titolo: Stranger (2022)
Regia: Thomas M. Wright
Anno: 2022
Paese: Australia
Giudizio: 4/5

Henry Teague, silenzioso, barba lunga, sempre sul chi vive, fa presto amicizia con lo sconosciuto Mark, barbuto come lui, come lui di poche parole, e con un passato violento da dimenticare. È proprio questo che Mark propone a Henry: far parte di una potente organizzazione criminale che gli offre in cambio la possibilità di cancellare ogni traccia dei suoi crimini e di ricominciare da zero. Tra i due ha inizio perciò una simbiosi quotidiana, esasperata dalla solitudine vasta ed estrema della parte di Australia in cui si muovono. Quello che Henry non sa, però, è che Mark non è veramente chi dice di essere.
 
Stranger è un film davvero intenso e potente praticamente messo sulle spalle di due ottimi attori e facendo lavorare le nostre menti su quanto di peggio potrebbe succedere ma che non accade mai.
Un thriller psicologico davvero interessante e in grado di tenere incollato lo spettatore nel cercare ogni singolo spiraglio per trovare qualche prezioso indizio. Quando poi hai Sean Harris nel cast hai già centrato di fatto l'obbiettivo a meno che non gli fai trovare una sceneggiatura infruttuosa e un personaggio impossibile da caratterizzare. In questo caso invece dimostra ancora una volta di saper dare sfaccettature, toni e ombre ad un protagonista incredibile, di cui è quasi impossibile non provare una certa empatia pur venendo a galla di cosa realmente ha fatto.
L'unico dato che sembra assurdo ma non lo è trattandosi di una vicenda reale e tutta la costruzione per creare questa complicità e amicizia tra Henry e Mark, dove a volte, noi come l'antagonista, non riusciamo a capire cosa stia davvero succedendo. Quando alla fine scopriamo che è stata tutta una messa in scena per testimoniare uno degli omicidi più brutti degli ultimi anni si rimane con un certo disorientamento di fondo.

sabato 26 marzo 2022

Dry


Titolo: Dry
Regia: Robert Connolly
Anno: 2021
Paese: Australia
Giudizio: 3/5

Aaron torna a Kiewarra, nell'entroterra australiano. Ne era uscito da fuggiasco, scagionato dalla giustizia, ma accusato dalla comunità di essere coinvolto nel presunto suicidio della giovane Ellie. Vi fa ritorno da poliziotto famoso dopo che l'amico Luke ha ucciso moglie e figlio e si è suicidato. Ma la versione ufficiale dei fatti non convince Aaron che, su invito dei genitori di Luke, intende indagare sui fatti e forse seppellire i sospetti legati al proprio passato.

Dry unisce quelle atmosfere sempre interessanti australiane di quell'outback che seppur civilizzato, rimane sempre un sinonimo di qualche segreto taciuto, di qualche nefandezza che rischia di imprigionare la popolazione in un limbo cercando sempre di essere riscattata dall'arrivo di un forestiero che in questo caso è uno dei pilastri delle tragedie successe a Kiewarra. Il film parte da un evento di cronaca mica da ridere, di quelli irrisolti ormai digeriti dalla popolazione chi in un modo o nell'altro, brancolando nel buio e aspettando sempre di poter trovare un colpevole. Connolly ci mette del tempo a ingranare. Si prende tutto il dovuto per macinare gli ingranaggi delle storie e sotto storie presenti nel film, con uno stile impeccabile, inserendo una matassa di vicende e personaggi ben caratterizzati dove ognuno sembra essere portatore di un segreto o di una sofferenza personale e familiare. Al di là della vicenda che alterna presente e passato, il film ha la premura e l'infallibilità di tessere un finale davvero drammatico in grado di buttare tutte le teorie possibili formulate durante la narrazione per il peggiore degli scenari possibili. Eric Bana, da sempre un attore sottovalutato, ancora una volta dimostra con quegli occhi da animale sensibile di farsi portatore di tutta la sofferenza e i pregiudizi del film



martedì 28 dicembre 2021

Nitram


Titolo: Nitram
Regia: Justin Kurzel
Anno: 2021
Paese: Australia
Giudizio: 4/5

Nitram vive con sua madre e suo padre nella periferia dell'Australia a metà degli anni '90. Vive una vita di isolamento e frustrazione per non essere mai in grado di adattarsi. Questo finché non trova inaspettatamente un caro amico in un'ereditiera solitaria, Helen. Tuttavia, quando quella relazione incontra una fine tragica e la solitudine e la rabbia di Nitram crescono, inizia una lenta discesa che porta al disastro.
 
Kurzel è uno dei registi contemporanei più interessanti. Il suo cinema dimostra sempre un'assenza di limiti ma uno spirito libero e anarchico di raccontare ciò di cui sente bisogno (facendo un eccezione per l'osceno ASSASSIN'S CREED). Ha fatto poco ma quello che ha fatto gli è riuscito bene e soprattutto riesce a dare fastidio. True history of Kelly Gang e Snowtown Murders sono pellicole molto diverse e a loro modo complesse come quest'ultimo film, forse il più complesso in assoluto per intenti e struttura della storia oltre che caratterizzare un personaggio folle e intenso regalandolo ad una promessa del cinema come Caleb Landry Jones.
Di serial killer ne abbiamo conosciuti nel corso del cinema moltissimi. Sono stati ripresi e sondati in svariate formule dalle stragi alla lenta follia fino al punto di vista di terzi che gli hanno osservati come testimoni, ostaggi o ancora con il punto di vista degli ispettori di polizia.
Nitram però è un'altra cosa. Un film formidabile, inquietante quanto poetico e meraviglioso, il quale da molto spazio al giovane Caleb per trovare una catarsi con il personaggio, probabilmente il più interessante, romantico e spietato serial killer degli ultimi anni.
La sua infanzia difficile e di quando finì per la prima volta in televisione finendo al pronto soccorso per essersi sparato dei petardi addosso, all'inesorabile disagio psichico e la sua crescita in una famiglia disfunzionale dove una madre anaffettiva sembra altalenarsi con un padre troppo affettivo.
Un ritratto psicologico in una vita priva di affetti dove l'unico che troverà sarà complice di un altro tipo di disagio, come gli outsider che si attraggono l'uno con l'altro. Kurziel è abile nel mettere in scena la follia dell'essere umano, senza mai giudicare o assolvere o maturare intenzioni assolutorie o voglie di condanna. Non a caso il film termina nel momento decisivo prima del massacro di Port Arthur del '96


lunedì 9 agosto 2021

Black water abyss


Titolo: Black water abyss
Regia: Andrew Traucki
Anno: 2020
Paese: Australia
Giudizio: 2/5

Un gruppo di amici esplora un remoto sistema di grotte in Australia quando arriva una tempesta tropicale. Mentre restano intrappolati in profondità sotto la superficie dell'acqua, arriva minaccioso un grande coccodrillo assetato di sangue.
 
Black Water del 2007 era l'ennesimo film sui coccodrilli scialbo e noioso. Questo sequel riesce però a fare peggio. Quattro amici più la solita guida che nasconde al gruppo dell'arrivo di una tempesta, un segreto che si cela dietro una gravidanza appare invece come il colpo di scena maggiore del film (il tradimento amoroso in un triangolo che non ti aspetti..) e un coccodrillo nascosto in una profondità rocciosa che non si riesce a spiegare come abbia fatto a sopravvivere.
Il film di Traucki è un assurdo costante, un mettere alla prova la sensibilità e la pazienza dello spettatore dove di fatto non capita quasi mai nulla e dove il climax finale con quella sfida donne vs crocodile è davvero senza senso ed esageratamente tamarra e senza nessuna credibilità, cosa che almeno nei primi due atti seppur esasperato dalla noia il film riusciva almeno a risultare credibile. Seppur la location rimane suggestiva, anche le caratterizzazioni dei personaggi si stemperano velocemente dando la solita noiosa macchietta del dover sfidare la natura a costo della vita in un' atmosfera che non riesce mai ad essere claustrofobica come dovrebbe.

giovedì 17 dicembre 2020

Blood Vessel


Titolo: Blood Vessel
Regia: Justin Dix
Anno: 2019
Paese: Australia
Giudizio: 3/5

L'avventura di un gruppo di sopravvissuti che, da una scialuppa di salvataggio, riesce ad abbordare un'imbarcazione tedesca abitata da vampiri assetatati di sangue.

Un survivor movie tutto ambientato all'interno di una nave nazista gigantesca e abbandonata.
Un manipolo di protagonisti tutti a condividere storie e destini diversi, arrivando ognuno da un paese straniero e nascondendo segreti e dolori tutti legati alla guerra. Tutto questo in un'ambientazione buia e lugubre, dove tutta l'azione è impostata in una notte e dove soprattutto nel terzo atto i colpi di scena si susseguiranno senza sosta portando a far morire praticamente ogni membro del gruppo.
Ormai i nazisti soprattutto nell'horror sono stati saccheggiati e brutalizzati in ogni loro anfratto.
In questo caso la magia nera e gli esperimenti nascosti portano il nostro sparuto branco a trovare quelle casse da morto con tutte quelle incisioni sopra che probabilmente nessuno sano di meno aprirebbe. La coppia di vampiri, soprattutto lui, ha un ottimo make up, lei risalta meno, così come la loro figlia (la bestia addescatrice che si muove per la nave in cerca di sopravvissuti) e la parte dello scontro è rapida e nemmeno così splatter come ci si poteva aspettare. Al di là di alcune ingenuità evidenti di scrittura, il film crea una buona atmosfera nei primi atti per poi esagerare soprattutto con i vampiri nel finale, con un ritmo e un montaggio che lasciano frastornati per come si è arrivi troppo in fretta ad un epilogo. Il climax finale però per chi non ama gli happy ending anche se non proprio originale sa il fatto suo e apre ad un'altra mattanza che mostra tutto l'orrore che può aver generato un conflitto mondiale e i retroscena del vampirismo.

domenica 11 ottobre 2020

Relic(2020)


Titolo: Relic(2020)
Regia: Natalie Erika James
Anno: 2020
Paese: Australia
Giudizio: 4/5

Quando Edna, la matriarca anziana e vedova della famiglia, scompare, sua figlia Kay e la nipote Sam si recano nella loro sperduta casa di famiglia per cercarla. Poco dopo il ritorno della donna, iniziano a percepire una presenza sinistra che perseguita la casa e prende il controllo di Edna.

Relic come spesso accade per la cinematografia australiana è abbastanza anomalo, un film che nel suo seguire pedestremente alcuni sottogeneri, riesce a smarcarsi da quanto visto finora per diventare un'importante riflessione sociale sulla vecchiaia. Ancora una volta la scrittura si impone fin dal primo minuto per portare risultati mai scontati con alcuni tasselli importanti concernenti la crescita impressionante di un'autorialità horror al femminile in grado di regalare numerose sorprese.
In questo caso riuscendo a rimanere per quasi tutto il tempo all'interno di una casa e di mettere in scena un'ambiguità legata al soprannaturale e ai comportamenti della nonna che rendono il film molto più realistico di quanto sembra. Senza contare alcuni stravolgimenti importanti a livello di struttura narrativa, il film si impegna in alcuni cambi di traiettoria funzionali traghettando sempre l'atmosfera macabra in un sotto testo realistico che riesce spesso e volentieri a imprimersi ancora meglio di presenze, mostri o fantasmi giocando e creando labirinti da cui si rischia di rimanere intrappolati in quello che possiamo definire un haunted house movie.
Verso il finale Relic regala tanto, svuotando tutto quel rancore accresciuto nei primi due atti portando a casa un climax minimale e spontaneo riuscendo a tradurre con poche immagini come la paura e l'affetto possano andare a braccetto. Un film emotivamente molto coinvolgente, personale, un dramma famigliare con tinture horror ma che non lesina dall'avere intenti precisi che portano soprattutto ad un atto d'amore diramato sotto tanti e controversi punti di vista.

Black Water


Titolo: Black Water
Regia: David Nerlich, Andrew Traucki
Anno: 2007
Paese: Australia
Giudizio: 3/5

Grace, insieme al suo ragazzo Adam e a sua sorella minore Lee, decide di fare un giro turistico dell'Australia del Nord, una zona ricca di paludi di mangrovie. I tre passano il tempo fra parchi dove si possono ammirare i feroci coccodrilli della zona e un giorno si avventurano per tour dei corsi d'acqua a bordo di una piccola barca, con una guida locale. Arrivati in un tratto di palude molto tranquillo e al riparo dalla corrente del fiume, i quattro si preparano a passare qualche ora a pescare quando un enorme coccodrillo rovescia l'imbarcazione, divorando la guida. I tre, rifugiatisi su una mangrovia, dovranno giocare una mortale partita contro il mostro, che sembra mosso da una intelligenza diabolica...

A differenza del filone sugli shark movie, i coccodrilli purtroppo non hanno avuto lo stesso successo o la stessa fortuna. Difficile comprenderne le ragioni in termini di messa in scena e non di intenzioni. Black Water è da molti ritenuto uno dei caposaldi del sotto genere, come poteva esserlo LAKE PLACID, il primo di una saga di ben cinque capitoli senza contare LAKE PLACID VS ANACONDA.
Black Water dalla sua mantiene una buona atmosfera. Poche premesse, tre attori e un coccodrillo, anzi una testa di coccodrillo che vediamo pochissimo come la tradizione della suspance impone.
Per metà film vediamo le due sorelle sopra un albero che cercano di capire cosa fare coscienti di un pericolo che non sanno come affrontare come capitava per la coppia in OPEN WATER.
I due registi amanti degli effetti speciali portano a casa un film a costo zero incassando molto. Sfruttano tante ingenuità di trama e una narrazione praticamente inesistente per lasciare tutto sulle spalle delle due sorelle in una sorta di dramma interiore e disperazione che accresce fino ad esplodere con la morte del marito di Grace. Purtroppo il film non va oltre quello che ho detto, annoiando in diversi momenti dove il ritmo è sbilanciato e la camminata tra un ramo e l'altro palesa una difficoltà mortale a riuscire ad andare oltre.

sabato 16 maggio 2020

True history of Kelly Gang


Titolo: True history of Kelly Gang
Regia: Justin Kurzel
Anno: 2019
Paese: Australia
Giudizio: 4/5

Australia, 1867. Ned Kelly è un bambino nel mezzo del nulla dove la madre vende il suo corpo per denaro e il padre sta a guardare. È un'infanzia brutale la sua, spesa su una terra arida e venduta a un bandito ubriacone che ha deciso di farne un uomo. Rientrato cresciuto (e vissuto) in seno alla famiglia qualche anno dopo, Ned deve decidere che tipo d'uomo vuole diventare. Provocato da un poliziotto pappone e da una madre che ama visceralmente, il ragazzo sposa la 'causa irlandese' contro il nemico inglese

Kurzel è un regista che ho sempre tenuto d'occhio. Il suo esordio Snowtown Murders era un pugno allo stomaco fortissimo sui rapporti sociali e famiglie disfunzionali. Un dramma sociale che sfociava nell'horror per parlare di un serial killer. Il suo penultimo film è stato ASSASSIN'S CREED (che proprio non sono riuscito a vederlo).
E poi arriva questo True History of the Kelly Gang, il suo top, la sua opera migliore, matura, energica, drammatica e grottesca. Un film complesso maturo, viscerale che non si limita a inquadrare le gesta di Edward Ned Kelly, ma riesce ad espandere fino ad arrivare a coglierne tutte le "maestranze" dal tessuto sociale, l'umanità corrotta folle e perversa, l'ambiente, le difficoltà, una terra dominata da estranei tra aborigeni e coloni, le classi sociali che rivendicano diritti mai esistiti. Insomma esamina molto di più di quanto ci si poteva aspettare, lasciando la gang di Kelly solo per l'ultima mezz'ora.
Il protagonista è pluri stratificato risultando a tratti consapevole e non, messo in mezzo ad un intricata ragnatela tra forze dell'esercito, nuclei familiari, e tanto altro ancora passando da un estremo all'altro nel suo essere contraddittorio, folle e radicale e non sapendo mai fino ad un punto cruciale da che lato schierarsi e come far rispettare il suo ideale di giustizia.
In un'epopea matriarcale dove la figura più disfunzionale risulta proprio il punto di forza è la vera debolezza di Ned ovvero sua madre, Kurzel stilizza e sporca allo stesso tempo un western estremo e allucinato dove il dramma nell'atto finale diventerà tragedia pura, una lotta contro i mulini a vento di un manipolo di disperati che trovano rifugio e desolazione nella foresta di "Sherwood" prima di fare i conti con un male che semplicemente non possono contrastare.
Il cast merita una menzione speciale perchè chiama in cattedra la meglio gioventù e la vecchia scuola australiana con i migliori George MacKay ispiratissimo che sembra una bestia incontenibile un Peter Pan e Robin Hood fusi assieme e a spronarlo la miss Babadook per eccellenza Essie Davis che continua a stupire per stile, bravura e seduzione mettendo a sedere tutta la pletora maschile. Subito dopo Russel Crowe, Nicolas Hoult (mai così figlio di puttana) assieme a Charlie Hunnam.
True history of Kelly Gang è impregnato di così tante atmosfere dove a svettare su tutte è questa sorta di barbaresco punk abbinato alla stravaganza della gang con l'atteggiamento accusatorio verso l'autorità dove nel combattimento finale diventerà un grido di speranza e libertà messo a tacere da un'elite di potenti che semplicemente strappano l'essenza anarchica alla radice.


giovedì 16 aprile 2020

Uninhabited


Titolo: Uninhabited
Regia: Bill Bennet
Anno: 2010
Paese: Australia
Giudizio: 3/5

Una giovane coppia si reca in campeggio su un'isola corallina, remota e deserta, solo per scoprire che non è disabitata come si credeva…

Uninhabited come dimostra il titolo, non nasconde la sua essenza e gioca tutto su un’atmosfera decisamente curiosa almeno nel primo atto per andare via via scemando. Una coppia di attori che cerca di mettercela tutta, un’isola desolata (anche se qualche segno premonitore viene lanciato dalla guida che gli accompagna) e per il resto il film gioca molto sulle suggestioni senza far vedere quasi mai nulla con questi echi e pianti che provengono dal bosco in grado di far pensare a una moltitudine di pericoli.
La parte migliore rimane un primo atto dove tra insidie acquatiche e tracce lasciate vicino alla tenda, arriviamo alla piccola capanna in mezzo alla foresta dove i punti di forza, a mio avviso, crollano miseramente. Probabilmente tutti si aspettavano un mostro o una creatura, qui i fantasmi del passato, un libro “maledetto”, la capanna di Coral e l’isola che sembra comportarsi come un’entità fanno tutto il resto.
Lo spunto da eco vengeance poteva essere una modalità per dare forza e consistenza alla trama che soprattutto nel finale cerca di caricarsi troppo deragliando da una suggestione iniziale che rimaneva l’aspetto migliore. Capita poi ad un certo punto una coppia di personaggi che sembrano portare il film verso tutta un’altra direzione. Deboluccio ma con quella strana atmosfera australiana che amo e che come per Long Weekend gioca tutto di allusioni e atmosfera.

mercoledì 22 gennaio 2020

Nightingale


Titolo: Nightingale
Regia: Jennifer Kent
Anno: 2018
Paese: Australia
Giudizio: 4/5

Tasmania, 1820. Clare, giovane donna irlandese, sta scontando da tre anni una pena al servizio del tenente Hawkins, aguzzino dalla faccia d'angelo che adora sentirla cantare. In attesa della promozione a capitano, Hawkins abusa di lei e una notte per capriccio le toglie tutto: dignità, marito, bambina. Data per morta, Clare risorge dalle sue ceneri e decide di prendersi la sua vendetta. A cavallo e al fianco di Billy, aborigeno tasmaniano cacciato dalle sue terre, si mette sulle tracce di Hawkins. Il viaggio sarò lungo, i pericoli enormi, la speranza un lumicino.

«Volevo raccontare una storia di violenza. In particolare le conseguenze della violenza da una prospettiva femminile.»
Nightingale è un film affascinante e poetico quanto straziante come Kent credo non smetterà mai di deliziarci. Un'epopea amara, un viaggio dell'eroina, un revenge movie, un road trip spirituale, un western degli antipodi, una ricerca di se stessi, il tutto ambientato in un periodo storico così cupo e brutale dove la violenza sembra il pane quotidiano con cui vengono gestiti gli affari.
Una Tasmania del 1825 popolata da bifolchi, ufficiali corrotti, dominato da una società violenta, prevaricatrice, maschilista, opportunista, omofoba, razzista e misogina, una sorta di galera a cielo aperto dove vengono spediti tutti coloro che non possono più stare nella società e dove ovviamente gli indigeni sono le vittime sacrificali preferite su cui sfogare le proprie frustrazioni come lo erano i canguri nel capolavoro di Ted Kotcheff .
La trama è un pretesto per rinforzare uno stile tecnico che con il precedente Babadook conferma uno dei maggiori talenti del cinema di genere contemporaneo dal punto di vista estetico. La Kent mostra una protagonista così diversa dalla precedente, una final girl che lotta contro un cancro incurabile, quello umano che spaventa molto di più di un mostro in un libro che aspetta di diventare "mansueto".
Il film si concentra molto sul corpo ancora una volta, quello femminile costretto ad essere visto come una spugna, per un diritto legittimo che una certa parte di aristocrazia ha ritenuto doveroso puntualizzare. Da qui l'importante e radicale scontro e incontro del mentore, del radicale abisso che sembra esserci tra due culture diverse ma in realtà così simili e messe alla gogna.
Una partnership che più si fa strada, più rivela i paradossi di quel periodo, le diffidenze, i pregiudizi reciproci, che al tempo stesso si rendono sempre più conto di essere soli e di aver perso tutti i legami creando qualcosa di speciale e magico che gli indirizzerà per la vendetta finale.




lunedì 30 dicembre 2019

Furies


Titolo: Furies
Regia: Tony D'Aquino
Anno: 2019
Paese: Australia
Giudizio: 3/5

Un gruppo di donne rapite lotta per la sopravvivenza contro degli psicopatici mascherati, in un gioco mortale diretto da misteriosi committenti.

The Furies è l'esordio alla regia di tale Tony D'Aquino, uno di quei nomi che sembra promettere bene a metà tra un boss italo-americano e un'amante del trash.
Furies combina tanti elementi, cerca sensazionalismi in ogni dove, prova a lanciarsi in una sfida nella sfida quando ad esempio si gioca con il metacinematografico e per tutto il primo atto fa quello che deve senza lesinare sul sangue, infilando elementi che sembrano assai funzionali ed inizia come potrebbe finire un tipico slasher con la final girls che scappa e il killer di turno che la rincorre.
Quasi un unico ambiente, effetti speciali tutti rigorosamente artigianali e con un audio che riesce bene a esprimere il disagio e la mattanza che si sta compiendo sullo schermo.
Il problema arriva diciamo verso la fine del secondo atto e tutto il terzo dove le lacune di scrittura sono larghe come buche dove potrebbe tranquillamente sprofondare la protagonista.
A questo punto forse D'Aquino avrebbe fatto meglio a lasciare la sospensione dell'incredulità senza poi spiegare di fatto nulla, perchè soprattutto le spiegazioni, le giustificazioni e il climax finale da revenge-movie sono un limite forte per un film che strizza l'occhio all'exploitation, a tutti i serial killer in celluloide che sono passati davanti ai nostri occhi dal ’78 in poi con delle maschere davvero suggestive e funzionali, così come il cast che a parte qualche sbaglio forse voluto (l'attrice orientale è impressionante nel peggiore dei termini) ha una buona protagonista.
Furies lo si ama, ma da un certo punto produce una smorfia nello spettatore amante dei generi che vede un'ottima occasione sprecata per un esercizio di stile e forma che sorpassa il fondamentale lavoro di scrittura

giovedì 24 ottobre 2019

Gone-Passaggio per l'inferno

Titolo: Gone-Passaggio per l'inferno
Regia: Ringan Ledwidge
Anno: 2006
Paese: Australia
Giudizio: 3/5

Alex e Sophie, una giovane coppia inglese, si trovano in Australia per un viaggio. Lì incontrano Taylor che si offre per ospitarli nella sua macchina per un viaggio nell'entroterra australiano. Ma ben presto scopriranno che non ha buone intenzioni

In Australia puoi fare tanti spiacevoli incontri come insegna il cinema horror.
Puoi imbatterti nella cittadina di Paris, incontrare uno psicopatico come Mick, farti impiantare un chip sperimentale come Stem o ingollarti una vitamina Vimuville, avere la sfortuna di incrociare alcuni cinghiali enormi assassini come Boar o Razorback o finire nel popolare show televisivo Scare Campaign o ancora incrociare qualche epidemia, beccarsi un virus o finire in pasto ai non morti.
Il thriller on the road di Ledwidge cerca di approfondire tanto con pochi mezzi e tre giovani sconosciuti di indubbia resa. Il risultato è un film che si brucia abbastanza velocemente lasciando già grossi spiragli su come andranno gli avvenimenti (l'intento di Taylor quale potrà mai essere..), su quale potrà essere il colpo di scena e quali elementi verranno sfruttati per cercare di mantenere alta la tensione e l'atmosfera di un film che trova nella parte preparatoria, il primo atto, i momenti più interessanti e inaspettati.
Diventa troppo presto una variante di HARRY che incontra WITCHER, una guida su come prendere le distanze da un ipotetico buon samaritano con la passione di fare le foto nei momenti meno opportuni per poi ricattarti o una versione recitata molto peggio di ORE 10:CALMA PIATTA senza la barca ma in automobile.
Un deserto, tanta sabbia, sole e calore. Questi sono alcuni degli elementi topici per far impazzire qualcuno nel dannato outback, così che se non incontri qualche bifolco ci pensa l'ambiente a sistemarti, gli insetti, la natura minacciosa..qualche malato di figa

domenica 29 settembre 2019

Macchine che distrussero Parigi

Titolo: Macchine che distrussero Parigi
Regia: Peter Weir
Anno: 1974
Paese: Australia
Giudizio: 4/5

Arthur e suo fratello George stanno guidando attraverso la campagna australiana una notte, quando improvvisamente un potente fascio di luci di un'altra auto li costringe fuori strada. George muore nello schianto, ma Arthur sopravvive e si risveglia in un ospedale della cittadina di Paris/Parigi, una città che, come egli scopre, vive grazie a quello che può essere ricavato da provocati incidenti stradali - comprese le persone ...

Weir è uno dei miei registi preferiti in primis per aver diretto uno dei miei film cult preferiti Picnic ad Hanging Rock un film ancora ad oggi in grado di lasciarmi basito di fronte a cotanto stupore. Un film in cui il cambio del finale divenne come per altre opere un elemento in grado di creare ancora più suspance e mistero in un finale aperto tra i più belli che il cinema ricordi.
Il suo primo lungometraggio non poteva essere che un film assolutamente fuori dalle righe, un Ozploitation di quelli che oggi non vediamo più, un racconto grottesco di neo-cannibalismo industriale.
L'Australia ancora una volta inquadrata nel suo degrado. Distante dal cult Wake in fright, il film è un sapiente cocktail di generi dall'horror alla fantascienza fino alla commedia e il western urbano. Un film appassionante con una miriade di spunti e di elementi che torneranno nel cinema del maestro australiano dalla sfiducia nel progresso tecnologico, l'impulso sovversivo della gioventù e infine il legame misterico tra Natura e Cultura.
Un protagonista mite e inquieto che rischia di diventare un membro di una congrega di svitati,
il medico che esegue esperimenti sulle vittime degli incidenti, trasformandoli in semi-vegetali, i giovani locali persi e alcolizzati che personalizzano le auto distrutte per creare dei veicoli con cui si aggirano per le strade.
E'un film importante, ambizioso, anarchico fino alla radice. Una versione horror del maggiolino tutto matto, un salto in avanti sulla macchina infernale, di nuovo l'outback australiano con i suoi bifolchi, la sua community freak alienata.
Un finale potente che scardina e distrugge tutto riportando ad un nuovo inizio o a una fine apocalittica dove tutti finiscono per perdere quel poco a cui rimanevano così attaccati e fedeli.

venerdì 9 agosto 2019

Observance


Titolo: Observance
Regia: Joseph Sims-Dennett
Anno: 2015
Paese: Australia
Giudizio: 3/5

Parker è sull'orlo del baratro da quando suo figlio è morto. Incapace di superare il dolore, vede il suo matrimonio sgretolarsi e i debiti accumularsi. Per rimettersi in piedi, ha bisogno di aiuto ma i soccorsi che riceve non sono proprio quelli che si sarebbe aspettato. Un anonimo datore di lavoro gli offre infatti la possibilità di guadagnare molti soldi spiando l'appartamento di una giovane donna. Le regole da rispettare sono semplici ma rigorose e, attirato dal denaro, Parker accetta. I primi giorni tutto scorre tranquillo ma ben presto la paranoia si impadronisce di lui.

Qualcuno ricorda il quasi sconosciuto Canal ecco unito al film del maestro del brivido Finestra sul cortile crea quell'ibrido non specifico di nome Observance.
Un'opera che sa adattarsi molto bene ai generi prendendoli e modellandoli come ritiene e senza alzare troppo la posta riuscendo in questo modo ad avere dei risultati davvero insperati almeno per buona parte del film.
Observance sembra un prototipo cambiando traiettoria su due questioni fondamentali ma lasciando la stessa atmosfera e suspance pur senza chiamare in causa i fan dello scrittore di Providence tornando a citare il film di Kavanagh
Un film molto intrigante, unisce tanti elementi forse già visti ma mischiandoli molto bene tra i territori inizialmente simbolici del film che piano piano diventano sempre più criptici.
La morte del figlio, la compagna forse lasciata da qualche parte sola che aspetta, il suocero che ancora crede in lui in alcune apparizioni sporadiche che poi assumono i contorni di un'allucinazione, la storia complottista, il lavoro inaspettato e misterioso, il barattolo nero, spruzzate di body horror, la casa che presto si trasforma e i personaggi che sono tutto l'opposto di quello che si poteva pensare.
Il tono claustrofobico dell'appartamento unito ad una fotografia attenta e pulita ed una certa indefinitezza della situazione crea delle buone aspettative, ma le svolte del film lo fanno presto diventare un incubo allucinato deragliando tutto in quella direzione quando cominciano ad esserci alcune indecisioni narrative.
Observance è sicuramente pretenzioso ma il risultato visto il budget risicatissimo va oltre le aspettative senza diventare però un cult per via di quel finale, davvero cattivo, che però scardina completamente alcuni presupposti che si pensava dovessero andare in un'altra direzione



venerdì 14 giugno 2019

Wolf Creek


Titolo: Wolf Creek
Regia: Greg McLean
Anno: 2004
Paese: Australia
Giudizio: 3/5

Liz, Kristy e Ben sono in viaggio in auto alla scoperta dell'outback australiano. Dopo un'escursione nel parco nazionale di Wolf Creek, i tre scoprono che la loro auto non parte. Un aiuto inatteso arriva da un carro attrezzi guidato da Mick, che si offre di riparare la macchina, dopo averla condotta alla sua officina. Una volta lì i ragazzi si addormentano intorno a un falò, mentre il meccanico comincia a lavorare. Ma quando Liz si sveglia si trova legata e imbavagliata. È l'inizio dell'incubo.

Cosa ci sarà mai di così affascinante nel deserto australiano? E' la metà privilegiata per chi medita una morte rapida senza contare che i suoi resti probabilmente non verranno mai trovati.
Ci troviamo nell'outback australiano quello osannato da tanto cinema horror post contemporaneo, quello dove il tasso di persone scomparse è il più alto da sempre e dove sembrano vivere nella flora e nella fauna animali e insetti in grado di ucciderti in pochi secondi.
Un gruppo di baldi giovani, teen disposti a tutto pur di non lasciarsi scappare le bellezze della natura e un bifolco che non sa più cosa fare per intrattenere il tempo oltre ad uccidere la gente, in particolare i turisti.
McLean si è consacrato all'horror con questi due slasher cruenti e che se è pur vero che parlano del solito gruppo di ragazzi e di un killer spietato che gli segue, tra il panorama e alcuni aspetti culturali, Wolf Creek è diventata una piccola chicca non solo in patria. A fatto seguito uno slasher ancor più violento Wolf Creek 2 e una mini serie davvero brutta Wolf creek-Season 1
Senza infamia e senza gloria, il film procede co un buon ritmo, facendo incetta di stereotipi ma senza mancare l'obbiettivo ovvero l'atmosfera e la suspance che seppur con qualche scivolone, funziona alla grande. Wolf Creek poi divenne famoso per essersi basato sulle truci gesta di Ivan Milat, serial killer di saccopelisti che a quanto pare terrorizzò l'Australia negli anni '90.

venerdì 8 febbraio 2019

Wolf Creek


Titolo: Wolf Creek
Regia: Peter Gawler
Anno: 2016
Paese: Australia
Stagione: 1
Episodi: 6
Giudizio: 2/5

Eve una turista diciannovenne americana è braccata dal serial killer Mick Taylor, e dopo essere sopravvissuta ad un primo attacco inizia una missione per vendicarsi.

Penso che non fosse necessario fare anche una mini serie di un dittico di slasher importanti come lo sono stati Wolf Creek. Di per sè non aggiungevano nulla al sotto genere, ma erano funzionali per mostrare i redneck nel loro territorio dediti all'anarchia più assoluta.
In parte lo spirito dei film di McLean qui viene ripreso e il messaggio sembra ribadire proprio quello. Redneck che escono dalle loro tane nell'outback arrabbiati uccidendo i turisti per il solo piacere di ucciderli. Fin qui niente di nuovo. La coppia di registi impelagati per questa serie non sembra aver avuto le idee così chiare. Il tema della mini serie sarebbe stato ottimo per un massimo 3 episodi.
La serie invece è eterna, ha un ritmo che ti sfianca peggio del sole australiano. La protagonista credo riesca a fare al massimo due espressioni e il poliziotto buono mi spiace ma era meglio quando faceva il tamarro Gannicus.
Mi ha lasciato davvero spiazzato. In alcuni casi credo che l'improvvisazione abbia preso il sopravvento. Ci sono corse per deserti inutili, momenti ripetuti in maniera indegna, personaggi assolutamente senza polso o carattere che fanno brevi comparsate in una nuvola di fumo.
Anche il villain Mick Taylor, che riesce per fortuna a fare la differenza, essendo divenuto famoso se non altro per essere la nemesi del male di Mr. Crocodile Dundee, dopo qualche episodio viene caratterizzato male senza dargli il giusto peso. Tanti elementi non tornano. L'idea è che sia stata fatta in fretta e furia per cercare di ottenere lo stesso successo dei due capitoli, del primo in particolare.
L'unico spunto ma nemmeno così interessante riguarda il passato di Mick Taylor, mai veramente preso in esame, in cui con un flashback ci viene svelato l’episodio shock che ha trasformato un ragazzino normale in uno psicopatico assassino. Nulla di originale ma almeno poteva dare qualche chance maggiore allo sviluppo.

mercoledì 23 gennaio 2019

Upgrade


Titolo: Upgrade
Regia: Leigh Whannell
Anno: 2018
Paese: Australia
Giudizio: 4/5

Grey Trace è un meccanico vecchio stile, rimasto disoccupato quando le auto tradizionali hanno iniziato a diventare obsolete in favore di vetture dotate di intelligenza artificiale alla guida. Sua moglie invece è una donna in carriera dalle rosee prospettive. Grey la convince ad accompagnarlo quando va a riconsegnare un'auto che ha rimesso a nuovo al ricchissimo Eron Kreen, ma sulla strada del ritorno l'IA della vettura della moglie impazzisce e li conduce nei bassifondi, dove vengono aggrediti. La moglie finisce uccisa e Grey paralizzato, ma Eron prende a cuore la sua situazione e si offre di ridargli la mobilità impiantandogli un chip sperimentale, STEM, che è in grado di controllare per lui il suo corpo. Grey accetta e usa la ritrovata mobilità e le capacità del chip per avere vendetta sugli assassini di sua moglie.

La sci-fi quando è scritta bene sa ancora come stupire e intrattenere.
Essendo uno dei generi più difficili e complessi del cinema, spesso sfocia in storie pacchiane, effetti in c.g eccessivi e fuorvianti e infine scenari apocalittici.
Forse è per questo che l'alternativa in parte è diventata il genere post-apocalittico, in cui negli ultimi anni, sono usciti una cifra incredibile di film, molti dei quali validi.
Upgrade è proprio fantascienza invece. Di quella che si prende sul serio, picchia forte e non lascia tregua e finali strappa lacrime o happy ending scontati.
La scifi quasi mai regala finali a lieto fine.
Leigh Whannell è un attore e poi regista che alla seconda opera, si stacca dalla Wan factory dopo quel film insulso, come quasi tutta la saga di Insidious 2, libero di raccontare il mondo che più gli interessa dimostrando un talento incredibile.
Grazie anche ad un cast perfetto, Marschall-Green dopo Invitation mette a segno un'altra grande prova, il film riesce a rimanere sempre a galla con un ritmo e un montaggio minimale, passando per una fotografia e una messa in scena che richiamano tanti bei b-movie e una voglia di raccontare una storia ribaltando, come dovrebbe capitare, tutte le regole nel climax finale.
Sintetizzato come un revenge-movie, il film è molto di più, la storia cresce, si dipana, a volte è distorta e non sempre e meccanicamente perfetta, ma averne di film del genere, in un mercato sempre più inflazionato da prodotti, in cui a farla da padrone, sono i gusti del pubblico.
Upgrade è uno dei migliori film del 2018 sia come action-movie, come revenge-movie e come film di scifi.



giovedì 18 ottobre 2018

Boar



Titolo: Boar
Regia: Chris Sun
Anno: 2018
Paese: Australia
Giudizio: 2/5

Il bestiame comincia a scomparire in una piccola città rurale e due contadini dediti all’alcol si ritrovano faccia a faccia con un gigantesco cinghiale. Dopo essersi imbattuti nei resti devastati di un camping, i due uomini – con abbondanza di bottiglie di whisky, ma con una scorta di munizioni insufficienti – devono così provare a respingere la bestia da soli, prima che questa torni a uccidere di nuovo. Nel frattempo, la famiglia Monroe arriva in città per far visita ad alcuni parenti e, mentre trascorre un idilliaco pomeriggio a nuotare nel vicino fiume, anche i suoi membri finiscono nel mirino della creatura predatrice selvatica dall’appetito insaziabile.

Boar entra a far parte di quel sotto filone creature film o monster movie.
Un b movie cresciuto nell'outback australiano figlio di un certo genere ozploitation che dalla terra dei canguri ogni tanto fa spuntare qualche pellicola di genere.
Boar però a differenza di Razorback-Oltre l'urlo del demonio o chessò Pig Hunt, non ha proprio niente a che vedere. Sun purtroppo, non parliamo solo di limiti di budget, confeziona degli errori eclatanti in fase di montaggio e in alcuni punti della narrazione.
Mai cinghiale è stato visto così poco con dei pessimi effetti speciali e con un finale dove lo prendono a fucilate, da arresto.
La storia oltre essere infarcita di luoghi comuni continua il discorso che già aveva iniziato Kotcheff con il suo capolavoro esprimendo la sua impressione sugli australiani che sono dei redneck alcolizzati. I protagonisti a parte un nonnetto simpatico e sempre arrapato già visto in due horror che con questo non hanno nulla a che fare, sono fantasmi messi lì solo per dire assurdità e morire malamente. Quando ti rendi conto che uno dei personaggi meglio caratterizzati è un ex lottatore di wrestling che fa lo stunt man, beh siamo proprio arrivati alla frutta.
Si salva davvero poco. Il cinghiale compare sempre con il tele trasporto di fronte alle sue vittime.
Alcuni, disarmati, provano anche a prenderlo a pugni con risultati direi piuttosto penosi.
Pensatela così. Campi sterminati dove non c'è nulla nemmeno un albero quindi diciamo che se non siete proprio ciechi riuscireste a vedere anche il buco del culo di un canguro a miglia di distanza.
Eppure Sun, che in questo o è stato esageratamente stupido per buttarla sull'ironia, sbam, oppure ha proprio cannato tutto dove infatti dal nulla giacchè prima non c'era nulla compare il cinghiale tra l'altro con una velocità ancora più impressionante dei quella dei velociraptor