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mercoledì 30 dicembre 2015

Scambio

Titolo: Scambio
Regia: Salvo Cuccia
Anno: 2015
Paese: Italia
Festival: TFF 33°
Giudizio: 2/5

Palermo, 1995. Tra i banchi del mercato, due ragazzi sono colpiti alle spalle da sicari ‘mafiosi’. Uno muore, l’altro sopravvive ma è questione di ore. Un commissario cupo e introverso indaga. A casa lo aspetta la consorte, una donna inconsolabile per il rapimento di un bambino avvenuto due anni prima e per non averne uno suo da stringere. In cortile un collega si accende un’altra sigaretta e rimane in attesa di sapere dove condurlo. Con l’aiuto dei suoi uomini, ferma e preleva un giovane geometra che sospetta prossimo ai ragazzi uccisi. Ma è evidente che il ragazzo non sa nulla. Nondimeno, ostinato a ottenere una confessione, il commissario passa alle maniere forti. La moglie intanto resiste lungo i corridori di una casa ingombrante e ingombrata di ‘buone cose di pessimo gusto’. Sola e fragile è assediata dalle apparizioni del bambino rapito che sogna un cavallo e del fratello pentito che rivela la faccia oscura del cognato. La tensione sale, i nervi cedono e la situazione fuori e dentro casa sfugge di mano.

"Ho cercato l’essenza dell’agire criminale partendo da fatti veri, ha dichiarato il regista, mi interessava sondare la natura dei personaggi e delle situazioni, per estrarne una drammaturgia che vivesse di vita propria, al di là dei fatti reali, visto che gli elementi di partenza erano molto forti ed era evidente la relazione tra cause ed effetti. "
Lo scambio è un film particolarmente noioso e mai coinvolgente con un unico colpo di scena e 93' per prepararlo a dovere. Ma poi sarà davvero così?
Con una forma e una recitazione troppo televisiva si arriva ad una bassezza che nei dialoghi e nelle pause modello fiction rai trova i punti deboli più forti e forse di una regia che strizza troppo l'occhio alla televisione.
Il senso sfugge, come pure quello della ricostruzione teatral-immaginifica dei pensieri della moglie del protagonista, perennemente tormentata.
Forse Cuccia voleva ricordarci che la mafia è invisibile agli occhi, e che è un humus di una regione e di un paese mettendolo in scena e rifiutando l'estetica contemporanea di SUBURRA chiudendosi però dentro uno spazio troppo marginale.
In più si vede che il regista cerca di omaggiare la vecchia scuola di altri registi che hanno fatto storia nel nostro cinema senza riuscirne e senza avere gli strumenti e il talento.
Un film basato sull’inganno che si cela dietro all’apparenza non è oggi giorno così originale e non basta appunto creare un film e farci vedere solo lo scheletro.

Come mai sia finito in concorso resta un mistero...