Ella Patel, sposata con Aidan, ha dedicato tutta la sua vita al lavoro diventando un'affermata arredatrice d'interni. Ha ormai 37 anni, perciò "tecnicamente geriatrica", e il padre - Joseph - figlio di un sopravvissuto al campo di sterminio di Birkenau, da tempo tenta di convincerla ad avere un figlio. Controvoglia, ma per appagare anche il desiderio del marito, Ella decide di riavviare il suo "orologio biologico" sottoponendosi a una procedura sperimentale, attuata dalla dottoressa Simmons presso il centro biotecnologico "Infinity". Dopo dieci giorni di terapia, il processo prevede l'installazione di un impianto permanente in area genitale, deputato alla produzione di ormoni aggiuntivi. Gli effetti collaterali saranno terribili, dal momento che Ella inizia ad avere allucinazioni contraddistinte dalla visione di enormi ragni e di una gracile e altissima donna.
Ormai gli horror sulla tematica della maternità e tutto quello che gravita attorno è illimitata per numero e per idee. Clock riesce a insinuarsi bene dentro un meccanismo ansiogeno e un'atmosfera bella densa di trovate potenti e devastanti. Come sempre annichilisce la psiche della sua protagonista mano a mano che la narrazione si dipana e struttura in maniera diversa alcuni clichè e stereotipi sul genere. Si stacca prepotentemente da una deriva soprannaturale scegliendo quella scientifica che a volte riesce ad essere ancora più spaventosa nella sua realisticità.
In Clock banalmente Ella non vuole avere bambini. E il tessuto sociale attorno a lei che sembra imporglielo contro la sua volontà e arrendendosi all'idea. Da qui la dolorosa scelta di iscriversi di nascosto a questa clinica costosissima iniziando una vera discesa all'inferno con quell'aggeggio che si infila in maniera invasiva dentro l'organo genitale femminile e il farmaco sperimentale che si trova costretta a prendere.