Titolo: Heaven knows what
Regia: Safdie
Anno: 2014
Paese: Usa
Giudizio: 3/5
Harley è una giovane senzatetto di New
York, una ragazza in difficoltà e tossicodipendente come ve ne sono
a migliaia nella Grande Mela. Vive di elemosina, piccoli furti e
della gentilezza di altri sbandati che non possono fare a meno che
prendere a cuore una ragazza così carina e fragile. Ma Harley è
follemente innamorata di Ilya, un tossico dall'aria spettrale che la
usa, la maltratta e arriva perfino a spingerla a tentare il suicidio
come prova d'amore. Harley sembra finalmente allontanarsi da questo
ragazzo che tanto male le ha fatto e si avvicina invece a Mike, uno
spacciatore dal buon cuore che cerca di donare un minimo di stabilità
alla vita della ragazza, offrendole un letto e le dosi quotidiane in
cambio del suo affetto e della sua lealtà. Ma Harley non riesce a
dimenticare l'amore maledetto per Ilya e ancora una volta si lascia
trascinare in un vortice autodistruttivo.
E'difficile descrivere questo
microcosmo messo in scena dai fratelli Safdie, giovani ed entrambi
motivati ad andare avanti per la loro strada e fare cinema in modo
indie e scegliendo e ritagliandosi un proprio stile personale quasi
documentaristico. In questo caso hanno incrociato in metropolitana
Arielle Holmes, poi diventata loro musa ispiratrice, da cui il film è
tratto nelle memorie della donna, Mad Love in New York City, riuscita
con il tempo a cambiare vita.
Sembra una CHRISTINE F. meno giovane ma
con quel carattere temerario che non accetta di farsi mettere i piedi
in testa da nessuno. Sembra di ascoltare un brano degli Atari Teenage
Riot e vedere una versione marcia e ancora più drammatica di
PARADISO+INFERNO al rovescio.
Sono barboni, tossici all'ultimo
stadio, derelitti che cercano continuamente luoghi e locali dove
nascondersi e dare il via alla loro sub cultura fatta di festini,
prove d'iniziazione e fattanza attorno al fuoco.
Le immagini sono distruttive senza mai
esagerare e il film cerca e analizza oltre che monitorare le
sofferenze esistenziali. Caleb Landry Jones ormai è sempre più
affine ad interpretare ruoli deviati. I Safdie invece prediligono uno
stile che decide di seguire i suoi emarginati attraverso gli sguardi,
le smorfie e le fragilità. Vuole essere in parte anche una critica
su come questa piccola compagnia di tossicodipendenti venga lasciata
a morire in un America che sempre di più nasconde i suoi fantasmi
nella speranza che scompaiano da soli.
Heaven non cerca l'effetto o l'azione.
Si limita ad osservare e per questo a tanti non è piaciuto
definendolo fine a se stesso o un semplice esercizio di stile dei due
fratelli.
Qui il linguaggio non verbale è
sinonimo di una narrazione inusuale e complessa in cui spesso la
telecamera vacilla rischiando di schiantarsi come i destini maledetti
dei suoi personaggi senza futuro, senza paradiso e senza redenzione.