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mercoledì 14 marzo 2012

Bambino d’oro


Titolo: Bambino d’oro
Regia: Michael Ritchie
Anno: 1986
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Secondo le credenze di una setta esoterica orientale, ogni mille generazioni nasce sulla terra un bambino dotato di magici poteri capaci di portare la pace e l'armonia nel mondo. Le forze del male, capeggiate da Sardo Numspa, però sono sempre in agguato e, venute a sapere dell'esistenza del piccolo, lo rapiscono col proposito di eliminarlo al più presto. Per liberarlo i rappresentanti della setta si rivolgono allora a Chandler Jarrell, che nella California meridionale si occupa di bambini scomparsi ed è quindi la persona giusta.

Il bambino d’oro è una cazzatona e sicuramente era proprio quello che voleva il regista. Però il cinema conferma alle volte che anche una cazzatona fatta bene può divertire.
Ritchie ha provato a triturare alcuni generi partorendo un ibrido con parecchi difetti ma anche alcune spontanee battute indimenticabili e alcuni scontri tra la logica consumista e lo spirito conservatore.
La critica lo ha da sempre definito spazzatura dicendo che in fin dei conti è una mistura di tre generi in cui ognuno annega l’altro. In parte è vero, rivederlo da grandi fa un certo effetto, eppure questo frullato di credenze mistiche, un protagonista ateo di colore dalla battuta facile, motociclisti(Hells Angels)mostri ,demoni e santoni tibetani ha un suo perché.
Ed infatti il risultato inteso come spettacolarizzazione dei contenuti, trashate a go-go, critica dei fanatismi e una grossa carica umoristica in fondo c’è e proprio nella sua favola esoterica riesce a convincere.
Il classico americanone, Murphy al suo apice, che prende in giro tutte le icone della religione buddista piuttosto che le tradizioni e lo stesso male inteso come Sardo Numpsa apostolo di Lucifero sono un risultato alle volte scontato, mentre alle volte originalissimo.