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sabato 16 luglio 2011

Under the mountain


Titolo: Under the mountain
Regia: Jonathan King
Anno: 2009
Paese: Nuova Zelanda
Giudizio: 3/5

Quando i gemelli Rachel e Theo investigano la vecchia e spaventosa casa dei vicini, scoprono i Wilberforce, delle creature mutaforma che si nascondono sotto l'anello di Auckland di vulcani estinti. Guidati dal misterioso signor Jones e con l'aiuto del loro cugino più vecchio Ricky, i gemelli devono far rivivere il potere che una volta condividevano per distruggere questo male antico, prima che distrugga loro.

Tutti si aspettavano qualcosa di diverso dal regista di BLACK SHEEP opera prima e piccolo cult neozelandese, un variegato di sangue e risate con protagoniste delle pecore che subiscono esperimenti crudeli in laboratorio.
Quindi uno pensava che King continuasse su quella strada senza poter prevedere un film d’avventura con venature horror unito ad un viaggio di formazione (un interessante viaggio dell’eroe sondando tutti gli archetipi del genere) con protagonisti due gemelli che devono salvare il mondo.

Ed è qui che King dimostra, pur inciampando spesso e volentieri in alcuni difetti(ma perlopiù tecnici), che gli piace poter veicolare su generi diversi riuscendo a non demolire le aspettative ma realizzando una storia che se è vero che non è proprio originale merita di essere menzionata nel panorama delle indecenze contemporanee. Poi non trattandosi di un blockbuster ma di una pellicola semi-indipendente a maggior ragione merita una visione per cercare di captare meglio le tematiche del cinema di King.
Under the mountain non ha un target specifico, non ha un’azione che demolisce le aspettative ma si prende i suoi tempi dipanandosi sulla storia e sui personaggi su cui troneggia un Sam Neil che sa dare sempre il giusto apporto in termini emotivi e una prova soddisfacente dei due giovani protagonisti.
Sicuramente il regista di SONO IL NUMERO QUATTRO ha guardato più di una volta il lavoro di King notando alcune somiglianze notevoli solo che mentre il primo puntava su un budget mastodontico, un target adolescenziale e un calderone di scopiazzature prese qua e là, King dimostra l’esatto contrario, investendo sulla storia e sui particolari.