Titolo: Laissez bronzer les cadavres
Regia: Hélène Cattet, Bruno Forzani
Anno: 2017
Paese: Francia
Giudizio: 4/5
L'estate mediterranea: mare blu, sole
cocente e... 250 kg di oro rubato da Rhino e la sua banda! Invitati
da Luce, una pittrice cinquantenne, in un borgo remoto e abbandonato,
riconoscono nel luogo idilliaco un nascondiglio perfetto. A mettere a
rischio il loro piano arrivano due poliziotti: il paradisiaco luogo
celeste si trasforma ben presto in un campo di battaglia
raccapricciante.
E' vero che l'ultimo film della coppia
sembra una costola maledetta di Antonioni girata sotto effetto di
lsd, un deserto rosso fotografato dal protagonista di blow-up sotto
funghetti.
Il risultato rimane come sempre a
livello visivo e simbolico un film affascinante e caratterizzato da
alcune scelte estetiche e lavori di fotografia che esaltano ancora di
più il curriculum della coppia di registi francesi di cui invito a
vedere tutti i loro precedenti film. La loro visione come sempre è
articolata su esercizi spericolati di cinema sul tempo, dentro il
tempo e fuori dal tempo.
Siamo di fronte a due pionieri del
montaggio, dello studio minimale di ogni singolo frame, di una logica
e una geometria delle immagini minuziosamente studiate una per una
con la personale ricerca di espressione sperimentando con i limiti e
le potenzialità del cinema di genere.
Rimane un film con un linguaggio
personale e non proprio immediato per quanto riguarda il fluire della
narrazione e rimane un lavoro che cerca ostentatamente, quando
riuscendovi quando meno, un’idea di originalità o di eccentricità
. Insomma un lavoro che come sempre non passa inosservato. Arriva la
loro terza opera dopo due film molto belli e soprattutto confermando
l'amore per il cinema di genere e il bisogno di sperimentarsi come in
questo caso in una sorta di western psichedelico dove durante vari
spezzoni con una musica che ricorda Morricone vediamo una venere
legata e quasi crocifissa che viene presa a frustate da un gruppo di
uomini prima di urinare sulle loro teste.
Sin da L’étrange
couleur des larmes de ton corps
eravamo di fronte a due outsider.
Quelli che prendono la settima arte e
ne scrivono un loro alfabeto preciso composto da una magia potente e
la forza primigenia delle cose elementari che fondano e scoprono con
il loro gusto soggettivo e molto personale fatto di un amore smodato
per il cinema.
Degli stregoni quasi. Un cinema
maledetto ma soprattutto con alcuni rimandi esoterici fatta quasi
esclusione per quest'ultimo film che è tratto da un romanzo omonimo
di Jean Patrick Manchette e Jean-Pierre Bastid che in Italia è stato
tradotto con il titolo Che i cadaveri si abbronzino.
Il loro terzo film è sicuramente il
meno complesso e simbolico, il più digeribile e fuibile da parte di
un pubblico medio non abituato a questo tipo di sperimentazione.