Titolo: Wailing
Regia: Na Hong-jin
Anno: 2016
Paese: Corea del sud
Festival: TFF 34°
Sezione: After Hours
Festival: TFF 34°
Sezione: After Hours
Giudizio:4/5
Un anziano forestiero compare nelle
vicinanze di un villaggio coreano di montagna. Nessuno sa da dove
venga. Si sa solo che è giapponese. In breve tempo però iniziano a
verificarsi morti misteriose sulle quali indaga il poliziotto
Jong-gu. Gli omicidi sembrano essere legati a ritualità demoniache.
L’indagine del tutore dell’ordine si fa più pressante e carica
di oscuri presagi quando è sua figlia ad essere posseduta.
La potenza evocativa di Wailing non
passa inosservata.
In due ore e mezza di durata il regista
riesce a mettere in scena un thriller poliziesco con un'atmosfera
horror e tanti elementi estrappolati dal cinema di genere.
Lo straniero, il concetto di diversità,
l'epidemia, gli zombie, le maledizioni, il folklore popolare,
l'indagine, la possessione, i rituali, gli spiriti e infine i demoni.
Da subito emerge una messa in scena
sublime con una fotografia capace di illuminare ogni singolo
dettaglio della scena (particolare che avendo a che fare col mistery
risulta molto importante).
Un film che piano piano diventa sempre
più complesso con trame e personaggi che sembrano il contrario di
quello che finora ci è sembrato di capire.
Poi non contento di tutto ciò, il
regista si concede anche il lusso di scherzare in alcuni momenti
riuscendo in alcune scene peraltro grottesche a fare pure ridere (il
tipo colpito dal fulmine ad esempio...) come esempio di una struttura
slapstick in salsa coreana non sempre funzionale ma che qui trova un suo gioco forza interessante.
E'proprio vero che negli ultimi anni
per quanto concerne i gialli, i coreani e gli orientali in generale hanno saputo rilanciarsi nel migliore dei modi con alcune strutture e
trame narrative davvero originali e in grado di appassionare il
pubblico con continui colpi di scena e intrecci complessi e quasi
sempre lasciati all'oscuro per fare in modo che lo spettatore faccia
quello sforzo in più che spesso e volentieri il cinema dovrebbe
richiedere.
Na Hong-jin rimane uno di quelli da
tenere sott'occhio, soprattutto contando che questo suo terzo film è
il migliore e il più complesso senza contare che i due film precedenti di certo non
scherzavano.