Visualizzazione post con etichetta Ten thousand saints. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Ten thousand saints. Mostra tutti i post

lunedì 11 aprile 2016

Ten thousand saints

Titolo: Ten thousand saints
Regia: Shari Springer Berman
Anno: 2015
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Una pellicola di formazione incentrata su un'adolescente del Vermont, Jude, che si trasferisce con il padre hippy a New York dopo l'overdose del suo migliore amico, Teddy. Lì si ritrova nell'ordinata scena hardcore punk dell'East Village, in cui non ci sono droghe, niente sesso, niente carne. La Steinfeld interpreterà Eliza che rimane incinta del figlio di Teddy e si appoggia al fratello Johnny e a Jude per il supporto.

Il sesto film della Berman sembra voler essere un manifesto della fine degli anni '80, sicuramente un periodo di grandi sconvolgimenti culturali, contro gli eccessi di una decade, l'epidemia di AIDS e la gentrificazione della città, prendendo in esame inoltre le famigerate rivolte di Tompkins Square Park. Allo stesso tempo c'è un protagonista e la sua storia di crescita catapultato a New York dal Vermont. In più altre tre sotto-storie come quella del musicista "straight-edge" Johnny, Emile Hirsch, la travagliata, ricca ragazza dei quartieri alti Eliza, Hailee Steinfeld, e in ultima analisi i loro genitori incasinati, Ethan Hawke e Emily Mortimer, per dare vita ad una vera e propria famiglia surrogata e incasinata.
Alla fine ne esce fuori un infarinatura di tante cose e un'analisi accurata di nulla.
Un ritratto confuso poichè troppo denso di materiale e poco tempo per svilupparlo tutto dalla situazione politica a quella culturale e personale.
Un film a metà che lascia il piacere di vedere una buona messa in scena, personaggi interpretati quasi sempre in modo intenso e alcuni accorgimenti interessanti che potevano essere meglio caratterizzati, come il rapporto genitori e figli basati sulla condivisione di pensieri, emozioni e sentimenti.
In particolare una dell linee narrative che meglio riescono sono proprio quelle con Les, il padre di Jude, che coltiva marijuana ed è una sorta di gigolò yippie con la sindrome di Peter Pan.
Quella che vediamo però è una trasformazione della regista, come quella di New York, dove i quartieri devono essere ripuliti e dove i giovani occupano palazzine, seguono nuove religioni e nuovi tipi di musica, ed è facile perdersi, soprattutto se il diverso affascina.
Lo stesso come una buona metafora lo si può dire per il risultato finale dell'opera.