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domenica 19 aprile 2015

Bullhead

Titolo: Bullhead
Regia: Michael R.Roskam
Anno: 2011
Paese: Belgio
Giudizio: 4/5

Jacky Vanmarsenille, figlio di un piccolo allevatore delle Fiandre, si fa largo nella vita a suon di intimidazioni nei confronti degli allevatori come il padre. Ultima ruota del carro di un clan dedito allo smercio di ormoni, Jacky finisce in un giro più grande di lui, pilotato da un veterinario senza scrupoli, in affari con un commerciante di carne. L'assassinio di un poliziotto federale e un inaspettato confronto con un segreto del passato faranno vacillare il fragile equilibrio di Jacky.

Bullhead è spietato. Il suo punto di forza però non è la violenza come il film o la trama vorrebbero far intendere. Tutt’altra cosa invece è la potenzialità e la forza del film. 
Roskam è un regista atipico e i suoi film, nonché questa coraggiosa opera prima, ne sono la dimostrazione. Un talento, quello belga, che va tenuto sott’occhio soprattutto, per come si avrà modo di scoprire anche in THE DROP, sceglie sempre dei binari tutt’altro che convenzionali ed è proprio questo che affascina, una totale aderenza alla realtà. 
 La mafia in questione è quella delle Fiandre, di origine fiamminga, e il suo core business è lo smercio clandestino di ormoni che dopano gli animali destinati al macello. 
Questo clan di "allevatori" è più radicato sul territorio che nei gangli del potere politico ed economico. Anche se da questo punto di vista lo smercio degli ormoni serve solo come incidente scatenante, la questione dell’omicidio, la sceneggiatura anche se con qualche piccola defezione, ne coglie gli aspetti spietati con cui delinea e caratterizza il protagonista, un Matthias Schoenaerts davvero sull’orlo dell’esplosione, perfetto per concentrare su di sé e sul suo corpo bovino, la solitudine e la rabbia repressa.
Bullhead inoltre regala una delle scene di violenza più cruente degli ultimi anni (il trauma ai danni di Jacky). 
 Bullhead è un film con tratti decisamente atipici e ha il coraggio di non schierarsi mai, anche quando sarebbe facile, dalla parte della vittima, perché la verità è che ogni vittima è anche un po' carnefice e ogni carnefice è vittima della propria rabbia.