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domenica 26 novembre 2023

Come pecore in mezzo ai lupi


Titolo: Come pecore in mezzo ai lupi
Regia: Lyda Patitucci
Anno: 2023
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

Vera è una fixer, procura cose. Sta al soldo di una banda di serbi: Dragan, il capo indiscusso, fervente cattolico dalla morale e dalla lettura della Bibbia distorte; Goran, il tuttofare; Milorad, che una volta è stato sepolto vivo. E poi ci sono Gaetano e Bruno, che si sono conosciuti a San Vittore, due criminali di piccola taglia quasi più per necessità che per convinzione. I serbi girano per la città amministrando con il terrore i loro affari, gli italiani si affaccendano con piccole rapine. Poi un giorno Gaetano ha una dritta su un furgone portavalori con un carico da tre milioni euro, e va da Dragan a proporgli l'affare. Ma non tutto è come sembra, perché all'incontro tra i due gruppi Vera riconosce Bruno e Bruno riconosce Vera: sono fratello e sorella, e mentre lui è soltanto un criminale che cerca disperatamente di rimettersi in riga per sé e per la figlia Marta, Vera è una poliziotta infiltrata...
 
Un gioiello e una delle vere sorprese del cinema italiano di quest'anno. Un film di criminalità dell'est secco e potente, un drama, un poliziesco e un noir. Un film che riesce ad abitare ogni genere e trovare il giusto equilibrio tra tensione, atmosfera e azione senza mai perdere il focus sulla vicenda o diventando un acrobatico circo di stereotipi già visti. La vicenda è tesa e l'interpretazione della Ragonese è puro gelo contando come Vera abbia messo a repentaglio la sua vita e di quali elementi deve decidere di difendere a costo della copertura o di dissotterrare gli spiriti di una famiglia che ha scelto di abbandonare dopo alcuni flash back e alcuni episodi davvero esemplari nel denunciare un altro tipo di dramma. L'opera della Patitucci non può concedersi sensazionalismi, qualche risata o momento che possa farci respirare, rimanendo attaccata al suo dramma come in una spirale di ferocia e violenza da cui non possiamo allontanarci e quando lo facciamo dobbiamo guardarci molto bene le spalle.

lunedì 10 luglio 2023

Ultima notte di Amore


Titolo: Ultima notte di Amore
Regia: Andrea di Stefano
Anno: 2023
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

Franco Amore è un poliziotto all'ultimo giorno di lavoro dopo trent'anni di integerrimo servizio nelle forze dell'ordine. Ha già anche a lungo meditato il discorso d'addio in cui ricorda di non avere mai sparato a nessuno anche se gli incarichi pericolosi non gli sono mancati. La sua nuova moglie, la figlia che studia all'estero e gli amici hanno organizzato una festa a sorpresa per lui quando, all'improvviso, viene richiamato in servizio perché è accaduto un fatto grave.
 
Un grande thriller all'italiana, un polar nostrano, consapevole dei suoi mezzi, dell'enorme lavoro di scrittura e di una scelta peculiare e soddisfacente dei protagonisti. Di Stefano dopo tutto il suo pellegrinaggio in America con thriller biografici e crime-movie, porta a casa la sua opera migliore. Un film a differenza degli altri ancora più realistico e con sfumature che assorbono bene un'analisi socio politica, il tessuto cinese a Milano ormai diffuso ovunque con faide interne per il controllo del potere, corruzione e poi lui, Franco, che per mettersi in tasca qualche soldo pochi giorni prima della pensione come in una tragedia greca sembra già annusare il dramma che si verrà a dipanare.
E' una narrazione intensa, un'atmosfera e un ritmo che tengono il fiato sospeso, ci sono accordi e amicizie tossiche, rapporti familiari calabresi intrisi nel sangue ma c'è anche tanto amore e fragilità per un protagonista che vedrà assieme alla moglie in pochissimo tempo un viaggio all'inferno terrificante perchè diversamente dal solito così tanto reale ed è proprio qui che senza fare uso eccessivo se non estremamente parsimonioso dell'azione che di Stefano riesce a creare quel clima di disillusione, di stallo e di senso di sconfitta che lo relegano a tutti gli effetti ad un polar e un noir italico solido e maturo come non mai.

giovedì 15 dicembre 2022

Decision to leave


Titolo: Decision to leave
Regia: Park Chan-wook
Anno: 2022
Paese: Corea del Sud
Giudizio: 4/5

Un uomo muore cadendo dalla cima di una montagna. Il detective incaricato, Hae-joon, incontra la moglie dell’uomo deceduto, Seo-rae. “Mi preoccupo quando non torna da una montagna, pensando che alla fine potrebbe morire”: Seo-rae non mostra alcun segno di agitazione per la morte del marito. A causa del suo comportamento, così diverso da quello di un parente in lutto, la polizia la considera una sospettata. Hae-joon interroga Seo-rae, la spia durante un appostamento e inzia a sviluppare lentamente un interesse verso di lei. Una sospettata che nasconde i suoi veri sentimenti; un detective che sospetta e desidera il suo sospettato; la loro decisione di andarsene…

Decision to leave sancisce ancora una volta il talento di uno dei tanti outsider coreani. Forse uno di quelli che più ci ha colpiti in passato con la sua indimenticabile trilogia ma che ha sempre saputo intrufolarsi in ogni genere che desiderasse esplorare. In questo caso si arriva ad una nuova grande vetta come quella che l'autore filma descrivendo l'incidente scatenante, la caduta di un uomo da una montagna filmandola in tutte le sfaccettature possibili e immaginabili con guizzi registici che riescono solo a lui (soffrendo le vertigini ho trovato più impressionante questa unica sequenza rispetto a tutta la messa in scena di FALL solo per fare un esempio)
Il talento non si discute è qui le incursioni partendo dal poliziesco, il noir, il giallo, il thriller, la commedia, il melodramma, la love story impossibile e poetica con una femme fatale in un mix audace tutto intriso in toni e armonie che sembrano rimandare ad una Hollywood classica, passando per tanti omaggi (voluti o no questo il regista non lo ha chiarito) diramando le storie, ampliando le indagini, mostrando tante fragilità trasformandosi in una riflessione su come la nostra quotidianità possa essere messa alla prova con l'arrivo di una semplice persona.
Il finale sulla spiaggia poi è toccante per quanto unisca pathos e dramma.


martedì 23 agosto 2022

Crimes of the future


Titolo: Crimes of the future
Regia: David Cronemberg
Anno: 2022
Paese: Usa
Giudizio: 5/5

Dopo aver scoperto che suo figlio ha mangiato un secchio di plastica alla stregua di cibo reale, una donna lo uccide per poi avvisare il padre del bambino e costituirsi alla polizia. Nel frattempo si snoda la vicenda personale di Saul, uomo affetto da una continua formazione di nuovi organi che rimuove con l'aiuto dell'ex chirurgo Caprice in una serie di vere e proprie performance d'arte concettuale. Avvicinati da più realtà interessate alla loro attività, i due vivono in una società in cui l'evoluzione umana ha ormai preso pieghe molto particolari, in cui una quasi totale perdita del senso del dolore ha trasformato l'esecuzione di ferite in un atto estremamente erotico. Quando Clarice e Saul sono al massimo della loro fama, i due vengono avvicinati dal padre del bambino assassinato, il quale fa parte di una setta i cui membri si sono fatti impiantare degli organi che li rendono capaci di nutrirsi di plastica. L'uomo vuole che i due pratichino un'autopsia pubblica del bambino affinché il mondo venga finalmente a conoscenza del loro credo, ma non sa che Saul fa il doppio gioco con un poliziotto il cui scopo principale è proprio arrestare lui e gli altri membri della setta.
 
- La chirurgia è il nuovo sesso -
A volte ritornano..avevamo bisogno della vecchia scuola, dei vecchi maestri, di chi ci ha educato a sconquassarci la mente. Di chi ci ha fatto provare gioia e dolore, estasi e brividi. Di quei pochi e ispirati profeti che si sono distinti nella settima arte. Cronemberg a 360° in grado di chiudere e ampliare una tematica assolutamente sua, di staccarsi dai suoi film precedenti ritornando a sposare la sua vera anima del body horror. L'autore riesce a deliziarci con scene autentiche, raccapriccianti, poetiche e romantiche, di creare ancora una volta accessori fantascientifici, di chiudere i freak in arene dove artisti perfomativi diventano fenomeni di una realtà ambigua che rifugge dal nostro concetto di modernità post contemporanea e consumista. Una società ibrida, dove la vecchia nuova carne e la transizione al post umano, viene ormai accolta con pacata rassegnazione, nella piena coscienza della sua inevitabilità. Da questo punto di vista i silenziosi protagonisti in particolare Saul rappresentano l'ineluttabilità di una nuova specie ormai esposta e portata all'esibizionismo nel rimuovere dal corpo quegli organi vestigiali che crescono naturalmente dentro di lui, a causa di una condizione nota come “sindrome di evoluzione accelerata”. Dall'altra parte una setta assurda e in parte complottista è riuscita a modificare il proprio apparato digerente al fine di assimilare materiali sintetici ( la scena della plastica come di quella nuova barretta sono di per se totalmente appaganti).
L'ambientazione asettica, il noir, la pacatezza dei toni e un'azione che non accenna mai a comparire lasciando tutto con una eleganza e leggerezza pregevole sembra però dall'altra parte accostata ad una critica del regista come emblema di una desensibilizzazione che porta all’apatia, proprio l’opposto di ciò che intende fare l’arte performativa. Gesti artistici sempre più estremi, la sparizione del dolore fisico, tutto sembra ormai una profezia celebrata da Cronemberg anche e proprio a proposito del destino del cinema autoriale dopo sette anni di inattività e la disperata difficoltà a trovare fondi per produrre la sua arte.

martedì 12 aprile 2022

Nightmare Alley


Titolo: Nightmare Alley
Regia: Guillermo Del Toro
Anno: 2021
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Negli Stati Uniti d'inizio anni '40, Stan, uomo senza averi e dal passato doloroso, si unisce a un luna park ambulante, dove impara i trucchi del mestiere dalla veggente Zeena e da suo marito Pete. Sedotta la giovane Molly, il cui numero consiste nel resistere alle scariche elettriche che le attraversano, parte con lei verso la grande città. Ambizioso e avido, diventa il Grande Stanton, indovino e sensitivo che col suo numero di pseudo occultismo seduce uomini ricchi e potenti e li convince di poter comunicare coi loro morti. La relazione con una psicologa ancora più spietata e calcolatrice lo porterà alla rovina.

La fiera delle illusioni e un thriller noir dove ancora una volta il noto regista messicano si confronta con un b movie milionario cercando di dare enfasi ad un remake diviso di fatto in due parti e che ancora una volta non mi ha sorpreso come speravo. Diciamo che il personaggio di Stan riesce ad essere misterioso e interessante all'inizio per poi diventare il solito affabile uomo di successo quando decide di diventare uno spiritista "professionista", "il grande Stanton".
C'è tutta la galleria dei freak, il circo, i carnival, personaggi ambigui, il vecchio mentalista che legge nel passato di Stan facendoci intravedere i suoi fantasmi del passato. E poi abbiamo una seconda parte leziosa e stucchevole, dove tutto agisce in una modalità narrativa prevedibile e scontata, dove alcune decisioni come quella di inscenare la farsa per ottenere ingenti somme dal ricco di turno finiscono per apparire edulcorate (Molly con quell'abito nel giardino innevato sembra quasi ricordare la famosa scena di DRACULA di Coppola). Perchè poi omettere del tutto la componente religiosa che poteva dare ancora più appigli alle scelte dei personaggi caratterizzandoli meglio...
Pur essendo spettacolare per quanto concerne le scelte tecniche, la messa in scena, i colori e i costumi, la scena quasi d'apertura dove Stan si addormenta in pieno giorno e si risveglia nel buio trovando il circo, alla fine rimane ben poco. C'è una bella metafora dell'uomo bestia e in questo un elemento che ritorna nel cinema dell'autore quello di combattere contro il proprio spirito animale, infine la mostruosità degli esseri umani, di Clem e Stanton avidi e arrivisti e del loro destino.

domenica 27 marzo 2022

Calibro 9


Titolo: Calibro 9
Regia: Toni D'Angelo
Anno: 2019
Paese: Italia
Giudizio: 2/5

Le 'ndrine dei Corapi e degli Scarfò sono in guerra, e in mezzo a loro finisce l'avvocato penalista Piazza, che aveva ordinato ad una hacker di dirottare un trasferimento fondi da cento milioni rimbalzato attraverso mezzo mondo e si è visto soffiare sotto il naso il bottino dalla hacker stessa. Il bottino apparteneva alla 'ndrangheta e si sa, "rubare alla mafia è un suicidio": dunque Piazza è un uomo braccato a livello internazionale. A dargli una mano è Maia Corapi, che è stata la sua compagna molti anni prima, ed ora ha ricevuto l'incarico di proteggerlo. Intorno ai due si aggirano un commissario che "si è stancato di perdere" e un ex carcerato, Rocco Musco, che molto tempo prima ha ucciso l'assassino del padre di Piazza, Ugo.

Calibro 9 è il sequel di MILANO CALIBRO 9 un cult dell'indiscusso maestro Fernando Di Leo.
50 anni dopo, D'Angelo figlio del celebre cantante neomelodico con il quale aveva esordito proprio nel cinema torinese Empire con UNA NOTTE, dopo una buona prova con Falchi torna al crime-movie, cercando di ritagliarsi una hall of fame con un sequel che per quanto c'è la metta tutta sfigura senza arte ne parte di fronte alla regia monumentale e la messa in scena di Di Leo (torno a ribadire uno dei migliori registi di genere italiano di sempre).
Calibro 9 non è esente da molteplici difetti, come ad esempio cercare di alzare sempre troppo la posta, con scene e inseguimenti a volte volutamente forzati quando è palese che non si hanno i mezzi e gli stuntman per realizzarli. Ci sono tantissime scene di torture, di violenza, la vendetta dei camorristi arriva implacabile, il ritmo a volte proprio perchè troppo serrato non riesce a sembrare realistico al punto giusto e le prove attoriali di certo fanno rimpiangere Moschin, Leroy, Musco (qui interpretato da Placido) e la Bouchet. Pur premiando lo sforzo, il limite forse è proprio nell'eccesso di forma guardando troppo al cinema hollywoodiano trasformandosi da un potenziale noir ad un action che non ha però la forza e il budget e il fisic du role degli attori americani. E' un film che lavora per esaltazione, concedendo colpi di scena discutibili (in realtà il migliore possiamo dire che sia nel finale) alternando scene di fatto abbastanza discutibili che rischiano di sfociare nel trash come il flirt tra Bocci e la Rappoport durante una sparatoria.

Omicidio a Los Angeles


Titolo: Omicidio a Los Angeles
Regia: Tim Kirkby
Anno: 2021
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Charlie Waldo è un poliziotto di Los Angeles, che ha lasciato il servizio e ora vive in solitudine tra i boschi. Alistair Pinch è un attore eccentrico che passa i suoi giorni ubriaco sul set del suo show televisivo. Quando la moglie di Pinch viene trovata morta, lui è il principale sospettato e Waldo viene convinto a rientrare in servizio per indagare sull'accaduto.
 
Il film che vorrebbe essere molte cose sfiorandole senza centrarne mai una.
Un flop che voleva essere un noir, un film sulla falsa riga di Vizio di forma e Under the silver lake ma in tutto questo buttandola male su un'ironia pessima, con attori che recitano male volutamente (mi spiace per Hunnam) dove Gibson recita l'alcolizzato che è, dove il resto è un ignobile parata e galleria di luoghi comuni presi in prestito da altri film. Noioso, lezioso, un circo di stereotipi dove l'ambientazione hollywoodiana e gli omicidi sono ridicoli, c'è una totale assenza di humor nero e la violenza non viene mai presa in considerazione.
Come action comedy fallisce miseramente nell'idea di poter rivaleggiare con Nice Guys, film peraltro appena accettabile, con un detective privato con i fantasmi nell'armadio e una caratterizzazione che va analizzata fino in fondo per capire quali errori non bisogna commettere quando si scrive una sceneggiatura.

sabato 5 marzo 2022

Batman(2022)


Titolo: Batman(2022)
Regia: Matt Reeves
Anno: 2022
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Bruce Wayne combatte il crimine a Gotham City nei panni del violento Batman, che incute paura ai criminali (ma più che altro ai graffitari) anche solo grazie all'apparizione del bat-segnale - pur se non uccide i propri avversari per non diventare come loro. Più in sintonia con il detective Gordon che non con il suo mentore Alfred, è messo a dura prova da un serial killer che lascia enigmi rivolti proprio a Batman. Nel venire a capo del fitto mistero sulla corruzione di Gotham che l'Enigmista vuole portare alla luce, si imbatte nella ladra Selina Kyle e forgia con lei una controversa alleanza. La questione si fa via via più personale quando gli indizi dell'Enigmista conducono verso i segreti di Thomas e Martha Wayne.
 
Il nuovo requel di Batman. Tre ore per costruire un world building forse tra i più sporchi mai visti.
Poco fumetto alla Burton, poca eleganza alla Nolan, ma un noir duro e cattivo che riesce pur durando parecchio ad intrattenere fin troppo bene. L'elemento migliore è la sceneggiatura dove tra macchiavelliche storie e sotto storie non invidiamo nulla alla trama del cavaliere oscuro. Qui si scava nel profondo delle radici famigliari trattando le casate Wayne e Arkham come le peggiori, le quali si sono macchiate di infami intrighi di potere per nascondere alcuni segreti che avrebbero sporcato il nome di alcune figure eminenti. La mafia in questo caso è un purgante importante utilizzato nel film dove si parla più di tutto di corruzione e vendetta.
Gotham sembra sempre sotto un diluvio, imperniata da atmosfere gotiche, dove l'inizio la dice lunga su come verranno utilizzati i chiaro scuri, dove una fotografia illumina di macabro e di sporco un noir a tutti gli effetti dove seppur presenti dei bambini (sempre orfani) non manca davvero niente a questa nuova saga che soprattutto nel finale crea un continuum proprio ad Arkham tra un ipotetico sodalizio tra l'Enigmista e il Joker.
Pattinson riesce a infondere dubbi e drammaticità al suo personaggio scavando nelle macerie della sua esistenza, sviluppando un giustiziere meno pulito ed elegante dei precedenti, facendo ricorso meno ai gingilli ma giocando di sguardi, di cazzotti e prendendosele anche di santa ragione oltre che sbagliare qualche salto e farsi molto male. Da questo punto di vista l'imperfezione del personaggio e il suo concedersi di essere a volte un anti-eroe come quando viene braccato dalla polizia dopo la fuga alla centrale è interessante tanto da farlo sembrare una vittima o una pedina di un gioco più grande di lui. Il Pinguino e l'Enigmista fanno il loro con due talenti a interpretarli, Zoe Kravitz è da urlo, ma più di loro è proprio la costruzione di una rete corrotta e spietata che lascia interdetti, dove a Bruce rimane solo Gordon, dove gli onesti sono merce più che mai rara. Tutto questo in un processo di rinnovamento subdolo quanto doloroso, lento e logorante quanto gli enigmi lasciati come indizi durante la narrazione.

mercoledì 15 dicembre 2021

Zona 414


Titolo: Zona 414
Regia: Andrew Baird
Anno: 2020
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Il film è ambientato nel prossimo futuro in una colonia di robot umanoidi all'avanguardia. Quando la figlia del suo creatore scompare, assume un investigatore privato David Carmichael, per portarla a casa. David si unisce a Janeé per rintracciare la figlia scomparsa. Muovendosi attraverso la pericolosa giungla di ferro, mettono rapidamente insieme il mistero, scoprendo un crimine che li porta a mettere in discussione le origini della Zona 414 e il vero scopo dietro la "Città dei robot".
 
Zona 414 è un tentativo andato a male di fare qualcosa di brillante quando in realtà si è girata la brutta copia o parodia di Blade Runner 2049 con una trama praticamente uguale senza fare menzione di alcuni personaggi Jane alias Rachael e tutta una serie di mosse in comune.
L'elogio ci può pure stare se come in questo caso Baird è un mestierante all'altezza sul piano tecnico e visivo. Il problema rimane un film senza nessun colpo di scena, dove nel secondo atto fa pure fatica a procedere e dove il climax finale come il terzo atto sono di una prevedibilità esasperante, andando a prendere i soliti clichè di genere senza inserire nulla di nuovo. E' un peccato perchè budget, cast e messa in scena non erano affatto male. Per i millenial forse potrebbe andare bene o per chi non è avvezzo al genere.

domenica 21 novembre 2021

Limbo


Titolo: Limbo
Regia: Pou-Soi Cheang
Anno: 2021
Paese: Cina
Giudizio: 5/5

Un poliziotto alle prime armi Will Ren e il suo compagno, il poliziotto veterano Cham Lau, stanno perseguendo un assassino di donne ossessivo e particolarmente brutale.
 
Limbo è il noir in b/n all'ennesima potenza. Se da un lato ormai questo sotto genere ha regalato diverse storie memorabili, Limbo seppur non trovando molta originalità nella storia, la raggiunge invece nella tecnica, nello sviluppo, nella mdp, nell'atmosfera, nella fotografia e in particolar modo nella scenografia. Perchè diciamolo subito. Limbo è il film dove la spazzatura ha un suo peso specifico, diventa anch'essa parte della storia nel cercarci dentro indizi, pezzi di corpo, pistole, etc. Limbo il cui nome non poteva che essere tale, lascia sospesi, in una sorta di bolla di sapone dove è difficilissimo cercare il killer in questione e trovare qualche suo indizio o scoprire cosa si nasconda dentro la sua mente criminale. Se l'indagine è da manuale del noir di come l'investigatore ci metta corpo e anima lasciandosi andare e abusando del suo ruolo per scoprire la verità, dall'altra parte c'è il collega più giovane, misurato, timido e con il senso di giustizia sempre a portata di mano.
Tutto andrà in vacca e i ruoli si ribalteranno. E poi il personaggio di Wong To che attraversa letteralmente gli inferi urbani di hongkong diventando la vittima sacrificale e il capro espiatorio.
Su di lei si scatena una tale brutalità in termini di vendetta che lascia interdetti per quanto questo personaggio alla fine riesca sempre a farcela anche se imbrattata di sangue e cicatrici.
Limbo è sporco, grottesco, squallido, convulso. Rifugge in tutto e per tutto l'happy ending scegliendo il sacrificio finale, trovando solo degrado e immoralità in quel malessere urbano che diventa il disagio interiore della società e dei suoi protagonisti. Limbo è un capolavoro.



mercoledì 20 ottobre 2021

Fratelli di sangue


Titolo: Fratelli di sangue
Regia: Jeremie Guez
Anno: 2021
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Peter e Michael, cresciuti nelle strade di Philadelphia, sono figli di membri della mafia irlandese, legati per sempre dai crimini dei loro padri. 30 anni dop, Michael gestisce ora l'organizzazione criminale e brama più potere ma le sue buffonate pericolose sono spesso tenute sotto controllo dal cauto cugino. Ossessionato dalla morte di sua sorella, la cui scomparsa ha distrutto entrambi i suoi genitori, Peter è intrappolato tra i sogni dell'infanzia e la realtà della sua vita da giustiziere. Il suo unico rifugio è una palestra di boxe locale, un santuario che viene rapidamente minacciato quando il desiderio di controllo di Michael si intensifica.
 
Sottolineo la mia venerazione per Matthias Schoenaerts, un attore ancora tenuto abbastanza in disparte visto il suo potenziale utilizzato spesso per crime-movie o buddy-movie riuscendo sempre a dare carica e spessore a personaggi mai semplici e molto tormentati.
Fratelli di sangue è un film da cui mi aspettavo molto e che purtroppo non è riuscito a meritarsi il rispetto dovuto o la fiducia corrisposta. Una trama troppo lineare con un climax finale furibondo che lascia basiti per quanto avvenga da un momento all'altro di una violenza incredibile.
I legami di sangue quelli familiari sono sempre i peggiori quando vengono incrinati a causa di sodalizi mafiosi e azioni nefaste tra una banda e un'altra. Mafia italiana, raggiri, il concetto di onore, tradimenti e omicidi mai risolti portano a questo nefasto esito dove Peter avrà un ruolo cruciale nel tamponare gli incidenti di percorso del cugino e risolvere una questione delicatissima trasgredendo uno dei principi basilari di ogni famiglia.

domenica 17 ottobre 2021

Angel Heart


Titolo: Angel Heart
Regia: Alan Parker
Anno: 1987
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

New York, 1955. Harold Angel è uno scalcinato investigatore privato. Un inquietante personaggio gli commissiona un'indagine molto particolare: scoprire se Johnny Favourite, cantante ricoverato anni prima in ospedale e sofferente di una grave amnesia, sia vivo o morto.
 
Differenze tra romanzo e pellicola. Devo dire che nel lavoro di riscrittura sono stati apportati alcuni cambiamenti notevoli di cui il film ha beneficiato. Prima di tutto gli incubi che qui appaiono numerosi con una continuità che ad esempio non finisce con un risveglio ma sembra quasi uno stato o un flusso di coscienza. In questo caso l'apporto dell'ascensore è funzionale oltre che rendere perfettamente tetra e orrorifica la discesa all'inferno che trova l'epilogo nei titoli di coda.
Nel libro manca questo elemento. In più Louis Cyphre nel finale appare con gli occhi indemoniati come anche il bambino (che non è presente nel libro) come ha segnare e sottolineare l'aspetto diabolico ed esoterico su cui il film scandisce e dipana la narrazione. Infine la scena di sesso con Epiphany che sebbene fosse molto spinta non aveva come sottofondo nel libro le cascate di sangue. Questi a mio modo di vedere sono stati elementi che hanno avuto una resa a livello d'immagine cruda e intensa.
Il libro dalla sua caratterizza molto di più alcuni personaggi mostrandone la loro indole malvagia, mostrando altri componenti che suonavano con Favourite, il negozio dove lavora Epiphany e molto altro ancora, raccogliendo meno marciume come invece nella pellicola avviene contando che Angel fuma continuamente e sembra avere un debole per le location tetre e sporche. Da vedere e da leggere soprattutto il romanzo di Hjortsberg con un commento di King "Non ho mai letto niente che possa anche lontanamente assomigliare a questa storia" dove appunto vudù, sete di potere, horror soprannaturale, menzogne, noir, hard boiled, thriller, erotico, viaggio interiore, memoria frammentata, inquietante e onirico, sono tutte componenti assemblate ad hoc in un libro cult.


martedì 11 maggio 2021

L.A Confidential


Titolo: L.A Confidential
Regia: Curtis Hanson
Anno: 1997
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

In un distretto di polizia lavorano agenti di ogni specie: chi pensa a fare arresti alla presenza della televisione, chi è violento, chi vuole far carriera. E poi c'è un ricco maniaco che gestisce un mercato di prostitute sosia di dive del cinema.
 
L.A Confidential tratto dall'omonimo romanzo di Ellroy, uno dei maestri del noir e del poliziesco, è un dramma complesso e coinvolgente con una nutrita schiera di attori e dalle caratterizzazioni colte e incredibilmente diverse e variegate. Un film scomodo e scorretto che parla di corruzione, di abuso di potere, di come è difficile mantenere una propria autonomia di pensiero in un istituzione come quella legata alle forze dell'ordine che dovrebbero garantire giustizia.
Una trasposizione fedele e interessante quella proposta da Hanson dove in un'opera di 500 pagine ricca di trame e sotto-trame era difficile cercare di trovare i punti focali e gli intenti dove narrare le storie. Alcune delle quali decisamente complesse con tutti gli intrighi del caso semplificando per quanto possibile un intreccio sofisticato e traboccante di colpi di scena, nel quale si fondono la lotta per la successione tra i clan della Mafia e i giochi di potere all'interno della polizia, le indagini sulla droga e la prostituzione e gli scandali del dorato mondo dello spettacolo. Tra sotterfugi, doppi giochi, personalità trasformate da episodi e omicidi molto violenti, Hanson ha avuto la fortuna di dirigere un cast esemplare dove Spacey e Crowe riescono davvero a entrare nei loro personaggi dandogli una caratterizzazione coinvolgente e perfetta.
Tutti riescono nell'impresa, L.A Confidential riesce nel difficile compito di trasporre una trama complicata nello sviluppo dei fatti, esposti in sequenza cronologica con un ritmo che non lascia un attimo di tregua e regalando tante scene madre.

martedì 27 aprile 2021

V.i.p


Titolo: V.i.p
Regia: Park Hoon-Jung
Anno: 2017
Paese: Corea del Sud
Giudizio: 4/5

Kim Kwang II è un giovane rampollo proveniente dalla Corea del Nord, il padre è un noto comandante molto vicino al Supremo Leader che tradotto significa che lui ed il figlio sono intoccabili. il giovane è un sadico serial killer che miete indisturbato decine di vittime prima nel Nord poi a Sud, fino a spingersi nella capitale a Seul. I vertici sud-coreani sono a conoscenza dell'atroce verità ma nascondono il tutto poichè non si sono opposti al suo ingresso in Corea del Sud. Contemporaneamente anche la CIA, rappresentata dall'agente speciale Paul, protegge il giovane per precisi tornaconti. Solamente il sovrintendente Chae Yi-do e l'agente segreto del Nord Ri Dae Bum proveranno a fermare la furia omicida del giovane ma non sarà semplice.
 
Park Hoon-Jung è un altro di quegli outsider da tenere d'occhio in una Corea ormai ai massimi livelli qualitativi di cinema da anni in qualsivoglia genere. Daeho aka The Tiger: An Old Hunter's Tale e Witch-Part 1, nonchè sceneggiatore dell'immenso Saw the Devil erano già tutti ottimi esempi come a dimostrare che un film sulla caccia, un survival movie eco-vengeance e un film di giovani con i superpoteri e per finire un revenge movie originale riuscivano benissimo a rendere un'idea di cinema ben precisa a 360°.
Ora questo V.I.P potrebbe essere la summa del suo cinema nonostante il regista sia ancora molto giovane. Un poliziesco noir thriller con un ritmo furibondo, una storia complessa, stratificata e corale dove non sono esenti sbalzi temporali. Non sembra mancare proprio niente al film di Jung con una narrazione mai lineare, una messa in scena precisa che rasenta la perfezione, un contesto oscuro e un tasso di violenza incredibilmente alto (come dimostra la scena di tortura ai danni della povera ragazza all'inizio) una prova attoriale come ultimamente si vedono solo in Corea e poi una storia tormentata e dolorosa in grado di tirar fuori nello spettatore tutti gli stati emotivi possibili.
Un giovane rampollo che semplicemente essendo una sorta di intoccabile continua a mietere vittime sterminando ragazze e famiglie con una crudeltà eccessiva. In tutto questo la rincorsa dietro di lui di tutti gli organi della polizia e internazionali i quali sono costretti per ordini ben precisi a lasciar sempre libero Kim.
E poi non si può lasciare da parte una certa critica che investe tutti. Corea, Cina, Giappone, le lingue si intercambiano e i servizi segreti americani capitanati da un ottimo Peter Stormare sono l'ago della bilancia di una sudditanza che lascia basiti. Un film incredibile, un mix letale di procedure cinematografiche da studiare e assimilare per rendersi conto di quanto questo film sia avanti e si muova su tante diramazioni diverse senza perdere mai il controllo.


domenica 18 aprile 2021

Down Terrace


Titolo: Down Terrace
Regia: Ben Weathley
Anno: 2009
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 4/5

Una famiglia criminale cerca di smascherare l'informatore di polizia in mezzo a loro che minaccia di smantellare i loro affari.
 
Adoro. Ben Weathley è un autore e regista che stimo da sempre. Sono stato tra i primi a vedere Kill List e tutti gli altri suoi film (che apprezzo tutti anche il bistrattato Rebecca).
Per Down Terrace ho dovuto aspettare e faticare a lungo dal momento che essendo un'opera a tutti i livelli autoriale e indipendente ci ha messo un pò per espandersi sul web.
Definirlo poliziesco sarebbe riduttivo dal momento che alcune componenti sono da sempre presenti nel cinema di Weathley. Noir, black comedy, grottesco, ironia nera, personaggi inquietanti, violentissimo (forse assieme a Kill List è il film più violento in assoluto dal momento che chiama in causa alcune scelte davvero cruente e crudeli che fino alla fine non credevi possibili). Un film che come per altri non ha speranze di salvezza, non esiste happy ending, ma solo scelte e decisioni che porteranno un vuoto interiore incredibile.
Down Terrace ha un cast importante dal momento che il lavoro svolto sugli attori è lungo e regala delle prove davvero commoventi. Il teatrino e la galleria dei gregari in casa di Bill e Karl è pazzesco. Da temuti sicari e killer indiscussi che si odiano a vicenda e che portano alcune vittime sacrificali a nascondersi in bagno, a una pletora di musicisti che brindano felici condividendo droghe tutti insieme come un perfetto quadretto famigliare. Ricco di simbolismi che Ben adora e inserisce in tutti i suoi film, qui come accessori all'interno della casa, sui ripiani e tra i cassetti.
Con un finale di una violenza esplosiva e delle musiche fantastiche, il film che si concentra praticamente tutto all'interno della casa, dimostra come il talento di questo artista e autore dava già importanti segnali.


giovedì 15 aprile 2021

Fino all'ultimo indizio


Titolo: Fino all'ultimo indizio
Regia: John Lee Hancock
Anno: 2021
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Lo sceriffo Joe Deacon, detto Deke, viene inviato a Los Angeles, doveva aveva prestato servizio anni prima, per raccogliere prove su un caso. Proprio nello stesso momento, il suo vecchio dipartimento di polizia sta indagando su una serie di omicidi molto simili a quelli che lui aveva investigato in passato. Inizia così una collaborazione con Jimmy Baxter, giovane detective di successo che sembra molto diverso da Deke ma ha in comune con lui l'ossessione per i casi a cui lavora. Tutti gli dicono di non lasciarsi coinvolgere da Deke, perché è tanto bravo quando pericoloso, ma Jimmy non resiste e presto i due si trovano a cercare di incastrare un sospettato inquietante ma sul quale non hanno prove...
 
Fino all'ultimo indizio è stato recensito pessimamente da molti critici. Di fatto è un thriller con tanti ammiccamenti a suoi simili, forse il più bistrattato è proprio SEVEN in particolare per quel finale che per certi versi pur non avendo nessuna donna con la testa mozzata nella scatola lo ricorda in più riprese.
Se le prove attoriali sono più che convincenti almeno quelle di Washington e Leto, lo stesso non si può dire del lanciatissimo Malek in un personaggio caratterizzato in maniera deboluccia, il film dalla sua ha una durata forse eccessiva dilungandosi su alcune scelte e particolari sulle indagini non così funzionali. Eppure ha un'atmosfera che riesce a farti subito entrare nel gioco anzi nell'indagine soprattutto dal momento in cui si palesa il killer e allora l'indagine diventa ancora più interessante con uno scontro intellettuale fatto di dialoghi ricchi di particolari a dispetto di omicidi a cui non assistiamo quasi mai. Se ci mettiamo anche che parte delle vittime erano state "dimenticate" e vengono riprese nello scontro tra Deke e Sparma, il film mostra in alcuni atti delle mancanze importanti che non possono far decollare questo thriller noir verso gli obbiettivi che si era prefissato. Risulta uno sforzo vano per una pellicola che a ben vedere andava diretto trent'anni prima quando lo script sembrava in grado di dare un robusto contributo al genere risultando sicuramente più suggestivo. Verso le parti finali poi il ritmo è tiratissimo in senso paradossale perchè porta avanti con fatica e in modo macchinoso un climax per certi versi assurdo e paradossale.

martedì 17 novembre 2020

Arkansas


Titolo: Arkansas
Regia: Clark Duke
Anno: 2020
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Kyle e Swim lavorano per un narcotrafficante di nome Frog, un uomo misterioso che non hanno mai incontrato. Quando un piano va storto, il loro rapporto viene compromesso con conseguenze tragiche per tutti.

L'esordio di Clark Duke, tra l'altro co protagonista, è un ottimo punto di partenza per un film lento, lungo, minimale e attento a giocarsela bene con i pochi elementi all'interno. Un thriller noir, una black comedy di quelle affascinanti curate e misurate da un'estetica precisa e un'atmosfera di quelle da ricordare con alcune ottime prove attoriali tra cui ovviamente Vince Vaugh che caratterizza un personaggio assolutamente affine ad alcuni suoi precedenti ruoli e per la prima volta un Liam Hensworth convincente e in due sotto ruoli Malkovich e Michael K.Williams.
Sembra un noir alla Lansdale con due anti eroi, tanta corruzione e personaggi detestabili, boss e poliziotti fuorilegge. Il film nel suo stile quasi alla Refn per la meticolosità dei movimenti, di una lentezza affascinante, di una storia che non è mai pretenziosa riesce a portare gli obbiettivi e le mosse dei protagonisti verso un finale disperato e una mescolanza di colpi di scena e momenti inaspettati che rendono il film ancora più grottesco per certi versi con un'anima nera e una cattiveria di fondo nonostante la soundtrack sia qualcosa di ispiratissimo da parte dei Flaming Lips. Un film che cerca e trae ispirazione dal cinema dei fratelli Coen strizzando l'occhio anche a S.Craig Zahler.




martedì 15 settembre 2020

Too old to die young


Titolo: Too old to die young
Regia: Nicolas Winding Refn
Anno: 2019
Paese: Usa
Stagione: 1
Episodi: 10
Giudizio: 4/5

Un poliziotto, l'imberbe e taciturno detective Martin, si ritrova ad espiare i propri sensi di colpa dopo aver visto perire un suo collega. Decide così di diventare un giustiziere della notte decretando la vita e la morte dei delinquenti che popolano la città degli angeli. Sulla sua strada trova Jesus, narcotrafficante in ascesa, e una varietà incredibile di scarti e residui dell'umanità peggiore, quella formata da stupratori, molestatori, membri di diverse organizzazioni malavitose.

C'è qualcosa nel film lungo tredici ore definito da Refn simile in termini di narrazione e sostanza ad una recente serie tv andata in onda Zerozerozero
 di Sollima scritta da Saviano. In particolar modo la descrizione del Cartello e dei narcotrafficanti come se fossero ancora ad oggi le bestie più spietate e fuori controllo sul pianeta.
Refn e la serialità anche se come dicevo per lui rappresenta un film molto lungo. Decisamente fuori dagli schemi grazie alla collaborazione di uno scrittore che stimo da diversi anni per i suoi lavori mister Ed Brubaker asso nel ridare enfasi e spessore al noir dei comics.
La storia dei soliti anti eroi che piacciono al regista viene celebrata ed enfatizzata esplodendo in tutta la sua virulenza ancora più che in Solo Dio perdona
, il ritmo della narrazione in questo caso diventa minimale a dei livelli mai visti prima con una perizia nel cercare di portare i dialoghi ai minimi comuni termini e lasciare che le espressioni, i micro gesti dei protagonisti e i movimenti della mdp diventino i nostri punti di riferimento. Allucinato, luci al neon, colori deformati e sparati come missili nella nostra psiche, location estatiche per personaggi deviati e devianti, veri orrori post contemporanei di un mondo marcio e violento che si nasconde dietro una ricchezza squallida e superficiale. Il mood o meglio l'atmosfera dell'opera è intensa, intrisa di una morale depravata e cinica che non risparmia nessuno nemmeno i contractors che decidono di sterminare pedofili ad hoc. Tutto è marcio e squallido a partire dai poliziotti, da figli di famiglie disfunzionali, di padri che vorrebbero il controllo sul partner della propia figlia minorenne.
Ci sono sicuramente alcuni personaggi che resteranno impressi nella memoria così come alcune sequenze memorabili. Se il trono appartiene a Yaritza la misteriosa sacerdotessa della morte, la vendicatrice divina arrivata dal deserto che muoverà i suoi passi fino a diventare la vera boss.
Tutto in un crescendo criminale di supremazia totale e inarrestabile, in grado di prendere a schiaffi Janey quando sbaglia la risposta sul test della verità, per dirne una, fino a quando stermina un gruppo rivale, diventando la protettrice delle oppresse messicane messe alla mercè come prostitute e infine sodomizzando il suo uomo. Damian per altri versi pur avendo un ruolo limitante riesce ad essere un personaggio scomodo anch'esso un boss di una micro criminalità afroamericana il quale come tutti cerca di farsi strada in un sottobosco urbano criminale, malvagio e bipolare, dove tenendo per i fili il protagonista al suo soldo finisce per essere attirato in una ragnatela da cui non potrà più fuggire.
Pedofili, snuff movie, torture ai massimi livelli, Refn non si fa mancare nulla, aggiunge sotto storie e congiunge tasselli importanti di una storia tutto sommato scritta molto bene da Brubaker il quale ne approfitta per non farsi mancare davvero nulla in questa critica furibonda verso una società ormai arrivata al punto di non ritorno, spietata e sadica che gode nel masochismo e nel regalare sofferenza al prossimo.
Tanti i momenti dallo snuff movie dei fratelli Crockett, al finale tra Yaritza e le sue pratiche ai danni di Jesus, al ballo per strada della banda di Damian, all'eliminazione dei pedofili (la scena nella casa dove uccidono una coppia insospettabile è tremenda), così come tantissime scene di tortura, sopraffazione, quei pochi dialoghi tutti impostati sul controllo e sul dominio.
Refn fa centro un'altra volta con l'opera più violenta, cruda e disarmante che abbia finora avuto la possibilità di mettere in scena sublimando il suo concetto di noir al neon stilizzato e sotto steroidi.

sabato 8 agosto 2020

Mutafukaz


Titolo: Mutafukaz
Regia: Guillaume Renard, Shoujirou Nishimi
Anno: 2017
Paese: Francia
Giudizio: 4/5

Angelino è solo uno dei migliaia di fannulloni che vivono in Dark Meat City. Ma un irrilevante incidente in motorino causato da una bellissima e misteriosa straniera sta per trasformare la sua vita... in un incubo a occhi aperti! Comincia a vedere delle forme mostruose che si aggirano intorno a tutta la città... Angelino sta perdendo la testa, o si tratta di un'invasione aliena?

Mi stavo chiedendo cosa poteva succedere a mischiare il fumetto e il talento di un ispiratissimo autore francese con la chimica e l'estro di un maestro nipponico. Il risultato è un lungometraggio d'animazione folle, iperattivo, coinvolgente, violentemente ipercinetico e con un ritmo, un'azione, un'atmosfera efficace quanto grottesca e allo stesso tempo spassosa.
E' un turbine che non accenna mai a fermarsi, con un impatto travolgente e dinamico, un caleidoscopio di colori, formule, stili, tecniche, invenzioni per una distopia urbana che attinge dai videogiochi quanto dal cinema (uno su tutti il boss Carpenter).
La megalopoli di Dark Meat City è una scoperta continua con tanti clan e zone diverse in cui spacciatori controllano il territorio, il governo è tra i più crudeli mai visti, vivono assieme razze e forme di vita umane e meta umane e dove c'è la classica seppur funzionale divisione tagliata con l'accetta tra bene e male, umani e alieni conquistatori che come i VISITORS si sono ormai omologati nella nostra società ma che le doti risvegliate del meta umano Lino vedranno come ombre che rimandano a creature tentacolari decisamente non di questa Terra.
Sangue, inseguimenti, combattimenti, sparatorie, fughe, vendette, traboccanti invenzioni visive dove compare addirittura un manipolo di "super eroi" mascherati che da secoli difendono la Terra dai costanti pericoli in corso (addirittura i nazisti).
Mutafukaz è fresco, sperimentale, con una metropoli allo sbando dove i migliori amici possono diventare degli scarafaggi, dove fanciulle di rara bellezza fanno letteralmente perdere la testa, dove mano a mano che il film procede diventa sempre più folle e ambizioso e dove l'accompagnamento sonoro tra hip-hop e dubstep crea una soundtrack da urlo.




Unjust


Titolo: Unjust
Regia: Ryoo Seung-wan
Anno: 2011
Paese: Corea del Sud
Giudizio: 3/5

Un serial killer sta terrorizzando la cittadinanza e la pressione sulle forse dell’ordine è diventata insostenibile per le autorità. In un vortice di errori procedurali, illegalità e corruzione, il capitano Choi Cheol-gi viene incaricato di “risolvere” il caso ad ogni costo, anche scovando un finto colpevole da consegnare ai media e all’opinione pubblica. Ma il piano non è perfetto…

Nella new wave coreana sui generi cinematografici stiamo assistendo proprio a tutto.
In particolare il poliziesco, il thriller, l'heist movie, il disaster movie, il monster movie, l'horror folkloristico, la commedia, il dramma e il noir.
Unjust è un poliziesco che parla di corruzione, di dove possono spingersi i ruoli di potere della polizia, della stampa che sta con il fiato sul collo ai detective, di procuratori, doppio giochisti, colleghi corrotti e invece il manipolo di onesti agenti che si troveranno nel finale a vendicare il loro caro compagno ucciso proprio da chi non te lo aspetteresti mai. Un film dinamico e ambizioso, forse scritto in maniera così complessa da lasciare interdetti soprattutto sul finale e un climax che risulta la parte meno originale e consistente del film.
Grazie ad una regia e una tecnica ancora una volta sopraffina e minuziosa, curata in ogni dettaglio, Ryoo Seung-wan, il regista di divertentissimi film d'azione come City of violence e dalla nutrita filmografia, mette in scena un film complicatissimo da seguire, tra corruzione dilagante e le connivenze tra malavita, polizia e magistratura, forse in maniera sciocca ma più interessante viste nel recente Gangster the Cop the Devil dove in quel caso ogni personaggio era stereotipato a dovere ma finalizzato a rendere la narrazione fruibile. In Unjust tutti i protagonisti hanno una doppia personalità, convivono con la legalità, la conoscono bene ma sono abili a denigrarla nel momento in cui sono messi alle strette rendendo spesso difficili alcuni passaggi.
I colpi di scena, i tradimenti, il continuo giocare con lo spettatore ribaltando ogni certezza risulta un elemento che può creare interesse quando si pensa di avere la trama in pugno e allora arriva quel particolare in grado di cambiare la prospettiva e gli intenti di personaggi tutti schiavi del potere spingendo i suoi protagonisti ad ogni limite di decenza.