Roma, 1952. Il giovane funzionario ministeriale Furio Momenté viene convocato dal suo superiore per una questione delicatissima. In Veneto, un minore ha ucciso un coetaneo convinto di uccidere il diavolo. Per motivi elettorali la questione va trattata in modo da evitare scandali. La madre della vittima è molto potente e, da sostenitrice della causa della maggioranza politica, ha cambiato opinione assumendo una posizione assai critica nei confronti della Chiesa e di chi politicamente la supporta. Il compito di Momenté è quindi quello di evitare un coinvolgimento di esponenti del clero nel procedimento penale in corso. Durante il lungo viaggio in treno, Momenté legge i verbali degli interrogatori condotti dal giudice istruttore, a partire da quello del piccolo assassino, Carlo. La realtà che comincia a dispiegarglisi davanti è complessa e sinistra, ma le cose, una volta che si troverà sul posto, si dimostreranno ben peggiori.
Della vecchia scuola ormai rimane solo più lui a dare un tono di freschezza e riuscire a far paura con poco, puntando sulle inquietudini, scioccando ancora una volta utilizzando il male umano, il diverso, la chiesa, il deforme ma soprattutto la superstizione.
E solo un maestro riesce a farlo utilizzandolo come strumento per additare il diverso e insinuare il dubbio in un paesino provinciale dove diventiamo subito dei contadinotti bifolchi anche noi.
Si convive con i segreti, con le paure che diventano il termometro per mantenere la temperatura voluta tra la popolazione, il male ancora una volta dimostra di essere quello peggiore, peggio di quello puro che viene sempre associato al soprannaturale e alla superstizione.
Il Signor Diavolo è un film complesso che dimostra come un certo genere di cinema horror italiano sia solo nostro creato e allestito in paesini dove il dialetto e le credenze sono il nostro folklore e dove la paura si nasconde dietro un piccolo gesto in grado di influenzare il concetto di maggioranza.
